mercoledì 27 maggio 2015

Ada Colau, da occupante di case a sindaca di Barcellona.

Laurea in filosofia, madre di un bimbo di 4 anni e “attivista dei diritti umani e della democrazia”. Un ritratto della neo primacittadina di Barcellona che negli anni ha partecipato ad interessanti esperienze dal basso come il movimento contro le requisizioni delle case e gli Indignados. Ha vinto a capo di una lista civica, sostenuta anche da Podemos: “Davide ha sconfitto Golia”. L’utopia che diventa realtà.



micromega di Giacomo Russo Spena

“La politica è un impulso sociale intento a migliorare le nostre condizioni di vita, penso sia l’aspetto più nobile che può caratterizzare un essere umano, insieme alla cultura e all'arte”. E Ada Colau, 41 anni, ha la politica nel dna. Sente le ingiustizie, le vive, le capta e lotta per contrastarle. Da anni è nei movimenti. “Ci dissero: se volete qualcosa presentatevi alle elezioni. E qui stiamo”, rispondeva così, prima del voto, a chi provocando si riferiva alla mobilitazione degli Indignati spagnoli.

“Il futuro di Barcellona è nelle vostre mani. Ogni voto sarà decisivo” ha scritto come ultimo tweet, prima del silenzio di rito. I risultati sono palesi: Davide ha sconfitto Golia. Piange ora, commossa, con a fianco il marito, economista, Adrià Alemany, dalla cui relazione è nato un figlio di 4 anni. “Dicevamo che il cambiamento era possibile, così è stato”. Con una candidatura civica sostenuta da movimenti e partiti, come Podemos, Izquierda Unida e i rosso-verdi catalani di ICV. Una vita dalla parte dei più deboli. Si definisce “un’attivista dei diritti umani e della democrazia”.

Negli anni ‘90 si mobilita contro la prima Guerra del Golfo, poi frequenta i collettivi studenteschi dell’università di Barcellona, dove si laurea in Filosofia con una tesi su Simone de Beauvoir. Per lei una breve parentesi Erasmus a Milano che le permette di familiarizzare con l’italiano. Con il movimento No Global inizia la sua militanza a tempo pieno e, dopo il G8 di Genova 2001, si fa promotrice a Barcellona dei primi cortei pacifisti contro le guerre preventive di Bush. Quel popolo arcobaleno che il New York Times etichettò nel 2003 come la seconda superpotenza al mondo, dopo gli Usa.

È fronteggiando il dramma abitativo che diventa una leader di movimento conosciuta tanto da essere considerata dalle istituzioni “un soggetto pericoloso”. La crisi spagnola è stata causata dallo scoppio di una doppia bolla speculativa, e questo perché il settore creditizio e quello immobiliare erano cresciuti in maniera abnorme. Ovunque si sono diffusi i pignoramenti delle case, come un’epidemia. Con famiglie, impossibilitate a pagare la rata del mutuo, finite in mezzo ad una strada da un giorno all’altro. Colpa soprattutto di una legge che in Spagna è conosciuta e temuta da tutti. La legislazione, ancora in vigore, prevede che in caso di insolvenza, colui che ha stipulato il mutuo non solo perde l’abitazione ma rimane vincolato al pagamento delle rate. Succede, insomma, che oltre a ritrovarsi a pagare l’affitto di una nuova abitazione (perché si è persa la propria) rimanga la spada di Damocle del vecchio mutuo. Un meccanismo infernale che ha finito per coinvolgere anche i garanti dei mutui, spesso genitori o parenti. Con risvolti drammatici, come un effetto domino: case perse una dietro l’altra e intere famiglie sull’orlo del baratro.

Dal 2006 al 2012, in Spagna 420mila alloggi sono tornati nelle mani delle banche: un dramma sociale di cui l’immobiliarismo finanziario è il solo responsabile. Per fronteggiare il problema abitativo nasce, come risposta, la “Plataforma de Afectados por la Hipoteca” (Pah, Piattaforma delle vittime dei mutui), un movimento sociale apartitico che dal 2011 s’intreccerà con gli indignados e si opporrà agli sfratti con picchetti, trattative con le banche e proteste. La leader, indiscussa, sarà proprio Ada Colau: si rende protagonista di picchetti antisfratto, manifestazioni e innumerevoli azioni contro le banche tanto da essere più volte denunciata. Vive in una caserma occupata della Guardia Civil nel quartiere popolare di Barceloneta.

La Pah fornisce assistenza legale diventando un movimento interclassista: il ceto medio – polverizzato dalla crisi – è vittima delle requisizioni. Opta anche per riscrivere dal basso la legislazione in materia lanciando la sfida della legge popolare. Erano necessarie 500mila firme, in pochissimo tempo il movimento ne raccoglie – grazie ad una mobilitazione nazionale – un milione e 200mila. Un evidente successo. Eppure il governo di Rojoy si mostra sordo: la legge popolare viene bloccata dai conservatori.

Nel 2011 è il turno del 15M e degli indignados. Ada Colau attraversa quelle proteste moltitudinarie. Un nuovo modo di fare politica e di occupare lo spazio pubblico. Una volta diminuite le assemblee di quartiere, la Pah diventa un punto di riferimento della lotta, così come le mareas (“maree”). Gruppi di persone autorganizzate per vertenze in specifici settori.

Ancora una volta, Ada Colau svetta per la sua popolarità e per le sua capacità comunicative ed aggregative. Fino alla decisione di candidarsi a sindaco di Barcellona, sostenuta in primis da Podemos. “Troviamo strategicamente fondamentale sostenere movimenti e comitati civili” spiegava Pablo Iglesias al congresso del partito, giungendo al punto di non presentare propri candidati e simboli. Così intorno ad Ada Colau è stato possibile formare una lista civica che si è messa in rete con altre esperienze di autogoverno nate in diverse città spagnole: “Il processo elettorale nasce in un contesto di rivoluzione democratica. Dobbiamo esserne orgogliosi: in altri Paesi la risposta è stata di tutt’altro segno. Il municipalismo poi è storicamente un luogo di rottura dal basso, dove la politica è più vicina alle persone”, ha dichiarato la neosindaca in una recente intervista a Il Manifesto.

Una campagna elettorale travolgente che ha visto la partecipazione di migliaia di persone. Un programma scritto dal basso attraverso affollate assemblee nei quartieri e l’utilizzo della Rete. Vera esperienza di tecno-politica. E senza alcun grande finanziatore alle spalle, né le tanto odiate banche: trasparenza e crowdfunding, i pilastri per una nuova politica. Una proposta radicale, a leggere il programma. Una lezione di conflitto e consenso a vedere i risultati elettorali. Nei comizi finali la sorpresa della visita di Pepe Mujica, l’ex presidente “guerrigliero” dell’Uruguay che ha elogiato la sua candidatura. L’occupante di case diventa sindaca. Senza rinnegare nulla. Senza cambiare. L’utopia che diventa realtà.

Nessun commento:

Posta un commento