Fabrizio Barca e Flavia Terribile osservano che
la disattenzione per le ineguaglianze è causa primaria della crisi del
capitalismo e dello scollamento tra classi dirigenti e ampie fasce della
popolazione;ricordano che nell’Agenda 2030 dell’ONU la riduzione delle
disuguaglianze è una dimensione irrinunciabile dello sviluppo, anche dei
paesi avanzati; e, richiamando anche l’attività dell’ASviS, considerano
questa un’occasione da non perdere per concentrare l’attenzione e il
confronto su alcuni indicatori di disuguaglianza e sulla valutazione
delle politiche per ridurla.
La versione integrale di questo articolo è pubblicata sulla newsletter dell’ASviS.
Con l’adozione dell’Agenda 2030 delle
Nazioni Unite e degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile a essa
collegati, la riduzione delle disuguaglianze all’interno e fra Paesi
viene riconosciuta come requisito essenziale dello sviluppo. Negli
ultimi 30 anni il divario tra ricchi e poveri ha raggiunto il suo
livello più alto in un gran numero di Paesi OCSE. Il 10 per cento della
popolazione più agiata dell’area OCSE ha un reddito di oltre 9,5 volte
superiore a quello del 10 per cento più povero; nel 1980 tale rapporto
era 7 volte superiore. A livello mondiale le disparità di reddito sono
considerevolmente più ampie di quelle rilevate nelle economie avanzate,
con differenze regionali significative sia nei livelli sia nella
dinamica. Ovunque esse si associano ad ancor più forti disparità nella
distribuzione della ricchezza e nell’accesso a servizi fondamentali di
qualità.
A livello generale, e con un approccio apprezzabile ma che prescinde dai contesti, l’Obiettivo 10 dell’Agenda 2030,“Ridurre le disuguaglianze all’interno e fra le Nazioni”,
si articola in diversi target che, da una parte,monitorano, attraverso
l’uso di indicatori, l’inclusione sociale, economica e politica di tutti
i cittadini, senza discriminazioni di età, sesso, disabilità, razza,
etnia, religione e, dall’altra, puntano sull’adozione di riforme e
politiche per la promozione di una maggiore eguaglianza (azioni e misure
fiscali, salariali, di protezione sociale, politiche migratorie e di
aiuto allo sviluppo, regolamentazione dei mercati finanziari e delle
istituzioni globali). Partendo da questo impianto, è possibile per
l’Italia impegnarsi nella ricerca condivisa di una nuvola di indicatori
di disuguaglianza che costituiscano un terreno concreto di confronto nel
pubblico dibattito e nella costruzione e valutazione delle politiche.
Nel fare questo abbiamo l’opportunità e
il dovere di partire dalla nostra Costituzione, quando, con una sintesi
culturale mirabile e di assoluta modernità, impegna la Repubblica a “rimuovere
gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la
libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”E’ questa la base, la bussola e la ragione delle iniziative che l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS)
sta portando avanti su questo Obiettivo; come anche quelle di un
progetto di ricerca-azione che la Fondazione Basso – a cui uno degli
scriventi appartiene – si appresta a lanciare.
Il benessere delle persone è un concetto
multidimensionale che dipende non solo dalle risorse economiche
disponibili, ma da tutte le componenti della vita umana: la salute e la
possibilità di curarsi, la qualità delle abitazioni, l’accesso e la
qualità della scuola, lo stato dell’ambiente, la dignità con cui
camminiamo per strada e ci relazioniamo agli altri, la partecipazione
autonoma al processo produttivo, l’accesso alle conoscenze e alle
innovazioni tecnologiche, etc.Tali aspetti risentono fortemente, a loro
volta, in ogni Paese, della cultura e delle regole nazionali, ma anche
degli specifici contesti territoriali e familiari.
Su queste basi, possiamo interpretare l’Obiettivo 10 dell’Agenda ONU di “riduzione dell’ineguaglianza”nel più ampio senso di “aumento dell’inclusione sociale”, riferendoci
con questo termine alla condizione in cui tutte le persone hanno
l’opportunità di affrontare la vita che desiderano vivere, in modo
indipendente dalle circostanze della propria nascita (famiglia,
contesto, luogo). Facciamo dunque riferimento alle persone nei luoghi,
tenendo conto, ove possibile, sia dei divari fra aree (ad esempio fra
“poli urbani” e “aree interne”), sia dei divari interni agli stessi
sistemi territoriali. Per ciascun individuo, consideriamo le diverse
dimensioni del suo “star bene”: dal reddito, alla salute,
all’istruzione, alla dignità, alla partecipazione al processo produttivo
e alle decisioni pubbliche. Si noti che questa prospettiva, oltre al
piano dell’eguaglianza, abbraccia anche il piano dell’efficienza, ossia della capacità del sistema di promuovere innovazione e una crescita di lungo termine.
