sabato 29 settembre 2012

L'intellettuale collettivo sfida imprescindibile ai tempi della Crisi Capitalista..

L'intellettuale collettivo sfida imprescindibile ai tempi della Crisi Capitalista...

pane-rose.it Alessio Di Florio (29 Settembre 2012)
gramscicollettivo
La devastante crisi economica, sociale, politica e ambientale, che da alcuni anni coinvolge l'Europa e il Nord del Mondo, ha reso evidente e acclarato quanto l'analisi e la lettura del Capitalismo dati da Karl Marx siano stati nella Storia le uniche capaci di comprenderne e disvelarne nel profondo il sistema di oppressione, di accumulazione e di predazione. Nonostante il Capitale e il Manifesto del Partito Comunista siano stati scritti due secoli fa, persino sulla speculazione finanziaria la lettura data si è rivelata totalmente e scientificamente esatta.

Antonio Gramsci, riferimento del "movimento reale" comunista
Il lungo cammino dei movimenti operai e comunisti, il “movimento reale che abolisce lo stato di cose presente” con l'obiettivo di “rovesciare i reali rapporti di forza tra classi sociali”, ha visto, vede e vedrà un'imprescindibile avanguardia negli scritti e nel pensiero di Antonio Gramsci. In Italia, nonostante le sue evidenti contraddizioni e la scelta a volte di percorsi a dir poco opinabili (il sostegno alla repressione in Ungheria, il comportamento tiepido e contradditorio – che giunse all'espulsione delle compagne e dei compagni de Il Manifesto – nei confronti della “Primavera di Praga”, la progressiva omologazione borghese e il “compromesso storico” lucidamente denunciati quanto erano ancora ai primordi da Pier Paolo Pasolini – espulso già nel 1948 con una decisione che non ci si può esitare a definire stalinista – che portarono ad abbandonare ogni prospettiva rivoluzionaria fino ad approdare ad un vero e proprio “suicidio di massa” negli Anni Ottanta, il consenso alle leggi repressive degli Anni Settanta che, in nome della “lotta al terrorismo”, portarono in realtà alla repressione dei movimenti, solo per riportare gli esempi più eclatanti) c'è stata una formazione che ha tentato di realizzare e portare avanti quanto Antonio Gramsci aveva teorizzato: il Partito Comunista Italiano. Il PCI per le sue e i suoi militanti non è stato un semplice partito nell'arco istituzionale borghese: qualcuno arrivò a definirlo “chiesa rossa”, altri addirittura lo hanno definito “corpo mistico”. Al netto di quanto già detto prima sulla sua storia, e del periodo storico, nelle e nei militanti del PCI era presente una tensione rivoluzionaria, un coinvolgimento emotivo e strutturale che affondava la sua ragion d'essere in alcuni concetti gramsciani purtroppo oggi totalmente dimenticati e abbandonati dai suoi “eredi”. E, tra i più importanti tra questi, “l'intellettuale collettivo”, da “un legame stretto tra grande massa, partito, gruppo dirigente, e tutto il complesso, ben articolato, si può muovere come un uomo collettivo”.


La militanza nel PCI e l'intellettuale collettivo

“Una sezione per ogni campanile” fu uno degli slogan più ripetuti ed applicati del PCI: l'obiettivo di radicalizzarsi in ogni territorio fino ad essere presente anche nel paesello più piccolo e sperduto. Per far questo fu mobilitata un'immensa mole di militanti con un coinvolgimento altissimo. Solo così il Partito cercò di evitare di diventare un immenso comitato elettorale permanente al servizio dei suoi notabili per essere un luogo di elaborazione di massa e di lotta di classe collettivo: il militante non era chiamato, all'occorrenza, ad essere “soldatino” ma era protagonista della vita e dell'esistenza del Partito, e del “movimento reale” rivoluzionario. In una caratteristica che accomuna il PCI a Democrazia Proletaria, a Lotta Continua e ai tanti movimenti degli Anni Sessanta e Settanta (anzi, in essi era ancora più vitale, forte ed autentica) le discussioni interne, i dazebao, i fogli di propaganda e i ciclostilati erano frutto di un fermento, di una vita di Partito, che portavano la e il militante a vivere la sezione quasi come una seconda casa, a passarci ore e giorni interi in un coinvolgimento totale. Erano questi i primi germi di un “intellettuale collettivo emergente”, con la e il militante operaio a conoscenza dei meccanismi di sfruttamento e oppressione capitalisti e che faceva di tali conoscenze uno strumento di lotta di classe. Per far questo erano necessari una fortissima preparazione e una formazione militanti: raccontano alcuni vecchi compagni che il Partito indicava (e, in alcuni casi, addirittura spediva) periodicamente l'elenco dei libri che i militanti dovevano leggere perché ciò accadesse.
Spazziamo via un possibile equivoco: non si ha l'intenzione di una esaltazione agiografica del PCI, ma solo di rileggervi le caratteristiche strutturali figlie del pensiero gramsciano. Anche se, per evidenti ragioni anagrafiche, non ho vissuto quella stagione, nel volgervi lo sguardo il cuore e l'animo vanno a Democrazia Proletaria, alla Nuova Sinistra, ai movimenti operai e studenteschi, dove la militanza politica era certamente meno organizzata e radicata nel territorio, ma rimaneva più libera e autentica la tensione rivoluzionaria, anche perché non soffocata dal dirigismo e dall'imborghesimento montante nel PCI. Semplificando, potremo scrivere che in essi l'intellettuale collettivo era più vivo ed autentico, ma gambe più robuste per camminare l'ebbe nel PCI!

