dolcevita
Non è la prima volta che dobbiamo correre a riparare i danni prodotto dal sensazionalismo tipico dei giornali, e spesso sullo stesso tema: la presunta legalizzazione della coltivazione di cannabis a scopo personale. Ci siamo anche un po’ rotti le scatole in verità ma, nostro malgrado, è necessario farlo vista la confusione e le false aspettative che ogni volta si generano.
Negli ultimi due giorni avrete potuto leggere la stessa notizia su quasi tutti i siti. La solita logica malata, parte uno e poi tutti dietro con il copia-incolla. “Coltivare una piantina di marijuana sul balcone di casa non è reato” (Huffington Post); “Non è reato coltivare una piantina di marijuana sul balcone” (Il Sole 24 Ore); “Coltivare cannabis sul terrazzo è legale” (Italia Oggi). E altre decine di titoli tutti dello stesso tenore.
La notizia è partita dall’ultima sentenza della Corte di Cassazione (a questo link disponibile in versione completa), la cui sesta sezione penale ha stabilito il non luogo a procedere verso un cittadino siciliano che era stato trovato con una sola pianta di cannabis coltivata in terrazzo. Ma una sentenza, anche se della Cassazione, non fa giurisprudenza. Basta una piccola ricerca storica per verificarlo.
Non solo il fatto che la Cassazione abbia stabilito, in questo singolo caso, il non luogo a procedere non significa che in altri tribunali un imputato per la stessa condotta non possa essere processato ed eventualmente condannato: molto spesso le sentenze della Cassazione si contraddicono a distanza di pochi mesi.
Già nel luglio 2011 la Cassazione sentenziò in maniera analoga, sancendo la non punibilità della coltivazione di una pianta, nell’agosto 2014 confermò e anzi rafforzò l’orientamento assolvendo un uomo accusato della coltivazione di due piante, poi nel settembre 2015 cambiò improvvisamente avviso, confermando la condanna di un uomo per la coltivazione di tre piantine a scopo personale.
Oggi questa nuova sentenza rappresenta una buona notizia più per il singolo cittadino interessato che non per tutti. Nel senso che, come abbiamo visto, ciò non toglie che tra qualche mese qualcun’altro non possa essere condannato per la stessa identica condotta.
Fino a quando non vi sarà un intervento legislativo sul tema dell’autocoltivazione il diritto rimarrà così, come sulle montagne russe, in preda all’orientamento dei singoli giudici (o delle diverse sezioni della Cassazione). Inoltre ad una eventuale sentenza della Cassazione ci si arriva dopo il processo in Tribunale e dopo importanti spese legali, e nessuna eventuale assoluzione può eliminare le sanzioni amministrative, anche molto pesanti (dalla sospensione della patente fino al divieto di espatrio) che colpiscono chiunque venga trovato in possesso di cannabis.
La legalizzazione ovviamente è ben altra cosa, speriamo che anche nelle redazioni degli altri giornali lo capiscano una volta per tutte.
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