Pubblichiamo due articoli che hanno in comune la decisa volontà di continuare a combattere scellerate decisioni di desertificazione degli uliveti di Puglia, ma che danno un giudizio opposto sulla complessa decisione della Unione europea: un primo passo che apre qualche speranza, secondo Antonia Battaglia di Peacelink, che per i lettori non ha bisogno di presentazioni poiché hanno seguito i suoi numerosi interventi in questa battaglia, puntualmente presentati nel sito.
Una decisione che sotto forme criptiche in realtà peggiora ulteriormente la situazione per gli uliveti, secondo l’analisi di Marilù Mastrogiovanni, giornalista che in Puglia da anni è in prima linea in tutte le battaglie civili e per questo ha subito minacce della mafia.
UNA SVOLTA IMPORTANTE
di Antonia Battaglia
Gli alberi della Provincia di Lecce non dovranno essere tagliati. E’ quanto stabilisce la decisione dell’Unione Europea, precisamente del Comitato sulla Salute delle Piante, organo che include gli esperti scientifici dei 28 stati membri e che è presieduto dalla Commissione Europea.
Dopo due giorni di lavori molto tesi, la nuova decisione europea, che annulla quella precedente del luglio 2014, rappresenta un importante passo avanti rispetto a una situazione difficile, caotica, e resa ancora più complicata da un balletto poco decoroso delle Istituzioni Italiane.
Andiamo per gradi. Perché è necessario raccontare del dietrofront operato in questi ultimi giorni dalla Regione Puglia, pressata dalla mobilitazione popolare, impaurita forse dalle indagini in corso della Magistratura e messa di fronte alle proprie responsabilità dall’azione portata avanti in Salento da diverse associazioni e in Commissione Europea da Peacelink insieme a Spazi Popolari.
La Regione Puglia ha infatti mandato una lettera in extremis al Commissario Europeo per la Salute Andriukaitis, lettera del 24 aprile scorso, nella quale, strategicamente, a solo qualche giorno dalla riunione del 27 aprile, si sottolinea che “la bozza di decisione EU è troppo penalizzante per la Regione Puglia” e che “l’Ulivo è cosa molto diversa da qualsiasi altra specie arborea produttiva, per l’importanza che riveste non solo in termini agricoli ed economici ma anche paesaggistici, culturali, di assetto territoriale e di turismo”.
La lettera raggiunge un lirismo inaspettato, che avremmo voluto ritrovare anche quando si parla di Taranto, nel momento in cui dice che “Difatti, ogni qual volta si debbono assumere azioni che incidono sull’ambiente, è necessario considerare che le trasformazioni sono irreversibili e non sono suscettibili di reintegrazioni né di incrementi. Tanto più che ogni modifica dell’ambiente e del paesaggio incide sul benessere delle popolazioni coinvolte”.
C’è da restare allibiti. Un cambio di registro e di posizione incredibili, a tre giorni dalla decisione comunitaria e dopo una riunione con le associazioni salentine, durante la quale anche Peacelink ha potuto denunciare cosa stesse per accadere a Bruxelles a causa delle irresponsabili posizioni italiane.
Alla Regione Puglia ha fatto eco Coldiretti, che, con altrettanto incredibile voltafaccia, ha scritto che “non si deve tagliare neanche un solo albero non infetto”. Ovvero, i fautori del taglio di un milione d’ulivi adesso cambiano strategia, perché andare contro l’Europa, anche quando invece l’Europa ha fermato l’abbattimento del milione di piante, fa radical chic. Ma non erano loro che, con il Ministro Martina, chiedevano indennizzi come se piovesse e lo stato di calamità naturale?!
Ma veniamo all’Europa. La decisione adottata rappresenta un grande passo in avanti rispetto alla precedente ed è da ritenere miracolosa se si considera il caos con il quale il Governo e la Regione hanno gestito la questione sin dall’inizio, cambiando posizione sulla gravità della malattia e sul numero degli alberi da abbattere, senza riuscire a produrre, ancora ad oggi, prove scientifiche ineludibili sulla effettiva aggressività della Xylella fastidiosa nel suo ceppo salentino.
Il nuovo testo della Commissione, infatti, giusto per non dimenticare che in Europa siamo in 28 e che non esistono solo SEL, Coldiretti e PD e gli altri partiti, punta molto anche sulla protezione delle altre regioni e sottolinea l’importanza di una attenta sorveglianza e della individuazione immediata di qualsiasi possibile altro focolaio, al fine di evitar il propagarsi della malattia.
