Il premier Monti ha detto che i giovani stanno pagando "un conto salatissimo". Una generazione perduta che sconta i disastri provocati da una classe di boiardi inamovibili nati tra gli anni Trenta e Quaranta, retribuiti a peso d'oro. Dopo le società pubbliche, seconda puntata dell'inchiesta dedicata alla 'generazione fallita'. Tra fondazioni bancarie, ordini professionali e sport di Stato.
di Costanza Iotti e Gaia Scacciavillani | 1 settembre 2012
Manager di Stato inamovibili e strapagati, ma anche poltrone chiave in fondazioni, ordini professionali, camere di commercio,
sindacati ed enti sportivi. Le generazioni “fallite” degli anni trenta e
quaranta è passata davvero dappertutto e seguirne le tracce è come
cercare un ago in un pagliaio, al punto che selezionare è d’obbligo.
Continua l’inchiesta del Fattoquotidiano.it tra le classi
dirigenti del passato e del presente che restano al loro posto, con
stipendi da favola e con risultati così così. Il presidente della
Fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti, quello della Confcommercio Carlo Sangalli, il leader della Uil Luigi Angeletti, ma anche gli uomini “di sport” usciti dalla porta per rientrare dalla finestra Franco Carraro e Mario Pescante. Una lista che si aggiunge agli evergreen Scaroni e Guarguaglini, ai “viaggi di Stato” dei manager di Alitalia e Trenitalia fino all’uomo del ponte Ciucci (leggi la prima puntata)
MI SI E’ RISTRETTA LA FONDAZIONE.
In tempi di stretta del credito e di aiuti di Stato alle banche, non si
possono certo trascurare le fondazioni che negli anni Novanta, in scia
alla legge Amato-Carli, hanno sostituito il Tesoro in
testa all’azionariato degli istituti pubblici. Enti ai cui vertici le
“nostre” generazioni sono particolarmente attive. In posizioni
strategiche, ovviamente. Che il mondo del credito abbia i capelli
bianchi, non è una novità. Soprattutto poi sei si parla di fondazioni,
quelle che realmente hanno in mano il polso delle banche e del
territorio. Il democristiano Giuseppe Guzzetti, classe
1934, governatore della Lombardia dal 1979 al 1987, da 12 anni
presidente dell’Acri, l’organizzazione che rappresenta le casse di
risparmio e le fondazioni di origine bancaria e da 15 della potente
Fondazione Cariplo, socio forte di Banca Intesa, è forse l’esempio più
calzante di un mondo che unisce politica, economia e potere. “Le banche
non sono asservite alla politica” ha tuonato tempo fa lui che ora divide
il controllo della prima banca italiana con la torinese Compagnia di
San Paolo, che da maggio fa capo a Sergio Chiamparino, classe
1948, ma soprattutto sindaco Pd di Torino fino al 2011, nonché ex
presidente nazionale dell’Anci e coordinatore dei Sindaci delle Città.
Notevole anche Paolo Biasi, classe 1938, da quasi vent’anni
presidente della fondazione Cariverona, socio di peso di
Unicredit. Classe 1938, Biasi dovrebbe forse dedicarsi di più agli
affari di famiglia visto che l’omonimo gruppo, che produce caldaie, è
stato messo di recente in liquidazione per ristrutturare il debito
contratto con le banche. Tra le quali c’è anche la stessa Unicredit,
oltre a Intesa SanPaolo ed Efibanca. Una procedura in cui ha un ruolo
anche l’avvocato Eugenio Caponi, vicepresidente di Cariverona, nominato liquidatore. Versatilissimo, invece, il Rettore dello Iulm dal 2001, Giuseppe Puglisi, 67 anni, dal 1999 ai vertici della Fondazione Sicilia già Fondazione Banco di Sicilia, oltre che consigliere del glorioso Istituto Treccani guidato da altri due grandi vecchi dell’Italia che conta, il 74enne Giuliano Amato e Franco Tatò, classe
1932, del quale si ricordano, oltre alla discutibile gestione dell’Enel
con tanto di nipote tra i consulenti, le corpose note spese e le laute
parcelle.
