domenica 31 maggio 2015

Come i Mille sconfissero i Borbonici resta un mistero o no?

http://pulcinella291.forumfree.it/

All'epoca Massimo d'Azeglio scrisse:"Nessuno più di me stima Garibaldi, ma quando s'è vinta un'armata di 60 mila soldati, conquistando un regno di sei milioni di abitanti, colla perdita di otto uomini, si dovrebbe pensare che c'è sotto qualche cosa di non ordinario".
In effetti non possiamo dare torto all'illustre politico, patriota e scrittore. Se pensiamo che l'esercito del regno di Napoli era il più grande esercito italiano dell'epoca e che solo in Sicilia tra fanteria, cavalleria e artiglieria, schierava qualcosa come 25 mila uomini ci sembra quasi impossibile che mille uomini abbiano potuto sconfiggerlo. Non ci viene incontro nemmeno la storiografia, che come ben sappiamo viene fatta dai vincitori, a spiegarci del tutto questo avvenimento.
Aleggia da sempre sull’impresa garibaldina, il dubbio del tradimento di alcuni comandanti dell’esercito borbonico; questo spiegherebbe molti aspetti della vicenda, che al contrario dovrebbero essere motivati con la totale incapacità militare dell’esercito di Francesco II e dei suoi generali, una inettitudine che non è verosimile, come non è credibile la lunga serie di errori tattici, politici e militari, commessi da diversi comandanti, che porteranno Garibaldi a Napoli.

La corruzione e la delinquenza 


La corruzione e la mafia fecero moltissimo. Per la corruzione gli inglesi mandarono piastre turche (d'oro, ovviamente!), non volendo compromettersi a mandare sterline. Fu così facile comprare generali ed altri. Navi inglesi protessero i mille nello sbarco a Marsala. Ed alla fine plebisciti largamente truccati fecero apparire che le popolazioni non desideravano altro che l'unità d'Italia sotto i Savoia.E' vero anche che l'esercito borbonico non venne appoggiato dalla popolazione, soprattutto in una Sicilia già percorsa da spinte e speranza indipendentistiche, o almeno tali che la indisponevano verso il governo napoletano, ma senza connivenze , tradimenti e corruzione l'impresa sarebbe stata pressochè impossibile.
Oltre che con l'appoggio inglese e marginalmente francese, nonché della massoneria internazionale, l'impresa dei Mille sarebbe stata effettuata con l'appoggio della mafia in Sicilia, e della camorra a Napoli, e sarebbe stata successivamente consolidata con l'invasione del Regno delle Due Sicilie da parte delle truppe sabaude, senza che tale atto fosse preceduto da una dichiarazione di guerra.L'elargizione di denaro da parte di emissari sabaudi è ben documentata nelle pagine del diario del conte Carlo Pellion di Persano. L'ammiraglio e futuro ministro della Marina, infatti, fu tra i mandatari di Cavour che ebbero il compito, dopo la conquista garibaldina della Sicilia, di assicurarsi i servigi, non solo degli ufficiali borbonici, ma anche di esponenti della nobiltà e della classe politica meridionale.Una parte della critica revisionista pone l'accento anche sulle modalità con cui agli artefici del Risorgimento si sarebbero serviti della criminalità organizzata per addivenire al fine dell'Unità. La trattazione verte su Liborio Romano, un ex carbonaro che, quando ancora ricopriva la carica di Ministro di polizia sotto Francesco II, iniziò a trattare segretamente con Cavour e Garibaldi e strinse accordi con la camorra, finalizzati ad agevolare l'avvento del nuovo assetto istituzionale.Con l'approssimarsi di Garibaldi a Napoli e lo spostamento di re Francesco II ed esercito a Gaeta, Liborio Romano, Prefetto di polizia passato alla fazione filounitaria, provvide ad inquadrare i malavitosi nella guardia cittadina, facendo in modo che i camorristi diventassero i "veri padroni" della città. Romano, massone e mazziniano, assegnò alla camorra il compito di "corpo speciale di potere": i delinquenti furono nominati poliziotti, "con tanto di coccarda", e, in quanto polizia ufficiale, venivano stipendiati dallo stato. Napoli fu consegnata nelle mani della camorra. Dunque, al fine di mantenere l'ordine all'arrivo di Garibaldi in città Romano provvide a far scarcerare i camorristi detenuti per ottenere un maggior appoggio: tra essi vi era il temuto Salvatore De Crescenzo, detto Tore 'e Criscienzo.
Gli accordi tra costui, che era il capo riconosciuto della camorra, e Liborio Romano furono presi quando il De Crescenzo era ancora detenuto: egli, infatti, sotto il governo borbonico, aveva trascorso 8 degli ultimi 10 anni in galera.Il 7 settembre 1860, afferma lo storico Di Fiore, Garibaldi entrò nella città partenopea disarmato e senza scorta, "solo grazie all'intervento della camorra": capeggiati dalla "sanguinaria" Marianna De Crescenzo, sorella di Salvatore e detta la Sangiovannara, i camorristi assunsero il controllo delle zone strategiche di Napoli, reprimendo l'attività dei filoborbonici.Come ricompensa, Garibaldi concesse la grazia a Tore 'e Criscienzo e confermò Romano ministro dell'Interno. A sua volta Romano ricambiò la Camorra e inserì diversi membri dell'organizzazione nelle istituzioni, tra cui il capo camorrista Salvatore De Crescenzo[170], affidando loro incarichi di polizia e facendo loro amministrare l'erogazione in tre anni di 75.000 ducati al popolo, secondo un decreto di Garibaldi emanato nell'ottobre 1860.

errori tattici dei generali borbonici voluti o casuali?

