Evitiamo
di ripetere il coro polemico che si è alzato ieri sera dalle finte
opposizioni parlamentari: era assolutamente ovvio che sarebbe stata
scelta la data più lontana possibile (il governo, per legge, poteva
decidere entro un ventaglio tra i 50 e i 70 giorni), per i motivi che
tutti conoscono: il governo sa che in questo momento è perdente (al
contrario di quanto si pensava prima del voto amministrativo di giugno,
che lo ha azzoppato molto più del previsto), cercherà di sfruttare il
tempo per recuperare il margine di vantaggio del NO, usando ovviamente
soprattutto la legge di stabilità per distribuire promesse.
Promesse di mancia,
ma niente affatto sicure. Tra il 4 e il 31 dicembre, infatti, c'è un
abisso. E la legge di bilancio per il 2017 vedrà la sua forma definitiva
solo dopo l'approvazione della Commissione Europea. Quindi, quel che
verrà detto fino al 4 potrà (e dovrà, secondo i vertici della Troika, da
Kuncker a Dijsselbloem, da Weidmann a Merkel e Schaeuble) essere
cancellato con un tratto di penna.
A
leggere i giornali di stamattina – che anticipano il consiglio dei
ministri del pomeriggio, in cui appunto di discuterà della nota di
aggiornamento al Documento di economia e finanza, da presentare a metà
mese alla Commissione Europea – si vede con facilità lo sforzo
governativo di conquistare consensi. Un esempio? L'Ape (anticipo
pensionistico per gli over 63) è stato immediatamente sputtanato come un
presa in giro pensata per portare altri soldi alle banche, costringendo
i pensionandi ad accendere un mutuo supplementare per pagarsi la
pensione negli anni che mancano al limite fissato dalla Fornero? Bene,
si promette che sarà gratuito fino a 1.500 euro mensili (netti? Lordi?
Impossibile saperlo). Una decisione che porterebbe la spesa prevista a
600 milioni, anziché i 300 inizialmente ipotizzati. Ma che importa?
Tanto non si tratta di una misura che debba andare in porto sul serio,
perlomeno nei limiti indicati. Altre esempio? Più quattordicesime nelle
pensioni fino a 1.000 euro! Chi può opporsi? Nessuno. Ci sono i soldi?
Vedremo.
Tutto
così, pillole distribuite ai media mainstream perché ci ricamino sopra
un'immagine “socialmente sensibile” di quel governo che, nel frattempo,
sta tagliando nella sanità persino gli interventi alla cataratta e gli anticoncezionali per le donne con patologie rilevanti.
Il referendum deciderà del futuro costituzionale di questo paese. E quanto c'è da perdere è possibile capirlo anche dalla truffa contenuta nel quesito referendario proposto dal governo, ridotto a una serie di messaggi pubblicitari pro domo sua).
Da
qui al 4 dicembre sarà battaglia a tutto campo. Il governo e i suoi
sponsor multinazionali useranno tutti i mezzi, senza limiti di spesa,
per instillare la paura di un salto nel vuoto nel caso vincesse il NO
(basta guardare il dinamismo interventista dell'ambasciatore statunitense in
Italia). E proprio il terrorismo mediatizzato sembra l'ultima arma in
mano a quel potere per far passare la propria gestione della crisi. Un
terrorismo che non sempre produce il risultato voluto, come si è potuto
vedere con il voto sulla Brexit, ma che semina egualmente sconcerto e persino morti.
Non
staremo a guardare, questo è sicuro. Cominciamo a preparare le due
giornate del 21 e 22 ottobre (sciopero generale indetto da Usb, SinCobas
e Usi, acampada notturna a San Giovanni e manifestazione nazionale il giorno dopo a Roma, come Coordinamento per NO sociale alla controriforma costituzionale).
Sarà quello il punto di partenza vero per la volata che il 4 dicembre
spazzerà via il pupazzo Renzi e metterà un po' più in crisi i suoi
burattinai.
Nessun commento:
Posta un commento