Puglisi, poi,
trova anche il tempo per presiedere la Commissione Nazionale Italiana
per l’Unesco e per fare il consulente del governatore siciliano uscente,
Raffaele Lombardo, per i beni culturali. Un uomo
decisamente impegnato. Forse anche troppo. Con una maggiore dedizione
alle sole fondazioni, molti presidenti di questi enti nati con la
missione istituzionale di svolgere attività filantropiche sul territorio
attraverso le erogazioni, si potrebbero occupare meglio della propria
mission. Con la crisi del credito, infatti, le erogazioni sono state
ridotte drasticamente con il risultato che le fondazioni, contrariamente
allo spirito della legge che le ha istituite, assomigliano sempre più a
semplici scatole di controllo delle banche. E anche questo non riesce
molto bene, per esempio a Siena col Monte dei Paschi che dopo quasi 4 miliardi di aiuti si prepara dopo meno di vent’anni a riavere lo Stato tra i suoi soci.
A capo dell’ente che, per cercare invano di tenere il controllo della
banca, nell’ultimo anno ha ridotto patrimonio ed erogazioni ai minimi
termini, c’è Gabriello Mancini che nel 2006 ha preso il posto di Giuseppe Mussari alla presidenza dopo quattro anni di vicepresidenza, incarico che riveste da sei anni anche all’Acri.
La
formazione “sanitaria” di Mancini, che nasce come dirigente dell’Asl di
Poggibonsi, ma milita nella Democrazia cristiana risalendone a vario
livello la gerarchia, non deve essere stata sufficiente a fargli intuire
i problemi di salute di una banca che ancora paga il salato conto della
disastrosa acquisizione di Antonveneta strappata dalle mani del Santander per la stratosferica cifra di 9 miliardi. Come poi dimenticare, infine, Dino De Poli, il
presidente della Fondazione Cassamarca che per le difficoltà
finanziarie a settembre 2011 ha annunciato la chiusura dei rubinetti
sospendendo le erogazioni a tutto ciò che non fosse legato alla
prosecuzione dell’attività delle sedi universitarie e, con riserva, dei
teatri. L’avvocato di Treviso, classe 1929, che pensa bene di poter
riproporre il proprio nome per il rinnovo del consiglio in scadenza a
fine 2012, non può neanche prendersela con i suoi predecessori, dato che
governa la fondazione ininterrottamente dalla sua origine.
CAMERE DI COMMERCIO, ordini professionali e sindacati non sfuggono alla regola. Anche qui i dinosauri che si scambiano le poltrone da decenni non mancano. Il 75enne Carlo Giuseppe Maria Sangalli, ad esempio, è tra il resto presidente della Camera di Commercio di Milano da 15 anni
e vicepresidente della Fondazione Cariplo da quattordici. Dal 2010 ha
poi anche assunto l’incarico di vicepresidente dell’Ente autonomo Fiera
Internazionale di Milano. Un bel portafoglio di impegni che è completato
dalla presidenza di Confcommercio che occupa da sei anni. Immancabile
anche per lui, che siede anche nel cda della Mondadori, il passaggio in
politica come parlamentare per ben 24 anni (dal 1968 al 1992). Roma in
confronto fa sorridere con il presidente della Camera di Commercio, Giancarlo Cremonesi, classe 1947, che dopo una lunga carriera nel mattone, nel 2008 è sbarcato alla presidenza di Acea,
di cui il costruttore Francesco Gaetano Caltagirone è secondo azionista
dietro al Comune di Roma che ne ha sostenuto la nomina. Negli Ordini
professionali da segnalare la longeva presidenza di Piero Guido Alpa, classe
1947, ai vertici del Consiglio nazionale forense dal 2004 ad oggi e di
cui è stato vicepresidente dal 2001 al 2004. Casi analoghi anche nel
mondo dell’informazione con Lorenzo Del Boca, 61 anni,
presidente dell’Ordine dei giornalisti dal 2001 al 2010, che è stato il
primo ad incassare tre mandati consecutivi dopo essere stato per 5 anni
numero uno del sindacato della stessa categoria, la Fnsi. Ma la palma
spetta a Franco Abruzzo: l’ex presidente 73enne
dell’Ordine di Milano ha trascorso ben 14 anni alla guida dei
giornalisti meneghini. Infine, nel sindacato, che dovrebbe dare
l’esempio del rinnovamento a difesa degli interessi dei lavoratori, si
sono invece sedimentati lavoratori di un’altra epoca. Il 63enne Raffaele Bonanni della
Cisl prima di diventare segretario nazionale nel 2006 ed essere
riconfermato nel 2009 è stato per otto anni segretario confederale.
