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FACEBOOK MANIPOLA LA MENTE?
Bisogna prendersi una pausa dai “social”… A raccomandarci questo, è
proprio Chamath Palihapitiya l’ex vicepresidente del noto social network
Facebook, che conta innumerevoli contatti in tutto il mondo e di questa
crescita esponenziale di utenti ne è stato l’artefice…
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CORROSIONE DEL PENSIERO AUTONOMO
Dai tempi dell’avvento dell’informazione alternativa a quella della
carta stampata, dove probabilmente era più difficile tentare il
veicolamento mentale e l’induzione alle scelte comportamentali, si è
sempre potuto constatare che le masse, hanno, loro malgrado, subito
l’influenza dei media ed il relativo “indirizzamento” a fare ciò che
altri volevano.
Naturalmente parliamo di un fenomeno che si concretizza lentamente, dal
moto quasi impercettibile ma che alla lunga, riesce a dirottare interi
popoli verso l’obiettivo desiderato.
L’avvento della televisione, è stato la “chiave di volta” per l’avvio di
questo processo. Alcuni infatti, hanno saputo ben sfruttare il “mezzo” e
lanciare attraverso esso, quei messaggi di concentrazione
dell’attenzione su fatti ed “oggetti” che facevano parte del target a
cui si puntava.
Influenze sulla massa, sono provenute in ragione delle mode o delle
scelte politiche, ma anche efficacemente con l’intento di orientare gli
acquisti, i consumi.
Attenzione, non si fa riferimento a messaggi subliminali puri, ma
semplicemente ad una diffusione di tendenza che investe l’utente.
Gli effetti del post-modernismo e l’avvilimento culturale hanno
contribuito alla realizzazione di tutto questo, lo sviluppo tecnologico
nella postmodernità diventa sempre più invasivo e assurge ad elemento
imprescindibile nella normale conduzione delle vite degli individui,
tutti o quasi, hanno in tasca uno smartphone connesso alla rete.
Tutto ciò che “arriva” dai media e dalla rete, subisce una omologazione
del linguaggio e il messaggio non ha più connotazioni relative a chi lo
trasmette, ma fa parte di un loop di cose ripetute all’infinito in modi
diversi.
Il comportamento degli individui non percorre più liberamente il
pensiero degli ispiratori sociali, ma segue il binario del volere della
ragione indotta.
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PENTIMENTO CONCETTUALE
Sorprendentemente, nel corso di una lezione alla Graduate School of
Business di Stanford, Palihapitiya esprime il proprio pentimento con
queste parole: “Abbiamo creato un sistema di gratificazione a breve
termine di like e di feedback, guidato dalla dopamina, che sta
distruggendo il modo normale in cui la società funziona: non sono
cresciute né le discussioni, né la collaborazione, ma solo la
disinformazione e la mistificazione della realtà e quello che dico non è
un problema solo americano, non ha niente a che fare con i post della
propaganda filorussa, ha a che fare con tutto il mondo”.
Ha tenuto poi, a fare un esempio di quanto possa essere deleterio l’uso
distorto di questi mezzi ed ha raccontato un episodio che riguarda
l’India: alcuni falsi post e messaggi che vennero rapidamente diffusi e
condivisi su WhatsApp, parlavano di rapimenti… Questo episodio portò al
linciaggio di sette persone innocenti…Non c’è «nessun discorso civile,
nessuna cooperazione», ma “disinformazione e menzogna”.
Palihapitiya, rincara la dose, tanto per essere certo di non lasciare
dubbi e dice alla platea che lui, cerca “di usare Facebook il meno
possibile, e che non permette ai suoi figli di “usare quella merda”.
Nel suo esposto, ha anche sostenuto di sentirsi “terribilmente in colpa”
per essere stato anche lui responsabile della creazione di Facebook ma
le sue accuse si sono comunque estese a tutto il sistema della rete e
dell’intero sistema di finanziamento della Silicon Valley.
L’ex vicepresidente Facebook, Ha detto che gli investitori pompano
denaro in “imprese schifose, inutili, idiote”, anziché dedicarsi a
problemi reali come il cambiamento climatico e le malattie.
