Pigs! La crisi spiegata a tutti, di Paolo Ferrero, con il contributo di Checchino Antonini, edito da DeriveApprodi,
nasce dall’esigenza di raccontare e spiegare ai cittadini, ormai con
l'immaginario saturato dalle parole dei tecnici, quali siano le vere
origini di questa crisi e le proposte per uscirne.
I governi tecnici, spiega Ferrero con semplicità e chiarezza, dichiarano che la crisi sia causata dal problema del debito pubblico e che si uscirà dalla recessione attraverso i tagli, ma soprattutto per mezzo della riduzione dei diritti e dei salari. Con il libro di Ferrero si arriva a rovesciare questa verità analizzandone i punti principali.
“No, il problema non è il debito pubblico, ma la speculazione”.
La crisi, figlia del 2008, è nata negli Usa quando sia le banche quanto le finanziarie private hanno pensato bene di escogitare una nuova modalità per allargare il mercato finanziario offrendo mutui anche ai più poveri ma con tassi molto elevati. Questo ha favorito le banche nel momento in cui i più bisognosi non sono stati in gradi di pagare le rate. E cosa ha creato tale inadempienza? A questo punto molte banche piccole e numerose finanziarie hanno fallito, senza scordare tuttavia, che la maggioranza di esse è stata salvata dagli Usa con un investimento di 14,000 miliardi di dollari.
Le banche salvate non hanno dovuto cambiare il loro funzionamento e questo ha permesso agli speculatori di continuare a “trafficare” e proprio nei debiti pubblici hanno trovato un vero luogo dove guadagnare.
“No, facendo i tagli non si esce dalla crisi. La crisi si aggrava”.
Perché? Cosa causano le politiche di austerità? I soldi spesi dallo Stato e dagli stessi cittadini diminuiscono così tanto da peggiorare la situazione. I cittadini non hanno da spendere, da investire, gli stessi imprenditori che riescono a creare merce non possono vendere perché le persone non possono acquistare. Le stesse banche tendono a non concedere più prestiti, o a fornire tassi di interesse molto elevati.
“Riducendo i salari non si esce dalla crisi”.
I lavoratori sono costretti a lavorare con contratti “atipici”, salari spesso molto bassi che non consentono di far girare l’economia. La Fornero, demolendo l’articolo 18, non farebbe altro che peggiorare la situazione. Ma ricordiamo le vicende legate alla Fiat, dal 2000, quando Marchionne, amministratore delegato della Fiat ha ammazzato i diritti dei lavoratori: “O lavorate più tempo con meno diritti o trasferisco l’azienda in Serbia”. La condizione di precariato, ahimè, resta ricattabile. Ma il punto è un altro. Lavorare di più in queste condizioni è sfruttamento: il lavoratore produce di più e guadagna di meno. Trasferire l’azienda in Serbia cosa causerebbe? Gli operai sarebbero pagati 300 euro al mese e non avrebbero abbastanza denaro per acquistarle. La Fiat tenterebbe di esportarle qui in Italia, ma… chi le comprerebbe qui se i lavoratori vengono licenziati o messi in cassa integrazione? E, a dimostrare il carattere ideologico di ogni delocalizzazione, bisogna ricordare che il costo del lavoro incide appena per il 7% sul prezzo finale di un'automobile.
“No, con le liberalizzazioni non si esce dalla crisi”.
La questione delle liberalizzazioni diventa un ulteriore problema per i portafogli dei cittadini perché dove avviene non fa altro che aumentare le tariffe le tariffe a scapito degli utenti.
Con questi chiarimenti Ferrero ha ribaltato le “verità" dei tecnici, ma cosa propone il libro per uscire dalla crisi? In primis parla della necessità di garantire i diritti dei lavoratori e il diritto all’informazione perché possano permettere ai cittadini di ottenere un livello di conoscenza utile alla democrazia stessa. Considera la necessità di creare un welfare europeo, pubblico, universalista e omogeneo. I Beni Comuni, tra questi l’acqua, la salute, l’informazione, il sapere, non devono essere privatizzati. Occorre piuttosto creare un vero spazio pubblico dove gli stessi bisogni sociali possano venire soddisfatti e attraverso un intervento pubblico che preveda il controllo permanente di lavoratori e cittadini.
I lavoratori all’interno di questo programma devono essere posti al centro insieme alla natura, quindi, sarà indispensabile una riconversione in senso ecologico dell'economia (energie alternative, manutenzione e riassetto del territorio, riorganizzazione dei trasporti, sviluppo della ricerca…). Indispensabile ridistribuire il lavoro, ridurre l’orario di impiego e accorciare il numero di anni utili per andare in pensione. E ancora bloccare la speculazione riassegnando il potere al popolo. Non ci sarà ripresa senza togliere di mezzo il fiscal compact.
Paolo Ferrero, nato a Pomaretto nel 1960. operaio e poi cassintegreto della Fiat. Ha ricoperto ruoli di direzione politica in Cgil e Democrazia Proletaria. Oggi è Segretario di Rifondazione Comunista.
