lunedì 24 settembre 2012

Lazio, alla Pisana contributi schizzati da uno a 14 milioni

La Corte dei Conti accusa: nelle Regioni fatti gravissimi


di Massimo Martinelli




ROMA - Anche Luigi Giampaolino, magistrato, presidente della Corte dei conti, fatica a credere che sia accaduto davvero. Che un manipolo di politicanti locali abbia potuto mettere le mani nelle casse dello Stato e sfilare tredici milioni di euro in poco meno di due anni. E spenderli tutti. Al ristorante, organizzando feste in maschera, o viaggi con escort al seguito oppure nelle maniere amene che sono venute fuori in questi giorni. Il più alto esponente della magistratura contabile, quella che è delegata a controllare come vengono spesi i denari pubblici, è sbottato ieri ad un convegno di studio a Varenna, sul lago di Como. «La Corte dei conti è molto preoccupata e ne sente tutto il disagio perché sono fatti gravissimi in cui noi stessi, che pur siamo abituati a conoscere patologie, non pensavamo che, ove fossero vere, si potesse giungere a tanto» scandisce Giampaolino in quello che doveva essere un messaggio di saluto». E rincara la dose: «Siamo molto preoccupati e oserei dire, addolorati per tutto questo».

Il dito è puntato sul meccanismo, venuto fuori in questi giorni, che ha consentito a Francesco Fiorito di poter disporre di quel tesoretto in contanti da distribuire a pioggia ogni anno ai sedici consiglieri regionali Pdl: cento milioni netti, 23 ogni tre mesi, oltre allo stipendio e alle infinite indennità. Per poter accontentare tutti, e allo stesso tempo scaricare quarantamila euro netti mensili sui propri conti, Fiorito aveva bisogno di un fondo cassa profondissimo. Che era stato allargato a dismisura proprio con le manovre che hanno fatto sgranare gli occhi al presidente della Corte dei Conti: cinque delibere in 13 mesi, che hanno portato la dotazione di un milione e mezzo «per il funzionamento del gruppo Pdl» alla regione Lazio che c’era a settembre del 2010, quando si è insediata la Polverini, ai quattordici milioni del novembre 2011, quando Fiorito poteva già vantarsi di «guadagnare più del presidente della Repubblica».

Le cinque delibere, che saranno oggetto di verifica da parte della procura regionale del Lazio, come anticipato due giorni fa da Raffaele De Dominicis, procuratore regionale del Lazio, sono state già acquisite dagli investigatori della Guardia di Finanza. Ma a sorprendere è la totale assenza di controllo sulle modalità di quella sorta di aumento di capitale deciso e realizzato unilateralmente da poche persone con il consenso di tutti. Il film dell’assalto alla diligenza comincia il 14 settembre 2010, quando il nuovo presidente dell’Assemblea, Abbruzzese, moltiplica per cinque quella cifra con la delibera numero 90, e la porta a cinque milioni e quattrocentomila euro, con l’avallo dell’assessore al Bilancio, Cetica.

Pochi mesi dopo, a gennaio 2011, è sempre Abbruzzese, con il segretario generale della Regione, Cecinelli, a rendere più tonda quella cifra, portandola a 5 milioni e mezzo. E’ da questa cifra che si verifica la sottrazione di denaro pubblico che, con tutta probabilità, il presidente della Corte dei Conti Giampaolino, ha fatto fatica a concepire: per tre volte di seguito, sempre adducendo una non meglio specificata «richiesta di fabbisogno» del gruppo Pdl firmata dal «Signor Stracuzzi Maurizio, responsabile della Funzione Strumentale del trattamento dei consiglieri», vengono approvate tre delibere che fanno lievitare di cinque milioni e mezzo il fondo di cassa fino a quattordici milioni in pochi mesi. Il 5 di aprile, con delibera 33, diventano 8,5 milioni; il 19 luglio, con delibera 86, passano a 11,5 milioni e infine, l’8 novembre, con delibera 72, il plafond a disposizione del Batman di Anagni diventa un tesoretto da 14 milioni.

Ieri mattina, quando il procuratore Giampaolino ha fatto riferimento a questa vicenda di malagestione del denaro pubblico, c’era anche il ministro dell'Interno, Annamaria Cancellieri, che non ha voluto fare alcun riferimento diretto alla regione Lazio, affermando invocando che sono necessari maggiori controlli per evitare «la condizione terminale del dissesto finanziario» degli enti pubblici «introducendo un nuovo modello» per monitorare i bilanci degli enti locali. Il numero uno del Viminale ha sottolineato che c'è «un insufficiente regime di controlli sull'attività amministrativa e finanziaria degli enti territoriali di base, a fronte di un crescente numero di funzioni da esercitare e di servizi da rendere alla cittadinanza». Pertanto, a suo parere, è necessario un intervento normativo che «vada nella direzione - ha proseguito - di una più significativa responsabilizzazione ed esposizione di alcune figure professionali» come il segretario comunale, i revisori dei conti e i dirigenti del servizio economico-finanziario».

Secondo il ministro occorre anche «una maggiore trasparenza - ha continuato - nella gestione del bilancio e dei relativi documenti contabili». In questa prospettiva per Annamaria Cancellieri «la Corte dei Conti non può che avere un ruolo centrale» assieme a quello del ministero dell'Interno in sede di accertamento e approvazione del piano di riequilibrio e in relazione agli eventuali interventi repressivi da adottare in itinere.

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