giovedì 27 settembre 2012

Caro-benzina, allo Stato quasi 25 miliardi in otto mesi

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Indovinello: se il petrolio costa in euro come all’inizio dell’anno, ma benzina e gasolio si pagano il 20% in più, chi sta incassando la differenza? Aiutino: non sono i benzinai e, almeno questa volta, neppure i petrolieri. A prendersi tutto il banco è lo Stato. Che, come ha calcolato il centro studi “Promotor”, dalla tassazione sui carburanti ha incamerato 24 miliardi e mezzo di euro nei primi otto mesi del 2012, ben 3,6 miliardi in più rispetto allo stesso periodo del 2011. Tanto hanno fruttato i tantissimi balzelli che ancora gravano sui carburanti. In tutto sono 14 accise, che vanno da quelle tuttora in vigore per la remota guerra in Abissinia, fino al disastro del Vajont e alla crisi di Suez. A queste si aggiungono le più recenti, motivate con “l’emergenza” immigrazione o l’alluvione delle Cinque Terre. Poi c’è l’Iva al 21%, che si applica sia sul prezzo industriale che sulle stesse accise, diventando in pratica una tassa sulla tassa.
In un anno, scrive Mauro Del Corno sul “Fatto Quotidiano”, la componente fiscale che grava su ogni litro di benzina è passata da 88 centesimi di euro a 1 euro e 5 centesimi: un balzo di quasi il 20%, che spiega tutti i rincari degli ultimi mesi. «Il dato degli incassi del fisco fa ancora più impressione – aggiunge Del Corno – se si considera che nel frattempo i consumi sono calati: in 8 mesi abbiamo riversato nei nostri serbatoi circa 27 miliardi di litri di benzina e gasolio. Sembra tanto, ma in realtà è il 9% di quanto consumato nel 2011». Così, se l’erario ride, i benzinai e persino i petrolieri piangono: come spiega Luca Squeri, presidente dei distributori aderenti a Confcommercio, i distributori incassano una commissione fissa di 4 centesimi al litro; guadagnano quindi sulla quantità di venduto, non sul prezzo. Per un benzinaio, i prezzi alti sono paradossalmente una iattura, perché i litri venduti scendono e le commissioni sulle carte di credito salgono, visto che cresce l’importo medio pagato per rifornirsi.

«Un discorso simile vale per le compagnie petrolifere che vendono ridursi la quantità di venduto», aggiunge il “Fatto”. «Il prezzo industriale della benzina (ossia quello prima delle tasse che finisce tutto nelle tasche dei petrolieri e in minima parte in quelle della distribuzione) è rimasto sostanzialmente stabile intorno agli 80 centesimi al litro». Il risultato di un prezzo “fermo”, ma con vendite più basse, è un calo dei ricavi che può essere stimato in circa l’1,2%. «Una perdita destinata ad allargarsi se, come probabile, la contrazione dei consumi proseguirà anche negli ultimi mesi dell’anno». L’Italia, aggiunge Del Corno, non è l’unico paese europeo a spremere gli automobilisti, ma, come spesso accade, riesce a distinguersi in negativo: da noi il prezzo della benzina si conferma il più alto d’Europa e,Paolo Scaroniquanto a peso del fisco, siamo secondi soltanto alla Svezia. Per quanto riguarda il gasolio, paghiamo in assoluto meno solo di Inghilterra e Svezia. Ma riguardo ai soldi dati al fisco, ci battono solo i britannici.
Negli ultimi giorni, l’esecutivo Monti ha ventilato la possibilità di una “sterilizzazione” dell’Iva: in pratica, il governo rinuncerebbe al gettito aggiuntivo legato ad eventuali aumenti del prezzo industriale innescati dai rincari del greggio. «Sono anni che dichiarazioni di questo tipo rimbombano nei Palazzi della politica senza che alle parole siano mai seguiti i fatti», osserva Del Corno. «Vedremo se questa sarà la volta buona». Senza dimenticare che «esiste un altro fiume di denaro prodotto anche con i guadagni da carburanti che sfocia nelle casse del ministero dell’Economia». Sono i dividendi che puntualmente arrivano da Eni (dunque Agip) di cui il Tesoro possiede il 30% attraverso la Cassa Depositi e Prestiti. «Nell’ultimo anno il gruppo del Cane a sei zampe ha distribuito circa 4 miliardi di euro (in due tranche) e oltre un miliardo sono finiti nelle casse di via 20 settembre, mentre al numero uno del gruppo, Paolo Scaroni, sono andati compensi per un totale di oltre 5,8 milioni, il 30 per cento in più del 2010».

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