Una decisione che, ai più inesperti, ai giornalisti frettolosi e ai politici in cerca di capri espiatori, è sembrata dura, un giro di vite, ma che in realtà dura non è affatto in quanto essa mira a tranquillizzare quegli Stati Membri più allarmati come la Francia, lasciando nel contempo all’Italia un grande margine di manovra e di decisioni, salvaguardando così il patrimonio paesaggistico e storico della provincia leccese.
La decisione prevede infatti la possibilità, per quelle zone in cui il batterio è ormai diffuso (come la provincia di Lecce) di optare per misure di solo contenimento della malattia e non di estirpazione degli alberi, né di quelli infetti né di quelli sospetti.
Ci si augura che tali misure di contenimento della malattia diventino presto oggetto di un nuovo piano che sostituisca il piano Silletti che, con la nuova decisione, è de facto decaduto. La zona di Lecce diventa area da sorvegliare visivamente.
L’obbligo invece di espiantare è mantenuto per la fascia a ridosso delle Province di Taranto e Brindisi, dove rimane la necessità di abbattere gli ulivi infetti ma non trova conferma la proposta precedente della Commissione europea di eliminare anche le piante che potrebbero ospitare il batterio in un raggio di 100 metri intorno all’albero malato. Per queste piante, infatti, subentra l’obbligo di semplice monitoraggio per accertare un’eventuale futura presenza di Xylella fastidiosa.
Per quanto riguarda i nuovi focolai dell’infezione, dovessero essi verificarsi in aree al di fuori della provincia di Lecce (il caso è quello di Oria, Brindisi), si applicheranno le misure iniziali di abbattimento, con l’obbligo mantenuto di espiantare ogni pianta di ulivo infetta assieme alle altre piante presenti (tra quelle comprese nella lista delle “piante ospitanti”) in un raggio di 100 metri dall’albero malato.
Una vittoria. Una sconfitta, secondo gli ingenui e i politici in cerca di rifugio, quelli che non hanno idea di come si prendano le decisioni europee e che si attendevano che, a due settimane dalla dichiarazione di stato di calamità da parte del Governo Italiano (lettera del Ministro Martina al Commissario Andriukaitis), si desse una pacca sulla spalla all’Italia e si archiviasse tutta la questione.
C’è un mese adesso prima che la decisione europea sia effettivamente adottata dalla Commissione. Solo successivamente essa potrà esser messa in atto. Un mese importante, nel quale le Istituzioni Italiane potrebbero finalmente mettersi dalla parte di cittadini e Associazioni per stilare un nuovo piano di applicazione delle misure di contenimento, immaginando anche di arrivare a proporre alla Commissione Europea opzioni alternative rispetto al taglio di quegli alberi nelle zone a ridosso delle Province di Taranto e Brindisi.
La Federazione Italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica ha elaborato una serie di misure diverse dalla estirpazione, proposte concrete che hanno già trovato riscontro nel lavoro portato avanti da Spazi Popolari.
Ancor più di prima, adesso si devono unire le forze, quelle della scienza che deve dare risposte e certezze sul come contenere il disseccamento e su come realizzare tutte le altre misure; quelle delle associazioni e degli agricoltori che operano sul campo che, con Peacelink, potranno continuare a convogliare proposte concrete a Bruxelles facendo sentire ancora la propria voce.
E’ necessario che le Istituzioni Italiane, fulminate finalmente sulla via di Damasco, si decidano a prender parte con immediatezza a questo processo lanciato dalle Associazioni, disegnando un nuovo piano di azione che possa contemplare misure di contenimento bio-sostenibili.
Le Istituzioni, anche passata l’ondata delle promesse elettorali per le regionali, devono attivare azioni di ricerca scientifica più ampie, a 360 gradi, al fine di far emergere l’azione delle concause del disseccamento e di dare risposte chiare e nette all’Europa, prendendosi finalmente la responsabilità di dire che gli alberi possono essere curati e che l’Italia sarà in grado di mettere in atto cure specifiche alternative al taglio anche nelle zone in cui il taglio è previsto!
* * *
UN REGALO AI CEMENTIFICATORI
di Marilù Mastrogiovanni
Per capire le conseguenze della decisione di esecuzione che la Ue sta per prendere sulla xylella fastidiosa è necessario passare al vaglio tutti i passaggi salienti della bozza di 16 pagine liquidata dalla Commissione Ue sulla Salute due giorni fa, e comprendere come le future decisioni s’incastrano con le leggi italiane esistenti e con le decisioni già assunte da tempo dalla Regione Puglia.
