domenica 23 dicembre 2018

Agicoltura & Scienza. La rivoluzione dei semi senza sesso.

Per fare un seme ci vuole un frutto, così cantavamo da bambini. Poi a scuola ci hanno insegnato che il seme contiene un embrione, e che per farlo ci vuole un’ovocellula fecondata dal polline. Il sogno dei genetisti agrari, però, è sempre stato di riuscire a produrre i semi usando soltanto la cellula madre. 

crispr.blog
apomictic rice UC DavisEbbene questo sogno si è realizzato: un gruppo guidato da Venkatesan Sundaresan, dell’Università della California a Davis, ha annunciato su Nature di aver sviluppato una varietà di riso capace di riprodursi efficientemente in modo asessuato. Attraverso semi che sono cloni geneticamente identici e vengono definiti “apomittici”.
Chiariamo subito che non si tratta di un exploit fine a se stesso, né di una semplice curiosità botanica. Questo balzo in avanti ci avvicina all’agricoltura del futuro, perché facilita enormemente il lavoro a chi cerca di migliorare le piante di interesse agrario, per aumentarne la produttività e la resistenza agli stress, anche nel sud del mondo. Potrebbe valere miliardi di euro all’anno.
“Si tratta di un risultato rivoluzionario, che apre la strada all’introduzione dell’apomissia nelle specie sessuali”, conferma Emidio Albertini, che studia la genetica e l’evoluzione di questa modalità di riproduzione asessuata all’università di Perugia.
Questo fenomeno accade naturalmente in circa 400 specie, sia mono che dicotiledoni, ma non si verifica in nessuna delle piante coltivate dall’uomo, che necessitano sempre della riproduzione sessuale. Eppure per gli agricoltori sarebbe utilissimo disporre di piante con caratteristiche superiori capaci di produrre semi identici a loro stesse.
“Non tutti sanno che molte varietà sono commercializzate sotto forma di ibridi. Gli agricoltori non possono utilizzare i semi prodotti da queste piante, perché otterrebbero una progenie molto variabile a causa della ricombinazione genetica legata alla riproduzione sessuale, perdendo il vigore degli ibridi”, spiega Albertini. Per questo da molti decenni è pratica comune rifornirsi di seme ogni anno. L’apomissia invece consentirebbe di riciclare parte dei semi di ogni raccolto, senza penalizzazioni sul piano della resa. Non c’è da stupirsi che sia stata definita il Santo Graal della genetica agraria. Ma come sono riusciti Sundaresan e colleghi a indurla nel riso?
I ricercatori hanno raggiunto il risultato intervenendo, per prima cosa, sull’espressione di un gene detto Baby Boom1, che consente agli embrioni di svilupparsi senza fecondazione. Peccato che gli embrioni così prodotti abbiano soltanto la metà dei cromosomi rispetto alla pianta madre. Per risolvere il problema, dunque, è stato necessario eliminare la meiosi, ovvero il processo di divisione che dimezza il patrimonio genetico delle cellule sessuali. Il sistema per farlo è stato scoperto in Francia da Raphael Mercier, che firma anche questo lavoro. È detto MiMe (una sigla che sta per “mitosi invece di meiosi”) e si basa sull’inattivazione di tre geni. CRISPR ha consentito di metterli fuori uso tutti e tre in un colpo solo, producendo linee mutanti capaci di produrre figli e nipoti perfettamente uguali.
“Senza CRISPR, utilizzando solo gli incroci, riunire insieme tutte queste caratteristiche genetiche sarebbe stato un processo lungo e faticoso”, nota Albertini. L’efficienza del sistema è migliorabile ma già molto buona: i semi apomittici, nel migliore dei casi, sfiorano il 30% della progenie. Tecnicamente si tratta di piante OGM, per le modalità di intervento utilizzate sul gene Baby Boom1, ma è probabile che lo stesso obiettivo possa essere raggiunto usando soltanto l’editing genomico, senza la classica ingegneria genetica.
Ci sono altri geni candidati, che vengono studiati per decifrare la genetica dell’apomissia, a cominciare da Apostart, che è al centro di una collaborazione tra l’Università di Perugia e quella dell’Arizona. Ma la combinazione BabyBoom1-MiMe d’ora in poi sarà la strada maestra. “Si uniranno in tanti, è la svolta che stavamo aspettando. E dopo il riso, il prossimo obiettivo sarà il mais”, prevede Albertini.

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