martedì 25 dicembre 2018

Francia, la paura ha cambiato di campo.

L’avevano annunciato più volte che avrebbero passato Natale e Capodanno ai presidi sulle rotonde e ai caselli autostradali; e così stanno facendo.
 
 

Nonostante il “partito dell’ordine” e l’apparato mediatico che lo sostiene stiano ancora tuonando contro il movimento descritto come “violento” ed in cui l’estrema destra agirebbe come un pesce nel mare, i Gilets Jaunes sono ancora là.
L’Ancien Régime vomita da giorni il suo odio di classe contro una mobilitazione che le cifre governative ufficiali – solo 38.600 sarebbero stati i partecipanti al VI atto della protesta (guardate la mappa) – contro ogni evidenza empirica, e con puro sprezzo del senso del ridicolo, darebbero in “notevole calo”.
E per quanto sembri una fake news inventata da qualche sito d’Oltralpe, simile al Lercio, lo staff di LREM (il movimento di Macron) ha redatto un manuale per difendere l’operato dell’Esecutivo durante i pasti natalizi!

Dopo le mobilitazioni di sabato, si moltiplicano video, foto e servizi che danno una idea di quanto sia stata estesa e capillare la mobilitazione, e di come l’Esagono sia ancora costellato di Zone à Defendre che, insieme alle assemblee generali di stampo cittadino, sono il retroterra dei vari Atti di protesta dal 17 novembre in poi.
I GJ hanno in buona parte ripreso possesso degli spazi che lunedì scorso erano stati bersaglio degli sgomberi, sia per “festeggiare” che per continuare la loro opera di informazione nei confronti della popolazione, che li sostiene anche non partecipando direttamente – il 75% dei francesi intervistati secondo alcuni sondaggi – o che dona loro del cibo per supportarli nei loro accampamenti di fortuna. E questo nonostante gli esponenti dell’Esecutivo e della maggioranza parlamentare di LREM, appartenenti al “partito della fermezza”, avrebbero voluto che i presìdi scomparissero prima di Natale.
Dei manifestanti di Saint-Hélène-sur-Isère in Savoia hanno dichiarato a “France Bleu”: “noi avremmo potuto incrociarci in strada senza scambiarci mai parola, ma ciò che succede qui non è la magia del Natale, è la magia del popolo”.
Il clima di ritrovata fraternità è una delle cifre della mobilitazione che cerchiamo di raccontare da tempo, una legame che permette di affrontare in maniera differente le difficoltà contingenti, dice sempre a “France Bleu” Sylvie, una GJ della prima ora della Loira: “avere freddo a casa propria perché non si hanno i mezzi per riscaldarsi o avere freddo sulla rotonda non cambia niente”.
Cèdric, GJ mobilitato al pedaggio di Vaiges in Mayenne, chiarisce le ragioni della sua permanenza natalizia, dovute alla volontà di far conoscere il movimento a coloro che non ci partecipano direttamente: “potranno scoprire come si procede, cosa succede, per rendersi conto che non siamo dei casseurs. Il nostro movimento ha mostrato che si è stati capaci di essere solidali insieme ed è un peccato che ci volesse un movimento come questo per rendersi conto che si ci può aiutare”.
Il Natale in giallo, si svolgerà probabilmente anche sui Campi Elisi, giusto per rendere difficile la digestione al ministro dell’economia Eduard Philippe, che ha scelto la metafora pugilistica per descrivere la politica: “la politica è come la boxe. Quando vi mettete sul ring, sapete che riceverete dei colpi. Ne prendo. Li posso anche dare. Amo tutto ciò”.
Gli auguriamo di tutto il cuore di finire a KO, naturalmente.
Il “partito dell’ordine” e la guerra mediatica
I media stanno battendo particolarmente sul carattere violento del movimento, in un bombardamento mediatico dove le voci fuori dal coro vengono ben presto estromesse – come è successo a Patrick Le Hyaric, direttore de l’ “Humanité”, a LCI (un canale tv all news) mentre tentava di inquadrare le ragioni della protesta.
Il primo tentativo di “narrazione è stato classico: hanno provato a dividerlo artificialmente, tra una parte che attua le proprie forme di protesta in modalità “bon enfant” e una frangia di “casseurs”, omettendo la violenza delle forze dell’ordine, dando particolare risalto ad alcuni fatti marginali (una manciata di identitari che cantano “La Quenelle”, o un manichino di Macron che viene ghigliottinato); più spesso, ormai, viene completamente il significato di alcuni eventi, invertendo il ruolo tra aggressori e vittime.
In particolare, è stata data grande rilevanza ad un episodio della manifestazione sauvage parigina di sabato, durante la fase finale, con la folla dei manifestanti che stava sfilando sui Campi Elisi, dopo aver di fatto eluso sin dalla prima mattina il dispositivo di sicurezza delle forze dell’ordine, ingannate da un “falso annuncio” di Eric Drouet – una delle figure di spicco della protesta arrestate sabato – per un concentramento a Versailles.

