lunedì 24 dicembre 2018

Il FAZ sulla crisi italiana: le sole soluzioni sono l’uscita dall’Euro o la rivalutazione tedesca

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Su noto giornale quotidiano tedesco FAZ, uno dei più seguiti oltralpe, Lucio Baccaro ha pubblicato un interessante articolo nel quale viene analizzata, con una certa profondità e correttezza, la situazione economica italiana, giungendo a quei risultati concettuali che gli economisti più realistici e sinceri, fra cui noi di scenarieconomici.it siamo giunti da tempo.  Comunque passiamo ad esaminare il materiale.
L’editorialista presenta i dati con notevole correttezza e realismo. Valutando il problema ella scarsa evoluzione della produttività italiana giustamente afferma che una deflazione salariale italiana sarebbe perfettamente inutile per raggiungere questo scopo, in quanto verrebbe ad intervenire in modo negativo sulla domanda aggregata. La produttività del lavoro viene infatti a dipendere dal grado di saturazione dei volumi di produzione, e quindi sa causo un calo salariale vengo a comprimere i volumi produttivi quindi paradossalmente, a comprimere anche la produttività. Inoltre una domanda troppo bassa non porterà allo svolgimento di nuovi investimenti quindi ad un non miglioramento della produttività. Infine la comprensione salariale fungerà da freno agli investimenti stessi perchè comunque il costo del lavoro basso non li renderà economicamente convenienti.

La politica di deflazione tentata in Italia, leggera se confrontata a quella greca e spagnola, ha avuto come risultato solo quello di rendere la pubblica opinione ancora più ostile alla classe politica innescando un processo di contestazione che h portato al governo gialloverde. Sinn ritiene che in realtà il Target 2 sia una sorta di pacchetto di salvataggio nascosto a spese della Germania, ma sino al 2011 il T2 Italiano era positivo e solo con la crisi dell’euro questo valore è sprofondato nel rosso. Inoltre un sistema senza Target 2 , come quello sognato da Sinn che avrebbe obbligato i vari paesi a riforme draconiane, sarebbe saltato già da tempo, o non sarebbe neanche partito o, se il T2 fosse stato concentrato a livello di Banca Centrale come era ante BCE, probabilmente sarebbe stato perfettamente inutile. Del resto l’articolo sottolinea come l’Italia ha fatto forti riforme per la riduzione della spesa pubblica, con un calo della stessa dal 54% del 1993 al 45% del 2007, ma non sono state mai sufficienti perchè gli enormi avanzi primari, che noi sappiamo sono stati fatti sulla pelle dei cittadini, sono sempre stati spiazzati dagli aumenti degli interessi.
Il problema deriva dalla volontà di applicare la “Golden rule” tedesca al’l’Italia, per cui i salari dovrebbero crescere meno della produttività del lavoro, ma questo, in una situazione di produttività non crescente per alo della domanda interna, è devastante ed impossibile da applicare. Tra l’altro a chi dice che l’Italia non ha fatto le riforme l’articolista fa notare che queste , sia dal punto di vista delle privatizzazioni, sia del mercato del lavoro, sono state fatte, ma queste hanno condotto non ad un miglioramento, ma ad un peggioramento della produttività. Questo, noi diamo, è perfettamente ovvio: più flessibilità/privatizzazione, minore quota-salario del PIL , uguale minori consumi a un lato e minori investimenti dei datori di lavoro. Un circolo vizioso devastante che si autoalimenta e che non trova nessun freno in un mondo sindacale autoreferenziale.
Ora le soluzioni identificate dell’autore  sono tre:
  • deflazione salariale interna, tramite un blocco dei salari ed un aumento de costi, che però appare politicamente suicida ed economicamente insensato e controproducente, perchè viene ancora a comprimere la domanda interna;
  • inflazione interna tedesca, che Sinn afferma “Porterebbe ad una rivoluzione dei risparmiatori”, che non ne avrebbero però motivo dato che i loro tassi di interesse e di rendimento crescerebbero a livello nominale. Secondo noi però l’autore sottovaluta la possibilità di un eccessivo afflusso di capitale dalle zone periferiche dove i tassi di inflazione resterebbero più bassi: se  gli interessi obbligazionari reali tedeschi crescono a livello nominale non posso impedire che capitali extra DE vengano ad affluirvi, ma questo da un lato comprimerebbe il rendimento del capitale, dall’altro innescherebbe  una sorta di Ciclo Frenkel di ritorno dai risultati imprevedibili. Un aumento di inflazione tedesco dovrebbe quindi essere accompagnato da una forma, esplicita o implicita, di controllo negli spostamenti dei capitali;
  • uscita concordata dell’Italia dall’Eurozona, secondo una modalità simile a quella già concordata, nel 2015 da Schaeuble e Varoufakis, sulla quale sarebbe interessante intervistare gli ex ministri delle finanze in un faccia a faccia.
Lascio ai lettori la scelta della soluzione più opportuna, ma mi limito a far osservare che dopo decine di articoli stereotipati finalmente perfino la grande stampa popolare tedesca è costretta a presentare i dati reali, oggettivi, della situazione italiana e di di quella germanica, mettendo anche in luce che l’Italia NON ha ricevuto un centesimo dalla Repubblica Federale, anzi è contributore netto e nel caso greco ha finanziato le banche tedesche. Un articolo corretto, scritto bene, e che non vedremo mai pubblicato sulla stampa mainstream nostrana.

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