Nel selezionare una batteria di
indicatori che colgano per il nostro Paese i profili più rilevanti
dell’inclusione sociale – sui quali concentrare l’impegno per una
rilevazione tempestiva, una comunicazione aperta e un’azione pubblica –
si partirà da quelli collegati all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, con
riferimento sia all’Obiettivo 10, sia ad altri Obiettivi. Essi verranno
quindi modificati, adattati e integrati con indicatori appropriati per
il contesto italiano. Il risultato deve essere immaginato come il primo
stadio di un processo che, attraverso l’attivismo dei cittadini, delle
istituzioni e dei corpi intermedi, valutando e discutendo i segnali che
vengono da questi indicatori, li modifichi e integri, facendone
strumento per la proposta di interventi e per il loro monitoraggio.
Per effettuare la selezione degli
indicatori è utile partire da una possibile ripartizione in categorie
delle dimensioni rilevanti per valutare l’ineguaglianza (lo schema che
segue è stato discusso ed elaborato nel contesto del Gruppo di lavoro
dell’ASviS sull’Obiettivo 10). Prima di tutto:
- Accesso e qualità dei servizi fondamentali
- Ruolo autonomo nel sistema di produzione
- Partecipazione alle pubbliche decisioni
A queste tre dimensioni si
affiancano ovviamente reddito e ricchezza che se, da una parte, colgono
il “risultato” di tutte le altre dimensioni, dall’altra, rappresentano
una determinante della capacità di una persona di far fronte alle spese
necessarie sia per il sostentamento e il benessere fisico
(alimentazione, abitazione, salute) sia per l’effettiva partecipazione
alla vita della collettività. Ecco dunque la quarta dimensione:
- Reddito e ricchezza
Si tratta di quattro dimensioni dell’inclusione sociale prese espressamente in considerazione dalla Costituzione Italiana. La capacità di accedere a servizi di qualità è tutelata dall’articolo 3 e dagli articoli 32, 34 e 38 (comma 3) della nostra Costituzione. La capacità di avere un ruolo autonomo nel sistema di produzione
è tutelata per i lavoratori, dall’articolo 3 e dagli articoli 35-37,
39-40 e 46; mentre per gli imprenditori la tutela può essere trovata
negli articoli 42-44 e 47.La partecipazione, indiretta (per via elettorale) e diretta, alle pubbliche decisioni
è tutelata da un complesso di articoli costituzionali (in particolare,
artt. 1, 17-18, 48-51, 71, 75, 138). Il contenimento delle
diseguaglianze nel reddito e nella ricchezza trova tutela
costituzionale diretta,oltre che nell’articolo 3, negli articoli 36-38 e
53 (quella indiretta passa per gli articoli che affrontano le altre tre
dimensioni da cui questa dipende).
Più in dettaglio, per quanto riguarda la dimensione 1. Accesso e qualità dei servizi fondamentali, scegliamo di concentrare l’attenzione su due categorie di servizi fondamentali: Istruzione(dai servizi per l’infanzia all’Università, tenendo conto delle condizioni di contesto, familiari e territoriali) e Salute(includendo
profili sanitari e sociali). Questa scelta, oltre che dal loro
straordinario rilievo, è giustificata dagli espliciti impegni che la
Costituzione contiene a loro riguardo.Per la selezione degli indicatori,
si potrà fare riferimento agli indicatori collegati agli Obiettivi 3 e 4
dell’Agenda ONU 2030 e verranno utilizzati gli indicatori già
disponibili per l’Italia (ad esempio, gli indicatori ISTAT sul Benessere
Equo e Sostenibile o, a un livello territoriale più fine, quelli
utilizzati nella Strategia Nazionale Aree Interne).
Per entrambi i servizi, si dovrà tenere conto sia dell’accesso
effettivo ai servizi (l’offerta è adeguata alla domanda e quest’ultima è
consapevole dell’offerta), sia della qualità del servizio (indipendenza
della qualità dalle caratteristiche dei fruitori).
