"Non è caduto. Lui era una persona e non solo un tossicodipendente", ripete l'avvocato Fabio Anselmo al processo. La collega Pisa: "Il pestaggio avvenne prima dell'udienza di convalida".
Il legale della famiglia Cucchi ha poi insistito sul fatto che "Stefano era prima di tutto una persona e non solo un tossicodipendente. E' inaccettabile e irrazionale che ci vengano a dire che era un tossicodipendente da 20 anni". Il legale di parte civile ha mostrato ai giudici una foto dove Stefano è ritratto a undici anni in divisa da boy scout e in perfetta salute. ''Inoltre - ha detto l'avvocato Anselmo - quanto più Stefano era malato e fragile tanto più gravi sono le lesioni che sono state inferte. Le sue condizioni non sono certo una scusante ma sono un'aggravante a carico degli imputati".Gli imputati, un'altra questione affrontata dall'avvocato Alessandra
E ancora. Il pestaggio di Stefano Cucchi ''avvenne in prossimità dell'udienza di convalida'' del suo arresto per droga; quando fu portato in aula ''aveva viso gonfio e difficoltà a sedersi, segno di una lesione al sacro'', ha continuato l'avvocato Alessandra Pisa. Il padre Giovanni, in occasione di quell'udienza, non si accorse delle lesioni alla schiena del figlio perché ''Stefano aveva tanta adrenalina in corpo che il dolore che già aveva non era la sua priorità. L'incontro padre-figlio durò pochi minuti. Stefano voleva il suo avvocato di fiducia, era arrabbiato perché era stato picchiato, era così tanto nervoso che il dolore lo sentiva in maniera ridotta; non lo diede a vedere perché aveva un orgoglio incredibile". Per l'avvocato Pisa, c'è una 'voce' importante, quella di Samura Yaya, "testimone attendibile, credibile. Sente la voce di Stefano, sente il pestaggio''. Cosa accadde in quelle celle? ''La verità è che Stefano dice di sentirsi male perché gli avevano negato le medicine. Viene picchiato perché aveva rotto le scatole per tutta la mattina nel chiedere le medicine; aveva paura di avere una crisi epilettica''. Alla fine, la richiesta è di affermare la responsabilità penale degli imputati (''un'ipotesi ricostruttiva dei fatti diversa non c'è e nemmeno è stata data nell'immediatezza dei fatti dagli agenti quando era doverosa", ha detto l'avvocato Pisa), e al diritto al risarcimento del danno, con provvisionale immediatamente esecutiva di 130mila euro per ciascuno dei due nipoti di Stefano. ''Dopo quelle botte, Stefano ha cominciato a maturare quelle infiammazioni che poi lo hanno portato al Pertini. Non ci sono dubbi che la configurazione del reato per gli agenti della penitenziaria debba essere quella di omicidio preterintenzionale". In aula, a portare sostegno alla famiglia Cucchi, c'era Lucia Uva, la sorella di Giuseppe, morto nel luglio 2008 in ospedale a Varese dopo essere stato fermato per ubriachezza molesta. Ilaria Cucchi sarà presente domani a Varese in occasione del processo.
''Abbiamo un enorme rispetto per l'ufficio del pubblico ministero, ma le nostre strade si dividono anche per la mancanza di rispetto per Stefano Cucchi - ha affermato l'avvocato Fabio Anselmo - Dal punto di vista logico abbiamo un corto circuito, tutti hanno la consapevolezza della gravità delle lesioni di Stefano Cucchi, tutti tra i soggetti istituzionali dagli agenti della penitenziaria fino ai medici. Ma la consapevolezza di questa gravità non ha alcun tipo di coerenza negli accertamenti medico legali. Poi abbiamo dei consulenti dei pm e dei periti che ci vengono a dire che era tutto sbagliato e che c'è stato un eccesso di zelo. Abbiamo una prima parte che - ha sottolineato Anselmo - ci descrive la drammaticità delle ferite di Cucchi ed una seconda parte che ci descrive quanto inconsistenti fossero le lesioni, questo è il corto circuito. E' inaccettabile''
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