Oggi l'intellettuale collettivo sfida della militanza comunista tra crisi, capitalisti feroci e sovversivismo della classe dirigente

Nel pieno di una devastante crisi sociale, politica, ambientale ed economica, dopo il dissolvimento del PCI e la fine delle esperienze della Nuova Sinistra, ma con i mezzi tecnologici e una enormemente maggiore alfabetizzazione di massa, l'intellettuale collettivo è ancora una sfida alla portata? Anticipando la risposta che si svilupperà nelle prossime righe, si ed è anche ancor più necessaria. Partiamo da quanto raccontato poc'anzi: alcuni vecchi compagni raccontano che il Partito indicava i libri da leggere per la formazione militante. Oggi questo non è più necessario. L'accresciuta alfabetizzazione, l'immenso numero di librerie e biblioteche, fino ad arrivare all'infinita fonte che è il Web, permettono ad ogni militante di accedere a tutte le informazioni possibili, di scegliere lui stesso i testi della conoscenza e della coscienza: le mobilitazioni pacifiste del decennio scorso hanno avuto un altissimo grado di coscienza e consapevolezza proprio per questo! Nei decenni del dopoguerra il PCI puntò ad una fortissima radicalizzazione territoriale, oggi le nuove tecnologie e i moderni mezzi di comunicazione fanno si che non sia più necessario e soprattutto non si guarda più solo al proprio campanile. E, ogni militante, è realmente internazionalista e protagonista: può partecipare attivamente alla vita culturale, può avere una fortissima coscienza di classe, ha la possibilità di mettere in “relazione consapevole i saperi sociali diffusi” e costruire percorsi sociali e di lotta con le realtù più varie della società. La scomparsa del grande partito di massa, e nell'impossibilità che altri ne ereditino efficacemente la tentazione egemone, rende possibile costruire un “comunismo di società” (come l'ha straordinariamente definito Paolo Ferrero nel 2010 nel libro “Che ne sarà di noi”) che “non può limitarsi alla rappresentazione nelle istituzioni” ma vive “anche come cultura, pratica sociale, principio etico”. Le e i militanti non sono quindi solo gli ultimi ingranaggi della burocrazia del Partito ma attori protagonisti e consapevoli della trasformazione e della democratizzazione della società. E' l'intellettuale collettivo in cammino! E' alla nostra portata, noi possiamo, smettiamola con “l'introiezione del pensiero” capitalista, non facciamoci ingannare dall'alienazione consumista, dalla sindrome della sconfitta e da falsi calcoli elettoralistici e culturali che ci considerano residuali e marginali, prendiamo esempio e torniamo a camminare con le compagne e i compagni dell'America Latina, volgiamo lo sguardo alle tante esperienze rivoluzionarie del Sud del Mondo, rompiamo gli indugi, prendiamo coraggio e consapevolezza, battiamo il nostro tempo (come cantava l'Onda Rossa Posse nel 1990), costruiamo nuovi tempi nel momento in cui questi grigi tempi non sono all'altezza dei nostri sogni! Davanti alla realtà di oggi, dall'immane catastrofe ecologica quotidiana ad una crisi capitalistica strutturale e disumana, sostenuta dagli inganni quotidiani di imbonitori, stampa asservita, megafoni di balle e falsità, da un populismo arrogante e incapace di ogni costruzione e orizzonte ad un finto riformismo ormai totalmente intruppato in una destra tecnocratica politicamente braccio armato dei poteri forti e del capitalismo più feroce, non solo è possibile ma è nostro imprescindibile dovere! Lo dimostra, una volta di più l'attualità, di un movimento operaio che è dilaniato da alcuni sindacati che hanno abbandonato qualsiasi prospettiva di classe e di emancipazione operaio assumendo completamente il punto di vista del padrone e la sua visione del mondo. Lo vediamo nei confronti della FIAT, con “sindacalisti” nazionali che continuano ad affermare che nessun diritto è stato anche solo scalfito, e lo vediamo con l'ILVA di Taranto dove alcuni sindacati si stanno prestando al padrone nel dividere gli operai e nel costringerli nel ricatto occupazionale, scagliandoli contro i magistrati e gli ambientalisti e non in una lotta per il risanamento e la bonifica di Taranto e un lavoro che non minacci più la salute e la sicurezza di nessuno (tanto è vero che sono gli stessi che in questi anni nulla hanno detto per denunciare i tantissimi infortuni, alcuni anche gravissimi e mortali). Tutto questo in un momento storico dove si sta disvelando ed esplode definitivamente un'altra grande denuncia e analisi di Antonio Gramsci: le violenze e gli assassini di Stato, la corruzione dilagante, l'incapacità di una classe dirigente “selezionata” da un feudale clientelismo, i fascismi montani e le mafie che manovrano i fili di parte della classe politica (smettiamola una volta per tutte di teorizzare politici che trattano alla pari con le mafie, essi da decenni si calano le braghe e ne sono fedeli servitori!), le ripetute violazioni guerrafondaie della Costituzione, lo scardinamento della legalità democratica in nome del malaffare e della guerra ai migranti di un disumano razzismo di Stato, non sono altro che gli effetti e la rappresentazione di quel che Gramsci definì “sovversivismo delle classi dirigenti”. La lotta di classe non può prescindere dalla lotta ad esso, e solo militanti liberi e protagonisti di un vero “intellettuale collettivo” saranno pronti e capaci di denunciare, lottare e sconfiggere i velenosi frutti di sovversivi che pretendono di dirigere e devastare indisturbati e impuniti...
Alessio Di Florio

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