Una serie interminabile di errori tattici da parte dei generali borbonici fanno molto pensare e riflettere.
Errori che vennero limpidamente fotografati dal giornale francese Charivari in una vignetta che rappresenta l'esercito con soldati dalla testa di leone, ufficiali dalla testa di asino e generali senza testa. I generali borbonici si mostrarono incredibilmente inetti e noncuranti, non solo della causa che difendevano, ma della loro stessa reputazione; nessuno, nessuno eccettuato.Immancabili furono le accuse di tradimento rivolte loro.
Dopo tanti anni sono in molti a pensare che la spedizione dei Mille non sarebbe stata un moto spontaneo di pochi idealisti, ma la testa di ponte di un'invasione pianificata a tavolino. In preparazione di quest’ultima, sarebbe stata effettuata una vasta opera di mistificazione e propaganda ai danni del governo borbonico
la quale aveva lo scopo di accentuarne l'isolamento diplomatico. Contemporaneamente, il governo piemontese avrebbe effettuato una vasta manovra di corruzione degli alti gradi dell'esercito e della marina del Regno delle Due Sicilie. I revisionisti storici affermano che i Mille ebbero dalla loro parte il rinnegamento di numerosi ufficiali delle Due Sicilie, reso possibile soprattutto dalle sovvenzioni finanziarie dell'Inghilterra. I franchi, che sarebbero stati forniti dai britannici furono convertiti in piastre turche (la moneta usata a quel tempo nel commercio internazionale) e sarebbero stati sfruttati in gran parte per garantire ai traditori il reclutamento nell'esercito del nuovo Stato, conservando il grado, le qualifiche, i comandi e lo stipendio. La formula andò a buon fine e i garibaldini avrebbero avuto dalla loro parte circa 2300 ufficiali. La stessa battaglia di Calatafimi, dipinta sovente dalla storiografia come un'eroica impresa garibaldina, secondo alcuni autori sarebbe stata solamente una farsa. Il generale borbonico Francesco Landi fu colpevole, secondo Buttà, di una vergognosa condotta dopo il fatto d'armi di Calatafimi che «...segnò la caduta della Dinastia delle Due Sicilie.Nonostante la netta superiorità numerica del suo esercito, Landi ritirò le proprie truppe dal campo di battaglia, permettendo ai Mille di poter avanzare senza troppi disagi a Palermo.Accusato di tradimento, fu destituito e confinato ad Ischia per ordine di Francesco II. Landi morì il 2 febbraio 1861, secondo Di Fiore, di crepacuore per essere stato ingannato dai garibaldini, i quali gli avrebbero promesso una somma di 14.000 ducati depositata al Banco di Napoli ma, in realtà, ne avrebbe trovati solo 14.

La tesi del complotto internazionale contro il Regno delle Due Sicilie 
Con l'ascesa al trono di Ferdinando II, la politica estera del Regno delle Due Sicilie fu caratterizzata da un orientamento molto chiaro: il sovrano voleva trasformare il regno in uno stato nelle cui faccende nessun altro stato avesse da immischiarsi, tale da non dar noia agli altri e da non permetterne per sé. Di conseguenza, il reame di Sua Maestà Siciliana mantenne, riporta Croce, un contegno non servile verso l'Inghilterra; ma, tale atteggiamento, secondo quanto riferisce Paolo Mieli, non fu gradito al Regno Unito, poiché Londra riteneva che l'aver protetto la monarchia borbonica in età napoleonica le desse i titoli per poter ottenere una totale subalternità da parte di Ferdinando II. Dei guasti rapporti anglo-napoletani riporta anche lo storico calabrese Ernesto Pontieri che definisce la politica britannica verso le Due Sicilie come una politica di rancori, di insidie, di mal celata avversione verso chi, non senza ragione, conservava rispetto all'Inghilterra, immutata la sua diffidenza. La nuova politica adottata dal reame delle Due Sicilie, con particolare riferimento a determinati episodi storici, contribuì, dunque, secondo taluni autori, ad incrinare le relazioni internazionali tra Napoli e Londra.
Secondo più fonti revisioniste, il governo inglese avrebbe rivestito un ruolo importante nella spedizione dei Mille, finanziando la campagna militare di Garibaldi con 3 milioni di franchi francesi,forniti anche con il contributo della massoneria statunitense e canadese.
Lo stesso Garibaldi, durante il suo viaggio in Inghilterra compito nel 1864 il 16 aprile durante un pubblico discorso al Crystal Palace Londra, ove era invitato dal Comitato Italiano, ringraziò ampiamente l'Inghilterra per l'aiuto ricevuto: «... L'Inghilterra ci ha aiutato nei buoni e cattivi giorni. Il popolo inglese ci prestò assistenza nella guerra dell'Italia meridionale, ed anche ora gli ospizi di Napoli sono in gran parte mantenuti dalle largizioni mandate da qui. ... Se non fosse stato per l'Inghilterra gemeremmo tuttavia sotto il giogo dei Borboni di Napoli. Se non fosse stato pel governo inglese, non avrei mai potuto passare lo stretto di Messina.

Nessun commento:

Posta un commento