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Palihapitiya adesso si occupa della gestione della sua società di VC,
Social Capital, concentrata sul finanziamento di aziende in settori come
l’assistenza sanitaria e l’istruzione.
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AUTOREVOLI CRITICHE A FB
C’erano già stati in passato, commenti di critica piuttosto aspra nel
giudizio, che mettevano in guardia dei “pericoli” dei “social media”. E’
da Sean Parker, ex presidente di FB, che puntò sull’investimento in
Facebook, che arriva una dichiarazione che da sola basta ad intendere il
messaggio, Parker dice di essere diventato un “obiettore di coscienza”
sui social e denuncia quanto Facebook e altri social network, siano
riusciti a “sfruttare una vulnerabilità nella psicologia umana con un
meccanismo che crea dipendenza come una droga”
Anche Antonio Garcia-Martinez, ex product manager dell’azienda, nel suo
libro “Chaos Monkeys” sul suo lavoro nell’azienda di Mark Zuckerberg,
spiega che Facebook ha mentito sulla capacità di influenzare le persone,
grazie ai dati raccolti su di loro.
Roger McNamee, un uomo d’affari e musicista americano, tra i primi
investitori di Facebook, ha imputato al social di alterare le menti
della gente a colpi di disinformazione.
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DIRITTO DI REPLICA
Anche Facebook ha tenuto a replicare alle accuse dell’ex vicepresidente ed ha resa pubblica una nota dell’azienda:
“Chamath non è a Facebook da oltre 6 anni. Quando Chamath era a
Facebook, eravamo focalizzati sulla costruzione di nuove esperienze sui
social media e sulla crescita di Facebook in tutto il mondo. All’epoca,
Facebook era un’azienda molto diversa e crescendo, ci siamo resi conto
di come anche le nostre responsabilità sono cresciute. Prendiamo molto
seriamente il nostro ruolo e stiamo lavorando duramente per migliorare.
Abbiamo svolto molto lavoro e ricerca con esperti e accademici esterni
per comprendere gli effetti del nostro servizio sul benessere e lo
stiamo utilizzando per lo sviluppo del nostro prodotto. Stiamo anche
facendo investimenti significativi in persone, tecnologie e processi e
come ha detto Mark Zuckerberg, siamo disposti a ridurre la nostra
redditività per garantire che vengano effettuati gli investimenti
giusti”.
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CAPOVOLGERE A NOSTRO BENEFICIO LA RETE
“Siate affamati, siate folli”, fu il messaggio di Steve Jobs il
fondatore della “Apple” tenuto alla Stanford University di Palo Alto il
12 giugno 2005, rivolto ai giovani. Ed è proprio in merito all’essere
“affamati” di notizie che deriva la conseguente manipolazione imputata
dai detrattori dei social, sarà allora necessaria una riduzione della
velocità con la quale riusciamo ad assorbire notizie, input, bisognerà
che iniziamo a prenderci il tempo per valutare ed elaborare le
informazioni che ci arrivano, piuttosto che rispondere impulsivamente
con “like e faccine” a quanto apprendiamo e che altri hanno proposto sul
web.
Il web, deve essere considerato, un ennesimo supporto all’informazione e
non sostituito di essa. Deve rappresentare la conferma o
l’approfondimento di cose già assorbite per canali diversi, ad esempio
la lettura di un libro, ingenera l’architettura fantasiosa del
personaggio o del contesto descritto, costringendo la mente ad un
esercizio di pensiero indipendente che potrà poi trovare suffragio nella
“rete” o esserne smentito. Ma non sarà mai in ogni caso, frutto di
altri. Inoltre un suppporto non etereo, ha la caratteristica della
permanenza fisica, rendondoci possibile “l’appropriarci” del contenuto,
come fosse un viaggio che si potrà ripercorrere all’infinito.
L’assunto che la conoscenza derivi dal web o che esso sia sufficiente,
deve essere ridimensionato, parafrasando Socrate che sosteneva: “io so
di non sapere”, dovremmo far tesoro di tale insegnamento e porci verso
la vita con atteggiamento umile al cospetto di una ricerca culturale
propria.
Dovremmo essere noi a guidare gli impulsi che provengono dalla rete e non esserne invece schiacciati.
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