I primi 33 anni di vita di Alitalia (1974-2007) finiti sotto la lente degli analisti di Piazzetta Cuccia - quelli della gestione statale - sono stati, per i contribuenti tricolori, i più felici. In questi tre decenni la società ha bruciato solo – si fa per dire – 3,2 miliardi dello Stato. Il Tesoro, primo azionista del gruppo, ha pagato in quel periodo (a valori attuali, come tutte le cifre dello studio) 4,9 miliardi sotto forma di aumenti di capitale per coprire le perdite. Roma ha poi versato nelle casse dell’azienda 245 milioni come contribuiti a valere sul fondo europeo per l’addestramento dei piloti mentre altri 210 milioni sono stati messi da Fintecna per puntellare Alitalia Servizi. I soldi si sono mossi anche in direzione opposta: Alla voce delle entrate, in quegli anni via XX settembre ha incassato 972 milioni grazie al collocamento di azioni dell’aerolinea in Borsa, 862 milioni di tasse e 242 come dividendi.
Tra aumenti di capitale, cassa
integrazione e amministrazione straordinaria lo Stato - secondo i
calcoli dell'Ufficio studi di Mediobanca - ha versato nella compagnia
3,2 miliardi fino al 2007 e altri 4,2 negli ultimi sette anni.
repubblica.it di ETTORE LIVINI
Il grosso del passivo si è accumulato invece dal 2007 a fine 2014 quando la compagnia in crisi è finita in amministrazione controllata e il governo Berlusconi, rifiutata l’offerta di Air France, ha deciso di venderla alla cordata coordinata da Banca Intesa. In questi sette anni dalle casse dello stato sono usciti altri 4,1 miliardi per salvare l’Alitalia. Quasi un miliardo è andato in fumo rinunciando al rimborso del prestito ponte, ritirando le obbligazioni dal mercato e azzerando il valore di quelle già in portafoglio al Tesoro. Più di un altro miliardo è il patrimonio negativo rimasto in capo al Commissario, vale a dire la differenza tra i soldi incassati vendendo le attività del gruppo e i debiti da rimborsare. Circa 660 milioni sono stati stanziati per finanziare la cassa integrazione del gruppo (durata diversi anni) e 1,2 miliardi per il provvedimento che ha garantito il reintegro all’80% degli stipendi dei dipendenti rimasti a terra. Quattro miliardi di uscite in tutto cui si aggiunge come ciliegina sulla torta i 75 milioni versati da Poste Italiane, controllata al 100% dallo Stato, per pilotare Alitalia verso Etihad. Dal 1974 ad oggi, visti i calcoli di Mediobanca, ogni italiano - bambini e pensionati inclusi - ha pagato 125 euro di tasca propria per vedere volare in cielo la livrea tricolore di Alitalia.
La buona notizia, a voler vedere il bicchiere mezzo pieno, è che da oggi a saldare il conto, con l’arrivo di Etihad, saranno di tasca loro gli emiri di Abu Dhabi.
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