Per la dimensione 2. Ruolo autonomo nel sistema di produzione, è necessaria un’ulteriore ripartizione tra imprenditori e lavoratori. Per i target di maggior rilievo troviamo opportuni riferimenti nella stessa Agenda ONU 2030 (a cui rinviamo con la relativa numerazione).
Per gli imprenditori,possiamo considerare i due profili di Accesso al controllo delle imprese, colto in parte dai target/azioni delle Nazioni Unite 1.4, 5.6.a, 8.3; e di Accesso al credito, colto dai target ONU 1.4 (poveri), 5.6.a (donne), 8.3 (PMI), 8.10 (generale), 9.3 (PMI), 10.5 (regolazione).
Per i lavoratori(nel senso di autonomia del lavoro ed effettiva partecipazione), possiamo considerare i due profili di Accesso alle conoscenze e al capitale immateriale, colto dai target ONU
1.4 (accesso a nuove tecnologie), 15.6 (riferito a patrimonio
genetico), 17.6-17.7-17.8 (diffusione e accesso a tecnologie); e di Reciproca collaborazione nell’impresa ed effettiva partecipazione,colta dai target ONU 8.5 (lavoro dignitoso) e 8.8 (diritti del lavoro).
Per quanto riguarda la dimensione 3. Partecipazione alle pubbliche decisioni,
l’Agenda 2030 indica i target 16.6 (istituzioni trasparenti e
verificabili), 16.10 (accesso pubblico alle informazioni) e 16.7
(processo decisionale inclusivo e partecipativo). La relativa vaghezza
di tali riferimenti e degli indicatori proposti, soprattutto rispetto
alla ricchezza delle forme di democrazia deliberativa oggi esistenti in
tutto il mondo, e l’importanza di questo profilo, anche per l’Italia,
richiedono un forte impegno nella selezione di alcuni indicatori
rilevanti per questa dimensione.
Infine, per quanto riguarda la dimensione 4. Reddito e ricchezza,
come evidenziato dall’ampia letteratura scientifica esistente, i
problemi teorici ed empirici che si riscontrano nella stima del livello e
della dinamica della disuguaglianza (eventualmente disaggregati per
classi di età, sesso, territori) impongono di prestare grande attenzione
alla qualità e alla comparabilità dei dati,alle caratteristiche degli
strumenti statistici e alle metodologie utilizzate (Cfr. AtkinsonA.B.,
BrandoliniA., “Promise and pitfalls in the use of “secondary” data-sets:
income inequality in OECD countries as a case study”, Journal of economic literature,
2001). Per l’Italia particolare attenzione andrà attribuita al sistema
impositivo(grado di progressività del nostro sistema rispetto ad altri
Paesi), teorico ed effettivo (peso dell’evasione ed elusione sulla
distribuzione dei redditi), anche in relazione al chiaro dettato
costituzionale.
Considerato il rilievo del fenomeno
migratorio, sia in termini quantitativi sia di sfida ai principi di
eguaglianza sostanziale contenuti nell’Agenda 2030 e nel nostro impianto
costituzionale (tanto per gli immigranti che per la popolazione
ospitante), si avrà cura di individuare, all’interno di almeno una delle
quattro dimensioni, alcuni indicatori che possano consentire di
monitorare il grado di inclusione sociale delle persone immigrate. Sul
piano delle azioni pubbliche sarà opportuno accendere un faro sul
confronto parlamentare sullo ius soli.
Per ciascuna dimensione, infine, gli
indicatori selezionati, oltre a evidenti requisiti di robustezza
statistica, dovranno soddisfare due requisiti:a) essere sufficientemente
“vicini alle politiche” (per mettere i decisori pubblici in grado di
valutare le conseguenze delle proprie azioni); b) essere, ove possibile,
disponibili a livello territoriale.Tanto più gli indicatori selezionati
risponderanno a questi requisiti, tanto più essi potranno costituire un
punto di riferimento per un confronto pubblico acceso, aperto,
informato e ragionevole (Cfr. Barca F., “L’idea di giustizia di Amartya Sen: sintesi e osservazioni per l’uso quotidiano” Parole Chiave,
53,2015), che innalzi la capacità sia dell’azione pubblica, sia delle
battaglie politiche e di cittadinanza attiva, di rendere chiari e di
monitorare i propri obiettivi sul fronte della riduzione delle
disuguaglianze.
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