Immaginate tre registi italiani che sfidano il pensiero economico dominante sull’Europa e lanciano una campagna fondi per terminare il loro documentario.
Diego Fusaro Filosofo
Ci ripetono costantemente che lo stato sociale non è più sostenibile. Che eravamo abituati a vivere “al di sopra delle nostre possibilità”. Intanto il malcontento popolare monta, sempre più cavalcato da partiti estremisti con conseguenti e quotidiane derive xenofobe. L’Europa sembra assistere impotente a questo pericoloso scenario.
Preoccupati per questo quadro desolante e per un orizzonte tutt’altro che roseo, i tre registi in questione si sono chiesti cosa potesse fare il cinema, se in qualche modo potesse contribuire a creare dibattito pubblico informato su questioni così complesse, ma così determinanti per la vita di ognuno di noi. Il progetto è totalmente autofinanziato e riconoscendone il valore sociale hanno aderito gratuitamente alcuni dei più grandi intellettuali del mondo, tra cui Noam Chomsky (filosofo e linguista, definito dal New York Times “Probabilmente il più grande intellettuale vivente”), Yanis Varoufakis (ex ministro delle Finanze greco), Stephanie Kelton (economista capo del budget del senato degli Stati Uniti e consulente economico di Bernie Sanders), Warren Mosler (insider finanziario, esperto di sistemi monetari), Paul De Grauwe (Economista, London School of Economics), Erri De Luca (scrittore).
Con il loro aiuto e attraverso un’indagine durata cinque anni, il documentario sfata alcuni dei più incrollabili dogmi economici che influenzano le politiche dell’Unione Europea. Dogmi che non solo hanno impedito ai Paesi europei di risollevarsi dalla crisi peggiore degli ultimi cento anni, ma che addirittura… la aggravano. Ce lo chiede l’Europa, ovviamente. E noi dovremmo imparare a risponderle con il più elementare gesto della critica: il “no” risoluto di chi si oppone. E di chi è pronto ad abbandonare l’Unione europea se i sacrifici che essa ci impone non sono accettabili.
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