Pigs! La crisi spiegata a tutti
di Paolo Ferrero
DeriviAPPRODI
collana FuoriFuoco
pagine 210
euro 12, 00
I governi tecnici, spiega Ferrero con semplicità e chiarezza, dichiarano che la crisi sia causata dal problema del debito pubblico e che si uscirà dalla recessione attraverso i tagli, ma soprattutto per mezzo della riduzione dei diritti e dei salari. Con il libro di Ferrero si arriva a rovesciare questa verità analizzandone i punti principali.
“No, il problema non è il debito pubblico, ma la speculazione”.
La crisi, figlia del 2008, è nata negli Usa quando sia le banche quanto le finanziarie private hanno pensato bene di escogitare una nuova modalità per allargare il mercato finanziario offrendo mutui anche ai più poveri ma con tassi molto elevati. Questo ha favorito le banche nel momento in cui i più bisognosi non sono stati in gradi di pagare le rate. E cosa ha creato tale inadempienza? A questo punto molte banche piccole e numerose finanziarie hanno fallito, senza scordare tuttavia, che la maggioranza di esse è stata salvata dagli Usa con un investimento di 14,000 miliardi di dollari.
Le banche salvate non hanno dovuto cambiare il loro funzionamento e questo ha permesso agli speculatori di continuare a “trafficare” e proprio nei debiti pubblici hanno trovato un vero luogo dove guadagnare.
“No, facendo i tagli non si esce dalla crisi. La crisi si aggrava”.
Perché? Cosa causano le politiche di austerità? I soldi spesi dallo Stato e dagli stessi cittadini diminuiscono così tanto da peggiorare la situazione. I cittadini non hanno da spendere, da investire, gli stessi imprenditori che riescono a creare merce non possono vendere perché le persone non possono acquistare. Le stesse banche tendono a non concedere più prestiti, o a fornire tassi di interesse molto elevati.
“Riducendo i salari non si esce dalla crisi”.
I lavoratori sono costretti a lavorare con contratti “atipici”, salari spesso molto bassi che non consentono di far girare l’economia. La Fornero, demolendo l’articolo 18, non farebbe altro che peggiorare la situazione. Ma ricordiamo le vicende legate alla Fiat, dal 2000, quando Marchionne, amministratore delegato della Fiat ha ammazzato i diritti dei lavoratori: “O lavorate più tempo con meno diritti o trasferisco l’azienda in Serbia”. La condizione di precariato, ahimè, resta ricattabile. Ma il punto è un altro. Lavorare di più in queste condizioni è sfruttamento: il lavoratore produce di più e guadagna di meno. Trasferire l’azienda in Serbia cosa causerebbe? Gli operai sarebbero pagati 300 euro al mese e non avrebbero abbastanza denaro per acquistarle. La Fiat tenterebbe di esportarle qui in Italia, ma… chi le comprerebbe qui se i lavoratori vengono licenziati o messi in cassa integrazione? E, a dimostrare il carattere ideologico di ogni delocalizzazione, bisogna ricordare che il costo del lavoro incide appena per il 7% sul prezzo finale di un'automobile.
“No, con le liberalizzazioni non si esce dalla crisi”.
La questione delle liberalizzazioni diventa un ulteriore problema per i portafogli dei cittadini perché dove avviene non fa altro che aumentare le tariffe le tariffe a scapito degli utenti.
Con questi chiarimenti Ferrero ha ribaltato le “verità" dei tecnici, ma cosa propone il libro per uscire dalla crisi? In primis parla della necessità di garantire i diritti dei lavoratori e il diritto all’informazione perché possano permettere ai cittadini di ottenere un livello di conoscenza utile alla democrazia stessa. Considera la necessità di creare un welfare europeo, pubblico, universalista e omogeneo. I Beni Comuni, tra questi l’acqua, la salute, l’informazione, il sapere, non devono essere privatizzati. Occorre piuttosto creare un vero spazio pubblico dove gli stessi bisogni sociali possano venire soddisfatti e attraverso un intervento pubblico che preveda il controllo permanente di lavoratori e cittadini.
I lavoratori all’interno di questo programma devono essere posti al centro insieme alla natura, quindi, sarà indispensabile una riconversione in senso ecologico dell'economia (energie alternative, manutenzione e riassetto del territorio, riorganizzazione dei trasporti, sviluppo della ricerca…). Indispensabile ridistribuire il lavoro, ridurre l’orario di impiego e accorciare il numero di anni utili per andare in pensione. E ancora bloccare la speculazione riassegnando il potere al popolo. Non ci sarà ripresa senza togliere di mezzo il fiscal compact.
Paolo Ferrero, nato a Pomaretto nel 1960. operaio e poi cassintegreto della Fiat. Ha ricoperto ruoli di direzione politica in Cgil e Democrazia Proletaria. Oggi è Segretario di Rifondazione Comunista.
Pigs! La crisi spiegata a tutti
di Paolo Ferrero
DeriviAPPRODI
collana FuoriFuoco
pagine 210
euro 12, 00
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