Una sequenza televisiva “tagliata” mostra 4 centauri della polizia in panne impegnati a difendersi dalla folla, mentre le moto erano a terra; un agente ad un certo punto sfodera la sua pistola e la punta contro i manifestanti. Di lì a poco riescono a risalire sui loro mezzi ed allontanarsi, mentre la folla si scaglia loro contro. cercando di colpirli con ciò che aveva a disposizione.
La sequenza integrale che circola sui canali di contro-informazione e sui social mostra l’antefatto, cioè l’arrivo degli agenti in moto al lato del corteo e il lancio di alcuni dispositivi “disperdenti” su una folla che sta sfilando tranquillamente a fine manifestazione; senza quindi che ci fosse alcuna necessità per l’ordine pubblico, se non quella di stampo punitivo contro i manifestanti.
Al coro di difesa delle forze dell’ordine, si associano naturalmente la LR e il Rassemblement National (ex-FN) di Marine Le Pen, oramai cooptati dentro il “partito dell’ordine” insieme alla dirigenza del sindacato CFDT.
Justice Nulle Parte, Police par tout!
Occorre rammentare – per capire come tale comportamento delle forze dell’ordine sia usuale e abbia provocato un morto e numerosi feriti gravi, tra cui molti minorenni che hanno partecipato alle proteste studentesche – l’elenco delle persone uccise o ferite gravemente dal 17 novembre a causa dell’azione delle forze dell’ordine:
ZINEB REDOUANE, 80 anni, è stata uccisa da una granata lacrimogena ricevuta al volto a Marsiglia il 1 dicembre
LBD 40
JEROME H. ha perduto l’occhio sinistro a causa di un tiro di LBD 40 a Parigi il 24 novembre 2018
PATRICK, ha perduto l’occhio sinistro per lo stesso motivo, lo stesso giorno, sempre nella capitale
ANTONIO, 40 annni, vive a Pimprez, è stato gravemente ferito al piede per una granata GLI F4, sempre a Parigi il 24 novembre
GABRIEL, 21 anni, apprendista calderaio che vive nella Sarthe, ha avuto una mano amputata da una granata GLI F4, a Parigi, lo stesso giorno
SIEGFRIED, 33 anni, che vive vicino a Epernay, è stato gravemente ferito ad una mano da una granata GLI F4, sempre nella capitale e sempre il 24
MAXIME W., si è ustionato ad una mano e ha perduto definitivamente l’udito a causa di un una granata GLI F4 a Parigi il 24 novembre 2018.
CEDRIC P., apprendista carrellista a la Possession (Isola della Réunion), ha perduto l’occhio sinistro a causa di un tiro di LBD 40 alla Possession il 27 novembre 2018.
GUY B., 60 anni, ha avuto la mascella fratturata da un tiro di LBD 40 a Bordeaux, il primo dicembre 2018.
GLI F4
AYHAN, 50 anni, tecnico Sanofi che vive a Joué-les-Tours, ha avuto una mano amputata da una granata di GLI F4, a Tours il 1° dicembre
BENOIT, 29 anni, è stato gravemente ferito alla tempia da un tiro di LBD 40 a Toulouse, il 1° dicembre 2018. È stato posto in coma farmacologico per 15 giorni, ed è in pericolo di vita
– MEHDI, 21 anni, è stato gravemente ferito perché malmenato dalla polizia a Parigi il 1° dicembre 2018.
MAXIME I., 40 anni, ha subito una doppia frattura alla mascella a causa di un tiro di LBD 40, a Avignone il 1 dicembre 2018.
FREDERIC R., 35 anni, ha avuto la mano amputata da un GLI F4, il 1° dicembre 2018 a Bordeaux.
DORIANA, 16 anni, studentessa delle medie-superiori che vive a Grenoble, ha avuto il mento fratturato e due denti rotti da un tiro di LBD 40 a Grenoble, il 3 dicembre 2018.
ISSAM, 17 anni, studente delle medie-superiori a Garges les Gonesse, ha avuto la mascella fratturata da un tiro di LBD 40, a Garges-les-Gonesse il 5 dicembre 2018.
OUMAR, 16 anni, studente delle scuole medie superiori che vive a Saint Jean de Braye, ha avuto la fronte fratturata da un tiro di LBD 40, a Saint Jean de Braye il 5 dicembre 2018.
JEAN-PHILIPPE L., 16 anni, ha perduto l’occhio sinistro a causa di un tiro di LBD 40, il 6 dicembre 2018 a Bézier.
RAMY, 15 anni, vive a Vénissieux, ha perduto l’occhio sinistro a causa d’un tiro di LBD 40 o di una granata “anti-accerchiamento”, a Lione il 6 dicembre 2018.
ANTONIN, 15 anni, ha avuto la mascella e la mandibola fratturate per un tiro di LBD 40, a Digione l‘8 dicembre 2018.
