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Eppure l’Africa resta povera, un continente in crisi, dai modestissimi tassi di sviluppo.
Perché? Le ragioni sono tante, antiche e nuove, ma fanno capo, essenzialmente, a tre grandi problemi: corruzione, rapina delle risorse loro mancata trasformazione in Africa.
La ricchezza africana è trafugata dai grandi gruppi finanziari e industriali internazionali e dalle elite, quasi sempre da questi sostenute, attualmente al potere.
In più le risorse delle quali il continente nero abbonda restano materie prime, come tali esportate a prezzi decisi nelle borse merci del resto del mondo, mai trasformate in loco, senza quindi mai generare sviluppo.
Non c’è bisogno di particolari studi di economia per sapere che lo sviluppo si da solo quando le materie prime vengono trasformate generando così valore aggiunto.
Come affrontare questi nodi? Intanto alcune proposte che sicuramente genererebbero una decisa inversione di tendenza.
1) LOTTA ALLA CORRUZIONE
Vanno resi pubblici i trasferimenti superiori ai 100.000 dollari da parte delle imprese che commerciano con i paesi africani. Ciò metterebbe in crisi i meccanismi di corruzione messi in piedi da queste imprese nei confronti delle elite africane. Alcuni paesi hanno già adottato misure del genere, ma il principio va universalizzato per legge.
Vanno perseguiti e sequestrati i depositi bancari e le acquisizioni immobiliari di esponenti africani nei nostri paesi e le somme in questione vanno destinate a progetti di sviluppo delle comunità africane.
2) TRACCIABILITA’ DELLE MATERIE PRIME
Le aziende che adoperano materie prime di provenienza africana devono renderne pubblici i percorsi di acquisizione. Ciò metterebbe fine a una moltitudine di conflitti in cui bande armate saccheggiano i territori minerari commettendo ogni crimine. Le materie prime così acquisite non sarebbero più commerciabili e tante mattanze avrebbero fine.
Esistono già varie leggi in alcuni dei nostri paesi che tentano di misurarsi con questo problema. L’amministrazione Trump ha invece colpevolmente ridotto l’efficacia di una legge promossa in tal senso dalla precedente amministrazione Obama.
3) REGOLAMENTAZIONE ROYALTIES
Le royalties sono in sostanza le tasse pagate dalle imprese che acquisiscono materie prime al paese in cui queste esistono. E’ un mercato opaco e segnato dalla corruzione. Le imprese vogliono pagare il meno possibile e pagano i funzionari statali africani a tale scopo rubando risorse a quelle popolazioni. Accade così che per l’uranio del Niger si paghi un misero 5%, per i diamanti della Sierra Leone un vergognoso 3% e per i contratti energetici in Africa vengano pagate royalties infinitamente più basse che in altre aree del mondo. Una legge internazionale deve stabilire i minimi delle royalties da pagare.
4) TRASFORMAZIONE E SVILUPPO
L’Africa va messa in condizione di trasformare le sue materie prime. Ciò significherebbe sviluppo e occupazione. E’ insopportabile vedere che l’egoismo del resto del mondo proibisca di fatto, e con ogni mezzo, ogni forma di decollo dello sviluppo africano. E’ intollerabile, ad esempio, che la Costa d’Avorio, tra i primi produttori mondiali di cacao, non produca sul suo suolo neanche una barretta di cioccolato e non per sua volontà.
Un piano internazionale per lo sviluppo del continente africano deve dettare chiaramente un sostegno crescente alla trasformazione in loco delle risorse dei paesi che lo compongono.
E’ bene sottolineare che queste semplici misure oltre a metter fine a più guerre, a rendere più potenti le popolazioni africane nel controllo democratico dei loro budget nazionali, oltre a aprire la strada a speranze di occupazione per i loro giovani ,avrebbero poi l’effetto di bonificare anche le nostre società. La rapina in Africa rende potenti interessi criminali nei nostri territori capaci di finanziare, grazie alla quantità di maltolto e denaro in nero, l’inquinamento delle nostre istituzioni e della nostra vicenda politica.
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