sabato 20 aprile 2013

Temono Rodotà perché si rifiuterebbe di tradire l’Italia


Massimo D'AlemaGesù ebbe dei guai quando fu tradito da appena un discepolo su dodici. Prodi e Bersani sono stati traditi da uno su quattro. Nei guai di Prodi e Bersani, un gorgo di guai, c’è tutta la sinistra degli ultimi vent’anni, ormai giunta al capolinea, definitivamente, senza rimedio. Si apre uno squarcio enorme nel sistema, un cataclisma che proietterà i suoi effetti per lungo tempo a venire. La crisi italiana è composta da tanti strati esplosivi: lo strato dell’economia, della politica, della giustizia, e altri ancora. Oggi è esploso definitivamente lo strato della crisi politica. Il Partito Democratico è decapitato nel modo peggiore. Andrea Scanzi, uno dei testimoni più lucidi in questi giorni convulsi, sintetizza così: «Si è dimesso il sicario del Pd. Sbagliando persino i tempi delle dimissioni. Lo ricorderemo come l’uomo che ha sbagliato tutto. Politicamente non ci mancherà. Come non ci mancherà la Bindi. Come non ci mancherebbero le Finocchiaro. Avete fallito. Andate via e non tornate.» Eppure una soluzione istituzionale era lì sotto gli occhi: Rodotà. Non l’hanno voluta, fino a immolarsi. Perché?
Si moltiplicano le analisi sull’inettitudine strutturale del Partito Democratico. Aldo Giannuli ci ricorda che il Pd «non ha una cultura politica, ha un gruppo dirigente da operetta, è un aborto politico e, soprattutto, non ha alcuna ragione di esistere che non sia una federazione di emirati contro il Califfo Berlusconi». Un partito diviso come lo era la Dc, che tuttavia, ricorda Giannuli, «era un partito vivo (brutto, ma vivo), con una sua cultura politica, un vero gruppo dirigente e, soprattutto, una sua ragion d’essere che non era solo l’occupazione del potere». Tutto vero. Eppure, non sembra bastare a spiegare l’accaduto. Anche alla stupidità c’è un limite. Anche gli stupidi sanno che ad andare contro un muro ci si fa male e che forse è meglio scegliere un’altra strada. C’è qualcosa di più, della stupidità, dunque, nella catastrofe piddina, e questo qualcosa ha un volto molto preoccupante.

Il Quirinale è un campo di battaglia cruciale. È stato proprio l’uomo del Quirinale a torcerci il braccio per caricare sulle nostre spalle un orribile governo di tecnocrati neoliberisti e pasticcioni. È stato il Quirinale ad avere il potere di sottrarci la già poca sovranità per consegnarla a mani forestiere. Quelle mani non intendono rinunciare, vogliono essere loro a segnare la via della Terza Repubblica. Useranno tutti i mezzi, ancora una volta, per influire, comandare, emarginare poteri e contropoteri. Impiegheranno mezzi soverchianti sul piano militare e finanziario. Il sistema della Seconda Repubblica ha funzionato come una specie di forza cuscinetto che sfruttava margini di intermediazione per far accettare al popolo, senza troppe fratture, dosi sempre più massicce di questo costoso strapotere militare e Stefano Rodotàfinanziario: l’Europa che da sogno si convertiva in incubo, la Nato che scatenava guerre sempre nuove.
All’interno del sistema c’erano traiettorie di potere diverse che entravano anche in collisione fra di loro, dando l’illusione di una dialettica, ma c’erano ancora modi per fare i compromessi, anche i più inconfessabili. Finché reggeva. Ma oggi c’è una crisi sistemica che fa saltare tutti gli apparati costruiti per l’intermediazione, in primis i partiti di sinistra-vaselina. I loro funzionari non possono più fingere di avere a che fare con i vecchi insediamenti sociali popolari che hanno ereditato fregando gli elettori (frastornati da un sistema della comunicazione interamente concepito per illuderli). Gran parte dei politici odierni si rivelano per quello che sono: dei maggiordomi che hanno solo l’autonomia per scannarsi e tradirsi, ma non per scegliere un Capo dello Stato né una politica economica.
Oggi il Capo dello Stato deve essere solo il palo di una politica economica di pura rapina, sempre più sfrenata, sempre più greca, portoghese, cipriota, e ora italiana. Quindi torniamo al punto: perché non scelgono Rodotà, anche quando ciò “aprirebbe praterie” a un governo, come dice Grillo (la grande incognita che ha scardinato il sistema)? Il fatto è che Rodotà non darebbe copertura all’ultima grande rapina, quella che si prospetta. Non vogliono al vertice un giurista che abbia da dire sul Fiscal Compact e gli altri trattati illegali. Vogliono un maggiordomo che ci freghi ancora una volta. Solo che stavolta il gioco si fa troppo scoperto. Gli alibi sono esauriti. Non c’è più Bersani_sigarolegittimazione sufficiente per i vecchi partiti-vaselina né per i loro stupidissimi politici.
Si passerà alla spoliazione, alla Shock Economy, in un contesto finanziario mondiale sull’orlo del baratro. La vaselina è finita, andate in pace. Anzi, in guerra. Milioni di elettori oggi hanno capito quanto è stato stupido e cinico da parte di una classe politica corrotta e scriteriata addossare solo ai grillini l’irresponsabilità per lo stallo politico. Abbiamo visto chi sono i veri irresponsabili. In molti capiamo quanto sia importante per la nostra Repubblica, con questi chiari di luna, avere in capo Stefano Rodotà. E più avanti, milioni di persone non dovranno sentirsi orfane delle vecchie appartenze politiche. Bisogna ricostruire subito una politica che apra gli occhi e le menti, a tutti.
(Pino Cabras, “La fine dei partiti-vaselina”, da “Megachip” del 20 aprile 2013).

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