Dal contraddittorio sviluppo dell’Urss nella seconda metà degli anni trenta, al poderoso sviluppo dei movimenti anticoloniali fra le due guerre
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Link al video della corrispondente lezione tenuta per l’Università popolare Antonio Gramsci
Molti servizi tendenzialmente gratuiti, ma consumi limitati a poco più dell’essenziale
Nell’Urss socialista dei grandi piani quinquennali
scompaiono rapidamente le millenarie piaghe sociali che avevano
flagellato la stragrande maggioranza della popolazione di questo enorme
paese: la fame, la miseria sono debellate e con esse viene
sostanzialmente eliminato l’analfabetismo, che prima della Rivoluzione colpiva oltre il 90% della popolazione. In tal modo il paese dei soviet, che prima della Rivoluzione
era il fanalino di coda in Europa dal punto di vista
dell’alfabetizzazione, era divenuto un paese all’avanguardia a livello
internazionale. Per altro mai nella storia la piaga dell’analfabetismo
era stata debellata in modo così rapido, efficace e deciso.
D’altra parte le esigenze prioritarie fissate dalla pianificazione, con la priorità assegnata allo sviluppo dell’industria pesante, di base e meccanica e all’altrettanto necessario sviluppo dell’Armata rossa
– dinanzi alle minacce sempre più dirette di aggressione di paesi
imperialisti, in primis Germania e Giappone – unitamente alla
risoluzione internazionalista a sostenere i movimenti emancipatori a livello globale, mantengono a un livello appena discreto i salari diretti, mentre sono garantiti a tutti il salario indiretto – di livello decisamente ragguardevole – e differito. Così all’intera popolazione è garantita una abitazione,
anche se talvolta modesta, un impiego retribuito, l’istruzione sino
ai più alti livelli per i meritevoli – e in particolare per i figli
delle classi subalterne – la sanità e una discreta pensione.
Il lato oscuro dell’eccezionale sviluppo
delle forze produttive, dell’egualitarismo e della messa al bando dello
sfruttamento: il centralismo organico o, peggio, burocratico
Il rovescio della medaglia di questo eccezionale
sviluppo delle condizioni di vita materiali e spirituali della grande
maggioranza della popolazione era costituito: dalla limitazione delle libertà politiche e sindacali, al punto che gli scioperi erano stati proibiti – con la giustificazione che i mezzi di produzione erano ormai socializzati – e le stesse elezioni con il monopartitismo, il divieto divenuto stabile delle correnti nel Partito comunista
e l’eliminazione fisica degli oppositori, avevano un valore sempre più
formale che reale. Le opposizioni non solo all’esterno del Partito
comunista, ma anche al suo interno sono sempre meno tollerate.
La dittatura del proletariato, che doveva caratterizzare lo Stato socialista, si era involuta quasi subito, a causa in primo luogo dello stato d’assedio imposto dalle potenze imperialiste, nella dittatura dell’avanguardia della classe operaia organizzata nel partito, per poi divenire, dopo la morte di Lenin e la progressiva messa al bando delle opposizioni,
la dittatura della linea maggioritaria nel Partito – per quanto tale
maggioranza fosse sempre decisamente ampia – per arrivare infine, a
causa del culto della personalità tributato a Stalin,
nei fatti la dittatura del leader supremo. Cosa ancora più grave, i
metodi terroristici di governo ben presto, dopo aver colpito i reali
nemici della Rivoluzione, si erano rivolti contro una parte
significativa dei rivoluzionari della prima ora, poco
avvezzi a eseguire le direttive dall’alto, che sono spazzati via senza
pietà, spesso sulla base di accuse infamanti del tutto campate in aria.
Così, come già avvenuto con la grande rivoluzione borghese francese,
la Rivoluzione finiva con il divorare i suoi stessi principali
artefici.