Partiamo da quello che succederà all’intera provincia di Lecce.
Da tempo l’intera provincia di Lecce è stata dichiarata zona infetta dalla Regione e dal Ministero, attraverso diversi atti ufficiali. (L’ultimo di questi è la determina regionale n.54 a firma del dirigente del Servizio agricoltura Giuseppe d’Onghia (13 marzo 2015, n. 54, che riprende la Direttiva 2000/29/CE, D.Lgs. 214/2005 e e il DM 2777 del 26/07/2014).
Con queste norme, recepite dal Piano Silletti, che è successivo, si ridefiniscono per la terza volta le aree di diffusione della xylella e relativi interventi obbligatori. Nella zona infetta, cioè l’intera provincia di Lecce, sradica gli ulivi solo chi vuole. La procedura è semplice (è descritta nel libro “Xylella report”).
L’eradicazione “volontaria” sembra una buona notizia ma non lo è: si sono infatti predisposte norme che favoriscono la cementificazione delle aree agricole e la riconversione in chiave industriale degli uliveti secolari, finora intoccabili.
Tali norme volute dalla Regione Puglia prima del piano Silletti ma in esso recepite, sono in contrasto con una legge dello Stato del 1951, che tutela gli ulivi. Secondo tale legge gli ulivi non si possono espiantare a meno che non si dimostri che siano improduttivi da anni.
La presenza di xylella rende semplice tale dimostrazione da parte degli agronomi, che dovranno presentare una perizia che giustifichi l’espianto.
E’ anche per questo che in alcuni ricorsi al Tar si contesta proprio il fatto che il Piano silletti (che recepisce tutte le norme precedenti, incluse tutte le determine della Regione e il decreto ministeriale 2777 del 2014) non possa soppiantare una legge dello Stato.
Né l’Unione europea può farlo, perché ogni Stato è sovrano. Però c’è l’emergenza, dunque si agisce in deroga alle norme. Deciderà dunque nel merito il Tribunale amministrativo: i proprietari degli alberi e i Comuni stanno predisponendo i ricorsi al Tar per impugnare il Piano Silletti.
Torniamo alla bozza di decisione della Ue. Le zone di demarcazione passano da quattro a due.
La Regione Puglia (e poi il Piano Silletti) aveva definito 4 aree:
1. area infetta (tutta la provincia di Lecce);
2. fascia di eradicazione (che si trova all’interno della zona infetta), larga 15 km, e lunga dall’Adriatico allo Jonio;
3. zona cuscinetto, larga 2 km e lunga dall’Adriatico allo Jonio. Si trova a nord della zona di eradicazione;
4. zona profilassi, a nord della zona cuscinetto.
Nella zona infetta, come detto, corrispondente all’intera provincia di Lecce, sradicare è facoltativo (delibera giunta 1842 del 5/09/2014), tranne che nella zona di eradicazione, dove tutte le piante ospiti vanno sradicate, sia quelle che risultano positive alla xylella, sia quelle che sono nell’elenco delle piante ospiti, sia quelle che ad un esame visivo presentano i sintomi di disseccamento. Nella zona infetta sono obbligatorie le misure di contenimento, già fissate dal decreto ministeriale (2777 del 2014) e stabilite dalle Linee guida sul COdiro: trinciature, fitofarmaci e secca tutto. E’ vero che il Piano Silletti non fa riferimento ai secca tutto, ma rimanda alle “buone pratiche agronomiche”, ma queste non sono, ahimè, quelle dell'agricoltura organica promossa dall’associazione Spazi popolari, ma quelle, ufficiali, che sono ugualmente denominate “buone pratiche agronomiche”, del PSR 2007-2013 della Regione Puglia. In questo documento ufficiale è previsto anche l’utilizzo di seccatutto per l’olivicoltura.
Attualmente, anche nella zona cuscinetto sono previste le stesse misure della fascia di eradicazione, per un totale di 17 km da nord a sud, di cui 15 all’interno della Provincia di Lecce.
Nella bozza della decisione di esecuzione della Ue invece, la zona infetta coincide “almeno”, dice la Ue, con l’intera provincia di Lecce e, al di fuori di questa, si fissa una zona cuscinetto di 20 km. Cioè gran parte delle province di Brindisi e Taranto. In questa fascia si sradicheranno gli alberi risultati infetti alle analisi e si monitoreranno gli altri, due volte l’anno, nel raggio di 100 metri. Nell’attuale piano Silletti invece è previsto un monitoraggio nel raggio di 200 metri.
