giovedì 29 settembre 2016

Libro. "La natura esposta" (Feltrinelli). Per capire il dramma dei profughi, cari politici distratti, leggete Erri De Luca.

ERRI DE LUCAOgni volta ci stupisce, ogni volta ci lascia senza fiato. Ogni volta ci fa capire: non è vero che dopo Borges gli aggettivi sono diventati difficili da maneggiare. 



..."Ho imparato da voi a essere nessuno. Tengo gli occhi bassi e questo mi fa scomparire, li alzo e appaio di nuovo. Sto zitto e sono accolto, parlo per chiedere un'informazione e sono respinto. Preferite nessuno. Va bene, facciamo che non esistiamo uno per l'altro. Tu no, ti siedi, racconti, domandi. Tu sei qualcuno e fai diventare qualcuno anche me"... 
 
Tra tante miserie letterarie, possiamo metterci come fiore all'occhiello uno scrittore che conosce i segreti e le alchimie del narrare: Erri De Luca. Ci vengono in mente i versi di Seamus Heaney: "Tra il mio pollice e l'indice riposa la tozza penna. Scaverò con questa".
Lo scrittore napoletano è uno che scava: nelle vene delle parole, nei labirinti delle storie, nel caos dell'animo umano. I suoi libri sono folgoranti di immagini e di dolori e di passioni. Così anche questa sua ultima, illuminante opera: "La natura esposta" (Feltrinelli). È la vicenda di un uomo dai mille mestieri, ma soprattutto uno scultore restauratore di statue, di piccoli dettagli da riparare, nasi e mani, un tipo silenzioso, che abita in un paese vicino al confine. Da qui, con gli amici di sempre, il fornaio e il fabbro, aiuta stranieri smarriti, profughi perduti, ad andare dall'altra parte attraverso passaggi impervi. Si fanno pagare, ma finita la traversata, il protagonista restituisce il denaro, e se ne va, senza nemmeno voler sentire un "grazie".
Ma quel suo gesto finisce per essere svelato da uno scrittore in un libro, "uno di quelli che avevo accompagnato un anno fa".
Il piccolo paese viene invaso da cronisti, finisce sulle pagine dei giornali, in Tv, arriva anche la finanza, e le cose si mettono male per chi ha fatto di generosità virtù. Il fornaio e il fabbro, consapevoli di poter perdere quel lavoro, lo minacciano. E per lo scultore si tratta di cambiare aria, di svernare andando al mare. Qui trova da restaurare una statua, di un giovane artista sconosciuto dei primi del 1900. Un cristo nudo. Sì, nudo. Ma dopo il Concilio di Trento, la Chiesa impone di coprire le nudità. Il giovane si oppone, così il panneggio viene posto, con un "brutto panno", da un altro.
Arriviamo ai giorni nostri: il protagonista viene incaricato dal parroco, proveniente dall'America Latina, su ordine del Vescovo e alla luce delle ultime volontà della Chiesa, il dogma del far vedere e del non nascondere, di togliere quel panneggio e di restituire il lavoro alla sua pienezza, alla sua realtà. E qui, lo scultore scopre, anche grazie a una fotografia del 24 dicembre 1921 pubblicata su una rivista, che "in quel corpo morente si manifesta un principio di erezione".
La vicenda si dipana, tra un viaggio a Napoli, le riflessioni teologiche con un rabbino e un un operaio musulmano algerino, profondi pensieri sul Crocifisso, il dramma di lascia la propria terra e parte per ripartire, l'incontro con una donna misteriosa e con un omicidio mancato, con il lavoro, quel lavoro, da portare a termine. Siamo di fronte a un'altra opera preziosa di Erri De Luca. E ogni pagina, ogni frase, ogni parola ci invitano alla sottolineatura, per ritrovarle.
Nella terra dei transiti i profughi "parlano lingue che fanno il rumore di un fiume lontano". Oppure: "Il nostro non è un villaggio per donne. Sono partite per la città, sposate o no. Hanno per tradizione di bellezza l'incrocio con genti di passaggio. Hanno la carovana nel sangue. I maschi restano, qui da noi il mondo va con questo rovescio e ci sta bene. Siamo rimasti un paese di uomini e bestie".
E ancora: "All'ora di cena un pescatore porta una copia del Corano, tirata su con le reti. La consegna all'operaio algerino. Le pagine sono gonfie di acqua marina e salsedine asciugata dal vento. L'operaio le riceve con due mani aperte a vassoio, bacia la carta. Il pescatore dice che tirano a bordo ogni specie di bagagliaio, anche i corpi disfatti di chi li portava. Quelli li rimettono in mare con la preghiera dell'eterno riposo". E si resta storditi meraviglia di fronte al protagonista e all'operaio algerino a cena insieme in una taverna: "intingiamo il pane dentro la scodella di coccio messa tra noi due. Veniamo da paesi di entroterra e mangiamo insieme l'intruglio di pesci spolpati dalla cottura. Per pudore non bevo vino. Per pudore non chiedo da quale tempesta di sabbia proviene il suo viaggio.
"Ho imparato da voi a essere nessuno. Tengo gli occhi bassi e questo mi fa scomparire, li alzo e appaio di nuovo. Sto zitto e sono accolto, parlo per chiedere un'informazione e sono respinto. Preferite nessuno. Va bene, facciamo che non esistiamo uno per l'altro. Tu no, ti siedi, racconti, domandi. Tu sei qualcuno e fai diventare qualcuno anche me". Serve altro? Politici di casa nostra, così distratti di fronte al dramma di tanti essere umani, leggete e rileggete Erri De Luca.

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