Secondo un sondaggio del centro ricerche Levada, il 66% dei russi rimpiange l’Unione Sovietica. In un sondaggio analogo l’anno scorso la percentuale era il 58%. Negli ultimi dieci anni questo indicatore non era mai cresciuto oltre il 61%. Il centro Levada sottolinea come una percentuale più alta di quella del 2018 si registrò solamente nel 2000, nel momento di peggior declino complessivo della Russia che aveva messo alla porta l’uomo di paglia dell’occidente, Boris Eltsin, dopo anni di devastazioni sociali, crollo demografico e con l’aggressione alla Jugoslavia. In quell’anno a voler tornare all’Urss si dichiaravano ben il 75% dei russi.
A rimpiangere l’Urss sono, significativamente, i russi di età superiore ai 55 anni, e i giovani tra i 18 e i 24 anni. Le ragioni principali per cui i russi rimpiangono il crollo dell’Unione Sovietica sono la distruzione del sistema economico (52%), la perdita del senso di appartenenza a una grande potenza (36%) e la crescita della sfiducia e del malcontento (31%).
La sociologa Karina Pipiya del Centro Levada, spiega che l’aumento della nostalgia dell’URSS tra i russi più anziani è in gran parte dovuta alla riforma delle pensioni. Secondo la studiosa, i sentimenti della popolazione sono legati al benessere dell’epoca sovietica, soprattutto nel contesto di insicurezza sui problemi di benessere nel presente.
Tra i giovani, invece, secondo la sociologa si tratta di una sorta di “romanticizzazione” dell’Unione Sovietica, che tuttavia può portare alla giustificazione di argomenti inaccettabili, a parere dell’esperta, per la Russia post-sovietica.
“Le persone solitamente motivano la propria nostalgia per l’Urss con la percezione irrazionale di un’economia più forte e prosperosa rispetto a quella odierna, dimenticandosi completamente che all’epoca mancavano beni primari e aiuti assistenziali per i meno abbienti”, osserva la studiosa.
La Pipiya segnala oltretutto come una scarsa conoscenza del passato sovietico, specialmente tra i più giovani, possa portare in futuro ad azioni pericolose, dalla riabilitazione delle purghe staliniane fino alla riscrittura della storia. Un giudizio quantomeno molto, ma molto, soggettivo della sociologa.
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