THOMAS, 20 anni, studente universitario che vive a Nîmes, è stato gravemente ferito al petto da un tiro di LBD 40 à Paris le 8 décembre 2018.
DAVID, scalpellino che vive nella regione parigina, ha riportato la frattura della mascella e il labbro strappato da un tiro di LBD 40, a Parigi l’8 dicembre 2018.
FIORINA L., 20 anni, studente di Amiens, ha perduto l’occhio sinistro a causa di un tiro di LBD, a Parigi, l’8 dicembre 2018.
ANTOINE B., 26 anni, ha avuto la mano amputata da una granata di GLI F4 a Bordeaux il 8 dicembre 2018.
JEAN-MARC M., 41 anni, orticultore di Saint-Georges d’Oléron, ha perduto l’occhio destro a causa di un tiro di LBD 40, a Bordeaux, l’8 dicembre 2018.
ANTOINE C., 25 anni, grafico freelance che vive a Parigi, ha perduto l’occhio sinistro a causa di un tiro di LBD 40, a Parigi, l’8 dicembre 2018.
CONSTANT, 43 anni, tecnico-commerciale disoccupato che vive a Bayeux, ha avuto il naso fratturato da un tiro di LBD 40, a Mondeville l’8 dicembre 2018.
CLEMENT F., 17 anni, è stato ferito alla gola da un tiro di LBD 40, a Bordeaux l’8 dicembre 2018.
NICOLAS C., 38 anni, ha avuto la mano sinistra fratturata da un tiro di LBD 40 a Parigi, l’8 dicembre 2018.
YANN, ha avuto la tibia fratturata da un tir di LBD 40 a Tolosa, l’8 dicembre 2018.
PHILIPPE, è stato gravemente ferito alle costole con emorragia interna e complicazioni alla milza da un tiro di LBD, a Nantes l’ 8 dicembre 2018
ALEXANDRE F., 37 anni, ha perduto l’occhio destro a causa di un tiro di LBD 40, l’8 dicembre 2018 à Parigi.
MARIEN, 27 anni, ha avuto una doppia frattura alla mano destra a causa d’un tiro di LBD 40, l’8 dicembre 2018 a Bordeaux.
FABIEN, ha avuto lo zigomo e il naso fratturati da un tiro di LBD 40, l’8 dicembre 2018, a Parigi.
LOLA, 18 anni studentessa universitaria ferita da un flashball il 18 dicembre a Biarritz. Tiro alla testa con una doppia frattura della mascella e alcuni denti asportati.
Naturalmente, a questo agghiacciante bollettino delle violenze delle forze dell’ordine prima dell’Atto VI, andranno aggiunte quelle di sabato su cui le varie reti di attivisti stanno raccogliendo testimonianze, foto e video.
Ma oltre al dovere di cronaca, abbiamo riportato questo elenco, per un semplice fatto: nonostante questa carneficina, non c’è alcun segnale di smobilitazione e c’è una profonda coscienza di ciò che si rischia quando si va in piazza.
Un video della mobilitazione a Nantes la dice lunga… Mostra infatti la calma e la disciplina dei manifestanti che, nonostante la fitta nebbia di lacrimogeni procedono compatti e composti, senza dare luogo al solito “fuggi fuggi”, continuando a manifestare senza pestarsi l’un l’altro.
Amnesty International denuncia il Paese dei Lumi
Una puntuale denuncia della sezione francese di Amnesty International pubblicata il 17 novembre – che i media nostrani si sono ben guardati dal citare o riprendere – denuncia differenti violazioni: dall’”uso eccessivo” della forza, alla limitazione del diritto di cronaca e all’attacco al diritto di manifestare attraverso gli arresti preventivi.
Sempre Amnesty aveva redatto un preciso rapporto in precedenza su come la proclamazione dell’ “etat d’urgence” dopo gli attentati terroristi del 2015 aveva pesantemente minato la libertà di manifestare.
Nella presentazione del rapporto: “Droit de manifester en France” viene espressamente detto:
Dopo circa un anno, noi abbiamo indagato sul rispetto del diritto a manifestare in Francia. Ciò che abbiamo constatato è inequivocabile: l’applicazione dello stato d’urgenza e un uso sproporzionato della forza hanno limitato un diritto fondamentale in maniera preoccupante in questo Paese. Dopo il novembre 2015 e i terribili attentati che hanno toccato la Francia, lo stato d’urgenza è stato instaurato e rinnovato cinque volte. Tenendo conto che il fine di questo provvedimento era prevenire dei nuovi attacchi, le misure dello stato d’urgenza sono state utilizzate per vietare 155 manifestazioni. Ogni 3 giorni circa, una manifestazione è stata vietata in Francia con questo pretesto. Inoltre, 595 divieti individuali di manifestare sono stati ordinati dalle prefetture in Francia, per “prevenire le violenze nelle manifestazioni”, anche se la maggior parte delle volte non esistevano che pochi o nessun elemento in grado di dimostrare che queste persone avrebbero partecipato a delle violenze.
