Ora, però, c'è un fatto politico-economico preciso e chiaro: il Comune di Roma dice no alla candidatura per le Olimpiadi 2024.
Per
quanto preannunciata da Beppe Grillo e da tutti i “direttori”, la
decisione sembrava comunque lacerante e incerta. Il dado è stato infine
tratto e si tratta di un colpo serio – senza esagerarne la portata – al
“sistema Roma” che ha spadroneggiato fin qui, all'incrocio tra
speculazione edilizia, interessi dei palazzinari e degli specialisti in
“grandi eventi” che portano regolarmente miliardi in tasche privatissime
lasciando tramortite le casse pubbliche (peraltro ufficialmente vuote).
Se
n'era avuta un'avvisaglia seria all'ora di pranzo, quando il presidente
del Coni – l'immortale Giovanni Malagò, quasi sempre in coppia con Luca
Cordero di Montezemolo – si è presentato in Campidoglio senza riuscire a
vedere la sindaca, Virginia Raggi. Dopo 35 minuti di attesa,
evidentemente troppi per le sue abitudini, se n'è andato inferocito
sprizzando veleno da tutti i pori.
Poco
dopo, alle 15.30, la Raggi ha iniziato la conferenza stampa in cui
doveva essere ufficializzata una scelta in ogni caso importante.
«No
alle Olimpiadi del mattone», è stato il cuore della sua sortita, in cui
ha citato il noto studio dell’università di Oxford: «Il budget è stato
sforato quasi sempre, almeno del 50%. E anche di più: a Montreal del
720%, a Barcellona del 266%». Cifre e dinamiche ben note, diverse da
paese a paese solo per l'entità e non per la sostanza; tanto meno per gli
interessi, ovunque rappresentati da quell'”eventismo” che usa qualsiasi
tema, per quanto nobile e popolare (e lo sport lo è sicuramente), per
trafficare sottobanco senza peraltro creare alcun posto di lavoro
stabile. Gli eventi, infatti, sono un affare soltanto per i costruttori e
l'indotto temporaneo legato alla celebrazione; dopo resta un deserto
difficile persino da riciclare – basta guardare l'Expo di Milano – e a
cui nessuno sembra più interessato.
"Non
abbiamo mai cambiato idea, abbiamo rafforzato la nostra posizione. Ci
viene chiesto di assumere altri debiti, noi non ce la sentiamo", ha
spiegato poi la sindaca. Un buco nero, quello lasciato dalle
amministrazioni precedenti, che sembra terrorizzare chiunque venga
convocato per proporgli l'assessorato al Bilancio. E non c'è dubbio che
l'amministrazione comunale, nell'eventualità di un sì alla candidatura
(ottenere l'assegnazione era tutto un altro discorso, viste le città
concorrenti), avrebbe dovuto impegnare risorse ingenti – e inesistenti,
dunque allargando il debito – senza neppure la certezza di ottenere
risultati. Per non parlare poi di cosa sarebbe accaduto ad assegnazione
ottenuta…
"il
dossier del Coni dice che 4 miliardi per Roma ci saranno da Regione e
Stato anche se non si faranno le Olimpiadi", ha rivelato poi il
presidente della commissione Sport di Roma Capitale, Angelo Diario
(M5S), lasciando il Campidoglio."Per noi non è un'opportunità mancata,
ma il contrario. Il rischio se non la quasi certezza di ulteriori
sprechi evitati".
Politicamente
parlando, si tratta della prima vera decisione di rottura praticata da
questa giunta nei confronti di quel grumo di interessi – perfettamente
rappresentato, anche nella squadra di giunta, da Raffaele Marra –
abituato da sempre a vedersi esaudita ogni richiesta. Vedremo presto se
sarà seguita da una politica complessivamente diversa. Incombono sulla
città migliaia di sfratti, sia di semplici cittadini che di strutture
storiche, e un'altra marea di problemi (dalla gestione rifiuti ai
trasporti pubblici, agli asili, ecc) che possono essere affrontati in
molti modi. La Napoli derenzizzata di Luigi De Magistris è un esempio
abbastanza vicino: sapranno i Cinque Stelle capitolini seguirlo?
Le
periferie romane, nel frattempo, non staranno e guardare e sapranno
presto farsi ascoltare. Gestire Roma non è un fatto “tecnico” e
“neutrale”, ma uno scontro tra interessi sociali spesso opposti.
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