sabato 20 aprile 2013

Afghanistan, sotto la Nato l’eroina è aumentata di 40 volte

eroina
Via dall’Afghanistan, la più infame delle guerre. Lo chiedono i grillini in Parlamento, invocando il ritiro immediato delle nostre truppe. «A Kabul spendiamo circa 800 milioni l’anno, ma probabilmente i soldi sono molti di più, perché dubito che vengano registrati quelli che diamo ai talebani perché non ci attacchino», polemizza Massimo Fini. «Con un miliardo non si risana un’economia, però qualche problemino potrebbe essere risolto, poniamo quello degli esodati». Strana guerra, ufficialmente nata per cacciare i talebani, armati dallo stesso Occidente per sfrattare l’Armata Rossa, mentre Osama Bin Laden «se ne stava al calduccio nella sua villa pakistana premurosamente assistito dai servizi segreti di Islamabad». Se il terrorismo fu l’alibi dell’invasione, la parola-chiave in Afghanistan è un’altra: droga. Da quando al posto dei “cattivi” talebani ci sono i soldati Nato, la produzione di eroina è aumentata di 40 volte.
Sono i russi, scrive “GreenReport”, a fornire le cifre del catastrofico fallimento di un conflitto che doveva essere, anche, una “guerra alla droga”, cioè l’eroina usata dai mujaheddin per comprare armi e avvelenare l’occidente. Peccato però che fosse stato proprio il regime integralista del Mullah Omar, alleato di Bin Laden, a distruggere i campi di papavero da oppio, ora tornati a fiorire come non mai con l’occupazione Nato. Secondo l’Fskn, il servizio federale russo per il controllo degli stupefacenti, «la produzione di eroina in Afghanistan si è moltiplicata per 40 dall’inizio dell’operazione della Nato in quel paese nel 2001». Secondo Viktor Ivanov, capo dell’antidroga di Mosca, «dall’inizio dall’operazione “Enduring Freedom” l’eroina afghana ha fatto più di un milione di morti nel mondo e porta più di 1.000 miliardi di dollari alla criminalità transnazionale». Sfiora le 50 tonnellate il quantitativo annuale di eroina afghana sequestrata dalla polizia russa.

Quella sporca guerra, ricorda Massimo Fini sul sito di “Arianna”, era cominciata col pretesto della “lotta al terrorismo”. Ma, a dodici anni dall’11 Settembre, l’attentato del secolo «in cui i talebani non ebbero alcuna parte», la motivazione iniziale non regge più. Resta solo «la proterva pretesa di imporre a quella popolazione le nostre istituzioni, i nostri valori, costumi e consumi. Ed è per questo – aggiunge Fini – che l’occupazione occidentale è stata molto più devastante di quella sovietica: che fece danni materiali enormi, ma non ha stravolto la vita afghana». Noi, oltre a quelli materiali, abbiamo fatto enormi danni sul piano sociale, economico e morale: «La disoccupazione, che sotto i talebani era all’8%, oggi è al 40». La stessa Kabul, che allora aveva appena un milione di abitanti, oggi raccoglie più di 5 Soldati Nato tra i campi di papavero da oppiomilioni di diseredati, profughi della fame terrorizzati da una guerra che uccide donne e bambini con droni senza pilota e missili “intelligenti”.
 
Nell’Afghanistan talebano, dove «si poteva viaggiare sicuri anche di notte e non c’era corruzione», nel 2000 il Mullah Omar aveva proibito la coltivazione del papavero e la produzione di oppio era scesa quasi a zero. Oggi – continua Fini – l’Afghanistan produce il 93% dell’oppio mondiale. «Ma la cosa forse più grave è il degrado morale che abbiamo portato in quel paese: corrotto è il governo fantoccio di Karzai, corrotte sono le amministrazioni locali, corrotta è la polizia e corrottissima è la magistratura, al punto che gli afghani preferiscono rivolgersi alla giustizia talebana». Questi, conclude Massimo Fini, sono i bei risultati della “missione umanitaria”. «E allora che senso ha rimanere in Afghanistan? Per fedeltà alle alleanze e per una questione di credibilità, scrive Franco Venturini sul “Corriere”». Eppure, «gli olandesi se ne sono andati nel 2010 senza chiedere il permesso a nessuno, così i canadesi nel 2011 e i polacchi nel 2012», mentre anche i francesi ormai «stanno smobilitando».
La ritirata delle principali forze della coalizione internazionale dall’Afghanistan dovrebbe avvenire entro il 2014, aggiunge “GreenReport”, e il capo dell’Fskn chiede per questo alle autorità russe di «elaborare una posizione più efficace di fronte al problema afghano, in stretta cooperazione con Kabul e l’insieme della comunità internazionale», in particolare con l’Iran e il Pakistan, da dove transita gran parte della droga verso l’Occidente e la Russia. Secondo Ivanov, «il sistema planetario della produzione di droga costituisce il principale fattore di instabilità in Afghanistan», un’instabilità che la Russia sta sperimentando sulla propria pelle fin dopo la Viktor Ivanovrovinosa ritirata dall’Afghanistan dell’esercito sovietico che si portò dietro il flagello dell’eroina, come tutti gli eserciti invasori precedenti e successivi.
L’Afghanistan, osserva “GreenReport”, produce il 95% dell’eroina consumata nel mondo e in Russia oggi ci sono tra i 2 ed  i 2,5 milioni di tossicomani, soprattutto nella fascia di popolazione tra i 18 ed i 39 anni, il 90% dei quali consuma eroina afghana. Dei 100.000 morti per eroina che ci sono nel mondo ogni anno 30.000 sono russi. E intanto, sul terreno afghano continua l’altra mattanza, quella delle bombe. «Una settimana fa, nella regione di Kunar, l’aviazione americana, a copertura del tremebondo esercito afghano – racconta Massimo Fini – ha bombardato tre villaggi uccidendo, oltre a sei guerriglieri, undici bambini, due donne e facendo un numero imprecisato di feriti». La Nato, aggiunge Fini, ha avuto l’impudenza di affermare che non c’erano state vittime civili. «Allora i capi dei villaggi hanno allineato sulla strada gli undici corpicini: a testimonianza di una vergogna indelebile che riguarda anche noi».

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