Peggio ancora fa la Uil con Luigi Angeletti, classe
1949, che è segretario generale da dodici anni. E in precedenza era
stato segretario confederale Uilm. Che dire? Di sicuro, nei sindacati,
l’esperienza non manca.
GLI ATLETICI DINOSAURI. Franco Carraro, Gianni Petrucci e Mario Pescante: in
tre, oltre 120 anni di carriera ai vertici dello sport italiano.
Praticamente da sempre. Come nella “migliore” tradizione nazionale.
Emblematico, in tal senso, il soprannome di Carraro,
che per tutti è “il poltronissimo”. Già sindaco (socialista) di Roma dal
1989 al 1993 e per tre volte ministro dello Spettacolo e del Turismo
(dal 1987 al 1991), ha ritrovato nel mondo dello sport la sua naturale
connotazione professionale e umana, visto che a fine anni ’50 è stato
campione europeo di sci nautico, federazione di cui diventa presidente
nel 1962. Rimarrà “in sella” fino al 1976. E’ il primo di un’infinita
serie di incarichi, tra cui spicca anche quello di presidente del Milan
(dal ’66 al ’71). Abbandonata la Fisn, si dà al pallone. Numero uno del
settore tecnico della Figc, viene eletto presidente della Lega nel 1973 e
vi rimane fino al 1976, quando diventa presidente della Figc (di cui
sarà anche commissario straordinario nel 1986). Dal 1978 al 1987
presiede il Coni, carica che abbandona per darsi alla politica
‘tradizionale’. Nel 1997 torna a guidare la Lega nazionale
professionisti, dove rimarrà fino al 2001, quando torna a dirigere la
Figc. ‘Resiste’ fino al 2006: si dimette ‘a causa’ dello scandalo
calciopoli. Fino a qualche mese fa è stato anche commissario
straordinario della Federazione italiana di sci, mentre ad oggi conserva
la carica di componente della giunta Coni in quanto membro del Cio
(Comitato Olimpico Internazionale).
Di questo ente, dal 2009 fino al 21 febbraio scorso, è stato vicepresidente vicario Mario Pescante, dimessosi
dopo la rinuncia italiana alla candidatura di Roma alle Olimpiadi del
2020. Questo per quanto riguarda il presente. Ma la storia del
“dirigente sportivo Pescante” inizia nel lontano 1973, quando viene
nominato segretario generale del Coni, di cui diventa presidente nel
1993. Vi rimane fino al 1998, quando fu costretto a lasciare a causa
dello scandalo del laboratorio Antidoping dell’Acqua Acetosa. Membro del
Cio dal 1994, nel 2001 diventa deputato con Forza Italia, ricoprendo
anche l’incarico di sottosegretario del secondo e terzo governo
Berlusconi. Per quale dicastero? Neanche a dirlo: Beni culturali, ma
delega allo sport. Rieletto nel 2006 (e anche nel 2008), è stato
commissario straordinario per i Giochi invernali di Torino nel 2006 e
nei Giochi del Mediterraneo a Pescara 2009. Basket e calcio, invece,
nella carriera dirigenziale di Gianni Petrucci, attuale
presidente (in scadenza) del Coni, ormai al quarto mandato consecutivo e
quindi non rieleggibile. Dal 1977 al 1985 è stato segretario generale
della Federazione Italiana Pallacanestro, carica che successivamente ha
ricoperto anche nella Figc, per cui è stato anche commissario
straordinario dell’Associazione italiana arbitri. Nel 1991 diventa per
sei mesi vicepresidente esecutivo dell’As Roma, carica che abbandona per
diventare presidente della Fip fino al 1999 (due mandati), quando
diventa presidente del Coni per la prima volta. Da allora ad oggi è
stato sempre ai vertici del Comitato olimpico nazionale (anche se nel
2000-2001 è stato contemporaneamente commissario straordinario della
Figc). Attuale sindaco di San Felice a Circeo, Gianni Petrucci sta già
pensando al futuro: per la successione punta molto sull’elezione di
Raffaele Pagnozzi, un suo fidatissimo. E la storia continua.
ha collaborato Pierluigi Giordano Cardone
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