Non è chiaro se la cosiddetta fascia di eradicazione che attualmente è prevista nel Piano Silletti, rimanga o no, perché la vigente suddivisione in 4 aree è stata proposta dal Servizio fitosanitario regionale e nazionale. La Ue, nelle precedenti decisioni di esecuzione parla sempre di due aree, infetta e cuscinetto, e così fa il decreto ministeriale 2777/14 che le recepisce.
Quel che è certo è che aumenta la fascia in cui si sradicano gli alberi. Di buono c’è che nella fascia cuscinetto non si sradicano a seguito di un “mero esame visivo”, ma servono le analisi.
Ultimo passaggio relativo alla provincia di Lecce riguarda le “misure di contenimento”: non vengono indicate, perché come sappiamo, l’Ue dà la cornice entro cui agire e lascia libertà agli Stati membri. Possiamo immaginare che le misure siano quelle già fissate dal decreto (2777/14) e dal Piano Silletti: fitofarmaci, trinciature, secca tutto.
Misure drammatiche per il resto della Puglia: basta un mero esame visivo e, se le piante hanno sintomi ascrivibili alla xylella vanno sradicate e vanno sradicate tutte quelle nel raggio di 100 metri dalla pianta che presenta i sintomi. Attorno a questo deserto vanno demarcate nuove zone “cuscinetto” di 10 km, dove si sradicano gli alberi a seguito di analisi e si monitorano gli altri nel raggio di 100 metri.
Quindi potenzialmente la desertificazione della Puglia e lo sradicamento degli uliveti aumenterebbe a macchia d’olio. Si continua dunque sulla linea tracciata dalla Regione Puglia e dal Ministero dell’Agricoltura nel 2013: sradicare gli alberi per eradicare il batterio. Questo nonostante diversi studi scientifici e l’EFSA dicano che sradicare le piante non sia una soluzione efficace per contrasta la diffusione del patogeno da quarantena.
A questo punto ci chiediamo: perché è stato stabilito che la zona cuscinetto deve essere di 20 km? Perché il monitoraggio passa da un raggio di 200 metri a 100?
Non essendo ancora elaborati, come detto, né modelli matematici per la definizione delle aree né sono conclusi gli studi scientifici sui vettori e le modalità di diffusione del batterio, non è chiaro (e non è chiarito nella bozza) in base a quali criteri si definiscano tali parametri. Criteri scientifici che pure sono invocati nella bozza Ue e che si richiamano come base delle decisioni.
Si fa riferimento tuttavia al fatto che le definizioni delle aree sono state comunicate dalle autorità italiane. Quindi l’impressione è che il Governo e la Regione Puglia abbiano fornito pareri in assenza di validi principi scientifici e che si stia continuando ad andare avanti a tentoni.
Inoltre le aree infetta e cuscinetto sono soggette a modifiche. Se si trovano nuovi focolai, scrive la Ue nella bozza, le aree devono essere riviste e allargate, in base, leggiamo, a solidi principi scientifici che, come detto, mancano.
Il miglior regalo ai cementificatori e a chi vuole riconvertire in chiave industriale il paesaggio olivetato secolare pugliese, lo troviamo nel passaggio che recita: “Nelle zone infetta (quindi la provincia di Lecce, ndr) non si possono ripiantare le stesse specie attaccate dalla xylella”.
L’ulivo non si può ripiantare. Ma non si dice per quanto tempo. Questo è un passaggio che gli agricoltori e i cittadini che puntano ancora sull’olivicoltura di qualità potrebbero chiedere di rivedere.
L’unica nota positiva è che c’è ancora un mese di tempo per modificare la bozza. Successivamente, siccome si lascia ai territori la libertà di definire che cosa fare nello specifico nelle varie aree, il governo, recependo la decisione di esecuzione, potrebbe escludere la fascia di eradicazione, attualmente prevista.
Purtroppo però cambia poco. Perché, come abbiamo spiegato, nel resto della Puglia si continuerà a sradicare “a vista”.
Se in un mese si avranno, come previsto, i risultati della ricerca commissionata da EFSA al Centre for Ecology and Hydrology (CEH) nel Regno Unito, proprio relativo ai modelli matematici necessari per stabilire la diffusione del batterio, si potranno avere maggiori certezze di scientificità.
Chiediamoci però perché sta accadendo questo, perché si sta distruggendo l’olivicoltura pugliese e che cosa si sta progettando di fare per il futuro della Puglia.
Per saperne di più: http://buonacausa.org/cause/xylella-report-difendiamo-gli-ulivi-del-salento
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