Un’aria sporca che miete
milioni di vittime ogni anno, soprattutto nei paesi poveri e più esposti
ai fumi di combustibili, mezzi di trasporto inefficienti, centrali a
carbone e rifiuti inceneriti.
Che l’aria della Terra fosse inquinata era un dato ormai
assodato, ma stupisce sapere che nel mondo meno di una persona su dieci
ha la fortuna di respirare aria buona: il 92% della popolazione mondiale
vive in aree in cui l’inquinamento atmosferico supera il limite massimo
stabilito dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
Un’aria sporca che miete milioni di vittime ogni anno, soprattutto nei paesi poveri e più esposti ai fumi di combustibili, mezzi di trasporto inefficienti, centrali a carbone e rifiuti inceneriti. Sono tre milioni le morti associabili ogni anno all’inquinamento atmosferico all’aperto, ma anche l’aria che si respira al chiuso, in casa e nel luogo di lavoro, può essere ugualmente letale. Nel 2012 l’Oms stima che siano 6,5 milioni i decessi legati all’inquinamento indoor e outdoor: ogni nove persone che muoiono nel mondo, una cade anche per via di quello che ha inalato. Circa il 90% delle morti riguardano Paesi a reddito medio-basso, e i due terzi si registrano nel Sudest asiatico e nel Pacifico occidentale. Il 94% dei decessi, prosegue l’Oms, è dovuto a malattie non trasmissibili: malattie cardiovascolari, ictus, broncopneumopatia cronica ostruttiva e cancro ai polmoni.
Nel mondo – riporta l’Ansa – è la Cina il Paese che paga il prezzo più alto per le polveri sottili in termini di vite, con oltre un milione di decessi in un solo anno. Per l’esattezza nel 2012 sono stati 1,03 milioni i cinesi morti per cause riconducibili alla scarsa qualità dell’aria, in India 621 mila e in Russia 140 mila.
In Italia le morti si attestano intorno alle 21mila, di cui circa 6.400 per cancro ai polmoni, 5.800 per ictus, 8.300 per malattie cardiovascolari. La Penisola conta più vittime rispetto a Francia (11mila), Spagna (6.800) e Regno Unito (16mila). La Germania ne ha 26mila, la Polonia 26.600, l’Ucraina addirittura 54mila, ma non mancano le oasi felici come la Svezia, che arriva appena a 40. Nel resto del globo, in Usa l’aria inquinata fa 38mila vittime, in Giappone 30mila, in Australia solo 93.
A livello demografico, tubi di scappamento, camini e centrali elettriche non danneggiano tutti in egual misura. “L’inquinamento atmosferico continua a colpire le fasce di popolazione più vulnerabili: donne, bambini e anziani”, spiega Flavia Bustreo, vice direttrice generale dell’Oms. “Per essere in buona salute, le persone dovrebbero inalare aria pulita dal primo all’ultimo respiro”. Obiettivo che al momento appare irraggiungibile, ma verso cui la comunità internazionale si sta orientando. Un anno fa tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile è stata inserita la “riduzione sostanziale” entro il 2030 di morti e malattie per inquinamento dell’aria.
Un’aria sporca che miete milioni di vittime ogni anno, soprattutto nei paesi poveri e più esposti ai fumi di combustibili, mezzi di trasporto inefficienti, centrali a carbone e rifiuti inceneriti. Sono tre milioni le morti associabili ogni anno all’inquinamento atmosferico all’aperto, ma anche l’aria che si respira al chiuso, in casa e nel luogo di lavoro, può essere ugualmente letale. Nel 2012 l’Oms stima che siano 6,5 milioni i decessi legati all’inquinamento indoor e outdoor: ogni nove persone che muoiono nel mondo, una cade anche per via di quello che ha inalato. Circa il 90% delle morti riguardano Paesi a reddito medio-basso, e i due terzi si registrano nel Sudest asiatico e nel Pacifico occidentale. Il 94% dei decessi, prosegue l’Oms, è dovuto a malattie non trasmissibili: malattie cardiovascolari, ictus, broncopneumopatia cronica ostruttiva e cancro ai polmoni.
Nel mondo – riporta l’Ansa – è la Cina il Paese che paga il prezzo più alto per le polveri sottili in termini di vite, con oltre un milione di decessi in un solo anno. Per l’esattezza nel 2012 sono stati 1,03 milioni i cinesi morti per cause riconducibili alla scarsa qualità dell’aria, in India 621 mila e in Russia 140 mila.
In Italia le morti si attestano intorno alle 21mila, di cui circa 6.400 per cancro ai polmoni, 5.800 per ictus, 8.300 per malattie cardiovascolari. La Penisola conta più vittime rispetto a Francia (11mila), Spagna (6.800) e Regno Unito (16mila). La Germania ne ha 26mila, la Polonia 26.600, l’Ucraina addirittura 54mila, ma non mancano le oasi felici come la Svezia, che arriva appena a 40. Nel resto del globo, in Usa l’aria inquinata fa 38mila vittime, in Giappone 30mila, in Australia solo 93.
A livello demografico, tubi di scappamento, camini e centrali elettriche non danneggiano tutti in egual misura. “L’inquinamento atmosferico continua a colpire le fasce di popolazione più vulnerabili: donne, bambini e anziani”, spiega Flavia Bustreo, vice direttrice generale dell’Oms. “Per essere in buona salute, le persone dovrebbero inalare aria pulita dal primo all’ultimo respiro”. Obiettivo che al momento appare irraggiungibile, ma verso cui la comunità internazionale si sta orientando. Un anno fa tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile è stata inserita la “riduzione sostanziale” entro il 2030 di morti e malattie per inquinamento dell’aria.
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