Paradossi dello sviluppo sovietico
D’altra parte queste aberrazioni sono state, di
fatto, accettare, da un’ampia maggioranza degli iscritti al partito –
generalmente costituita da nuove leve iscrittesi dopo che sotto la
direzione di Stalin il partito di quadri diviene sempre più un partito di massa
– oltre che da buona parte dei cittadini sovietici. Al di là del clima
di terrore, per cui lo schierarsi a difesa dei perseguitati rischiava
di venir interpretato come un sostegno ai presunti traditori, tale uso sempre più indiscriminato del terrore
è stato nei fatti accettato dalla grande maggioranza sulla base della
necessità prima di difendere la rivoluzione dai suoi molteplici nemici –
che ne avevano posto in discussione la stessa sopravvivenza – poi per
consentire uno sviluppo che permettesse al paese di respingere i nuovi e
sempre più agguerriti nemici che si profilavano all’orizzonte con l’affermazione dei fascismi e del nazismo,
infine con la necessità di combattere contro la proditoria
aggressione di questi ultimi una battaglia per la vita e per la morte,
in cui il nemico non faceva prigionieri.
Per quanto concerne gli effetti paradossali dello sviluppo, in questo contesto di uno stato d’emergenza reso permanente dallo stato d’assedio
imposto al paese dall’esterno, occorre ricordare come al poderoso
sviluppo dell’istruzione popolare e del sistema scolastico, fa
riscontro nella cosiddetta età staliniana una crescente involuzione delle belle arti, che avevano raggiunto nei gloriosi anni venti le vette mondiali, per poi, con il progressivo ritorno all’ordine nel corso degli anni trenta, esser progressivamente assoggettate alle necessità pratiche di sopravvivenza del sistema socialista.
Così mentre diversi figli dei proletari accedevano, per la prima
volta, oltre alle più alte cariche dello Stato e dell’esercito anche ai
vertici della cultura, diversi grandi intellettuali che non erano piegati alla progressiva strumentalizzazione dell’arte a fini politico-sociali, per quanto nobili, sono perseguitati duramente e non di rado gli esponenti delle avanguardie storiche sono repressi senza pietà.
Il consenso popolare
Tuttavia, alla vigilia di quella prova decisiva costituita dalla Seconda guerra mondiale, nonostante tutte le contraddizioni,
la grande maggioranza del popolo sovietico appare determinata a
stringersi intorno alla dirigenza del Partito comunista e al suo leader
per difendere il paese dagli aggressori nazi-fascisti e al contempo
salvaguardare le poderose conquiste economico-sociali garantite dalla
rivoluzione. L’aver sottovalutato tale fattore, costerà un prezzo
decisivo agli aggressori nazi-fascisti e imperialisti.
Il grande sviluppo dei movimenti di emancipazione dei popoli coloniali fra le due guerre
Il decisivo contributo del paese dei soviet allo sviluppo dei movimenti di lotta anticoloniali
Fra le principali conseguenze, di portata
storica-universale, della rivoluzione sovietica vi è la inedita
diffusione dei movimenti di lotta per l’autodeterminazione nazionale dei
popoli colonizzati. L’ondata di rivendicazioni politiche e sociali,
che si diffonde dinanzi al terribile macello – cui aveva condotto la
politica sciovinista e imperialista nel corso della Prima guerra mondiale
– e la portentosa spinta propulsiva proveniente dai successi della
Rivoluzione sovietica spinge allo sviluppo di lotte sempre più di massa
nei paesi coloniali, suscitando movimenti di emancipazione che dovevano acquistare nel giro di trent’anni tanta ampiezza
sino a portare, ai giorni nostri, al crollo quasi completo del sistema
coloniale che allora ancora soggiogava in modo diretto e indiretto la
maggioranza della popolazione mondiale.
Lo sviluppo del colonialismo produce inconsapevolmente i suoi becchini, ovvero i movimenti anticoloniali
Lo sviluppo dei movimenti di lotta al colonialismo è favorito dalla modernizzazione forzata
indotta dal processo di colonizzazione, per cui le popolazione
coloniali asservite alle europee attraverso questa dura esperienza si formarono, imparando a usare sia le armi materiali che le armi del pensiero, dal momento che i colonizzatori avevano bisogno di una classe dirigente locale
per meglio soggiogare la popolazione colonizzata e avevano bisogno
anche di un certo numero di lavoratori specializzati da poter
sfruttare.