Guerra a bassa intensità
Come abbiamo più volte ricordato, alcune misure dell’“etat d’urgence” sono state mutuate dalla legge anti-terrorismo. Il che ne fa una delle più liberticide del continente, con lo “stato d’eccezione permanente” che si è cronicizzato, al di là della promulgazione formale dello “stato d’urgenza”.
Ormai non siamo più in presenza di una strategia di governo che individua di volta in volta un soggetto da criminalizzare politicamente, linciare mediaticamente e reprimere militarmente: com’è avvenuto per i giovani banlieusards, gli attivisti sindacali che lottano per una battaglia specifica, i protagonisti di una lotta ecologista radicale come la ZAD. Questa volta il bersaglio comprende tutto il popolo dell’Esagono o dei Territori d’Oltre Mare in rivolta.
Il popolo è il nemico pubblico numero uno…
In Francia si sta sperimentando su grande scala una strategia di guerra a bassa intensità, alimentata dall’odio di classe della borghesia d’Oltralpe contro la maggior parte della popolazione che ne mette in discussione i privilegi.
Quello francese è un establishment che sembra avere messo da parte la retorica sui diritti umani, abbondantemente utilizzata per le proprie imprese “umanitarie” neo-coloniali, spesso trasformatesi in veri e propri attacchi bellici, come in Libia o in Siria, od in fortissime pressioni e ingerenze politiche, come anche nel caso del Libano.
Questo è un passaggio di fase che va compreso a fondo, perché lì dove la governance economica fallisce, la rappresentanza politica incaricata di portarla avanti azzera il suo consenso e la popolazione reclama a gran voce una trasformazione dell’assetto politico per un ripristino effettivo della sovranità popolare, coniugato con precise richieste di giustizia sociale. Venuti meno i vecchi attrezzi di governo, la “guerra” al nemico interno appare l’unica soluzione.
Certamente la strategia è più diversificata e va dall’imposizione di un dibattito su “identità nazionale” ed “immigrazione” che punta esplicitamente a spianare la strada alla destra tout court, al recupero dei corpi intermedi più collaborativi (le dirigenze sindacali disponibili ad una co-gestione della svolta autoritaria e alla politica di austerity); fino all’allineamento di quei corpi dello stato e agli apparati mediatico-culturali indispensabili a “governare senza consenso”, al tentativo di logoramento.
Nella stanza dei bottoni di Bruxelles non possono dormire sonni tranquilli perché alcune crepe dell’edificio della UE sembrano ormai diventate insanabili fratture, che moltiplicano i possibili punti di rottura e in cui le ipotesi politiche alternative al populismo di destra (il falso nemico delle oligarchie ordoliberali) stanno aprendo uno spazio inedito.
Macron ormai è politicamente un morto che cammina, di cui i circoli di potere che ne hanno curato l’ascesa farebbero anche a meno. Resta però un “piccolo problema”: cosa penserebbero i subalterni di un intero continente se vedessero che la determinazione di popolo può far cadere un Presidente e cambiare l’agenda politica?
L’elenco dei proeblemi è ormai lungo: “il governo del cambiamento” italiano è stato riportato all’ovile abbastanza facilmente, ma Brexit, Francia, Catalogna e Belgio sono dei grattacapi non da poco per una UE ormai orfana della guida di Frau Angela e con Macron ormai inservibile.
In Europa intanto si moltiplicano i segnali di aperta solidarietà con la rivolta francese, l’ultimo è quello della co-presidente della Die Linke al Bundestag e leader di Aufstehen!, Sara Wagenknecht, apparsa in Gilet Jaune di fronte al parlamento tedesco.
Auguriamo: “Merry Crisis and Happy new fear” ai signori di Bruxelles e Francoforte, perché forse la paura sta veramente cambiando di campo.

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