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Fino a qualche settimana fa il governo italiano aveva annunciato il
grande cambiamento: obiettivo strategico la crescita del Pil. Ma la
trappola è scattata subito: obiettivo, sì, il Pil, ma vincolo – e come
non potrebbe essere così? – i conti di bilancio. La Commissione sembra
accanirsi sui decimali del deficit dopo il 2… quindi si passa dalle
tragedie antiche dello 0 virgola e dell’1 virgola a quelle del 2
virgola. Salvini e Di Maio annunciano che il 2,4 di rapporto deficit/Pil
è la linea del Piave. Tutti alzano la voce per consumare la tempesta
perfetta nel bicchiere d’acqua. Intanto, fuori dal bicchiere d’acqua
avvengono altre cose evidenti: i cosiddetti mercati si rallegrano se
l’Italia crescerà un pochino; ma nessuno osserva che l’Italia sta
registrando avanzi primari (lo Stato incamera sistematicamente imposte
superiori alla spesa senza interessi, e poi si va in deficit con questi
ultimi) e, che quindi l’effetto della manovra sul Pil non potrà essere
significativo. Dopo qualche settimana di braccio di ferro Ue-Italia, la doccia fredda per tutti: Germania ed altri paesi, tra cui la stessa Italia, cominciano ad intravvedere il chiaro inizio di una recessione.
A quel punto la Commissione cambia toni (ma è costretta a farlo pure
l’Italia) e chiede più Pil. Se si fosse in presenza di gente seria,
l’affacciarsi della recessione avrebbe dovuto imporre un maggiore
deficit per stimolare investimenti e spese capaci dicontrastare
la caduta del Pil: certo, con un maggior deficit, l’Italia dovrà
spendere di più anche di interessi sui nuovi titoli. In realtà,
obiettivo Pil e vincolo di bilancio significherà che, per mantenere un
deficit del 2% di Pil, se il Pil non cresce come programmato, bisognerà
tagliare la spesa della differenza tra le previsioni della manovra e
l’andamento effettivo. E saremmo punto e daccapo: lacrime e sangue, vale
a dire la bella ricetta che ci porta in recessione. Ci sarebbero,
almeno, tre considerazioni da fare. Primo, il Pil non può aumentare se,
nei comparti ad alta redditività, la domanda di lavoro decresce più
rapidamente dei risultati economico-finanziari; e se, nei comparti dove
l’occupazione potrebbe crescere (cura delle persone, dell’ambiente e del
patrimonio esistente), il costo – in gran parte il lavoro necessario –
supera, salvo una minoranza di eccezioni, il fatturato. Quindi, o si
interviene sul paradigma economico sociale o il Pil non crescerà o non
crescerà abbastanza.
Secondo, non si dovrebbe insistere sul parametro debito pubblico/Pil
che era già sfavorevole all’Italia dalla fine degli anni ’80 ed è poco
peggiorato in seguito; infatti, per valutare solidità e sostenibilità
del debito di un paese, bisognerebbe aggiungere – al numeratore – il
debito delle famiglie e quello delle imprese non finanziarie. Così si
scoprirebbe che i paesi hanno debiti complessivi che vanno da poco più
del 300% a meno del 500%, considerata dalle banche
e dall’esperienza il limite da non valicare: non è forse vero che si
ottiene un mutuo pari fino a 5 volte il reddito annuale del mutuatario?
Non guasterebbe nemmeno la istituzione di un’agenzia di rating che
impedisse la trasformazione in titoli spazzatura di effetti che, invece,
il mercato
chiede e sa apprezzare. Terzo, in funzione delle difficoltà di una
crescita responsabile ed in rapporto alla esistenza di risorse
inoccupate o sotto-utilizzate, perché non esercitare un po’ di sovranità
monetaria degli Stati?
L’euro
resterebbe come unità di conto e come moneta avente corso legale in
tutta l’Eurolandia (articolo 128 del Trattato di Lisbona), mentre una
moneta parallela avente corso legale solo nazionale servirebbe per
affrontare le maggiori spese per l’ambiente, la cura delle persone, il
fabbisogno di giovani laureati nelle pubbliche amministrazioni. Non
piace la parola moneta? Draghi dice che una moneta parallela sarebbe
illegale? Ma quale legge la rende illegale? Essa, tuttalpiù, non è
disciplinata perché il Trattato di Lisbona si occupa di altro. Ma niente
paura! Lo Stato può emettere buoni spesa che poi accetterà in pagamento
delle tasse: 200 euro
per ogni occupato, disoccupato e pensionato per otto mesi genererà alla
fine dell’anno un aumento di Pil di 48 miliardi e non si determinerà
maggior deficit.
(Nino Galloni, “Involuzione nel rapporto Ue-Italia, come uscirne?”, da “Scenari Economici” del 5 dicembre 2018).
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giovedì 6 dicembre 2018
Galloni: folle tagliare il deficit, se è in arrivo la recessione
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