Inoltre lo sviluppo dei movimenti anticoloniali fu
favorito dalla altrettanto dura esperienza della Prima guerra
imperialistica mondiale, in cui le popolazioni colonizzate sono state
spinte a combattere dai colonizzatori con la promessa di avere, in caso
di vittoria, maggiore autonomia e forme di autogoverno. Dinanzi al
mancato mantenimento di tali promesse e di fronte alla liberazione di
nazioni soggiogate dallo zarismo a opera della Rivoluzione d’Ottobre,
le forze indipendentiste non potevano che rafforzarsi un po’ ovunque.
Tanto più che ottennero ben presto il pieno sostegno dal paese dei
soviet che, già nel 1920. organizza a Baku il primo congresso mondiale dei popoli oppressi, che traccia un primo programma di lotta su base globale al colonialismo.
La Cina di Sun Yat-Sen
Uno dei principali centri di irradiazione del
movimento anticoloniale è la antichissima civiltà cinese, dove già nel
1911 vi era stata una importantissima rivoluzione anticoloniale guidata da Sun Yat-Sen, che aveva gettato le basi per la modernizzazione del paese, l’indipendenza nazionale e l’affermazione della democrazia di contro alle antiche strutture feudali
che ancora dominavano nelle sconfinate campagne. Anche se poi il
governo democratico di Sun Yat-Sen era stato in parte sconfitto da un
esponente di destra dell’esercito, che aveva condotto una politica di
nuovo compiacente con le potenze coloniali, le quali
avevano così riaffermato il controllo sulle risorse economiche di
questo enorme paese. D’altra parte, l’allentarsi del dominio coloniale
occidentale nel corso della Prima guerra mondiale aveva favorito la
modernizzazione del paese, per cui si adoperavano le forze
progressiste, perciò, sebbene la popolazione fosse ancora costituita in
larga parte da contadini asserviti e analfabeti, si erano cominciati a
sviluppare intorno alle industrie dei nuclei urbani e, di conseguenza,
i primi contingenti del proletariato moderno cinese.
Il dualismo di poteri
Nel paese, però, vi erano due governi in carica in guerra fra loro, uno rivoluzionario a Canton egemonizzato dalle forze democratico-nazionali, l’altro a Pechino dove predominavano le forze tradizionaliste e reazionarie,
alleate con i signori della guerra e, generalmente, in combutta con
le potenze imperialiste. D’altra parte nessuno dei due governi appariva
in grado di estendere la propria autorità su questo enorme paese, dal
momento che in diverse province il potere era esercitato di fatto in
modo indipendente da governatori militari.
Nascita e primi sviluppi del partito comunista cinese
La penetrazione del marxismo, a seguito dell’interesse suscitato dalla Rivoluzione russa fra gli intellettuali progressisti cinesi, consente nel 1921 la nascita del Partito comunista cinese. Al congresso costitutivo parteciparono solo 12 delegati, fra cui Mao Tse-Tung, giovane intellettuale rivoluzionario di origine contadina. In un primo momento il partito si dà come programma minimo la realizzazione dei tre princìpi enunciati da Sun Yat-Sen: l’indipendenza nazionale, la democrazia politica e la riforma agraria. Su tali basi si stabilisce una stretta collaborazione con il partito democratico nazionalista Kuo Min-Tang. Tale accordo è cementificato dalla rinuncia dell’Urss, nel 1924, ai privilegi e alle concessioni strappate alla Cina dalla Russia zarista con i trattati diseguali. Perciò, Sun Yat-Sen si serve di istruttori messi a disposizione dai sovietici per organizzare un esercito nazionale, con lo scopo di unificare il paese liberandolo dal dominio dei signori della guerra e degli imperialismi stranieri.
22/12/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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