lunedì 3 settembre 2012

La ricetta Usa che genera posti di lavoro

di Federico Rampini, da Repubblica, 2 settembre 2012
NEW YORK - Due milioni di posti di lavoro creati. È il frutto della politica monetaria americana, di cui l'Europa avrebbe bisogno. Due milioni di assunzioni aggiuntive, dal 2009 ad oggi, fanno la differenza tra la situazione sociale dell'eurozona e quella degli Usa.
Nonostante questo la Federal Reserve non considera di avere esaurito il suo compito. L'importante discorso pronunciato venerdì dal banchiere centrale americano Ben Bernanke a Jackson Hole, ha lanciato segnali inequivocabili: al prossimo meeting della Fed il 12 e 13 settembre i mercati si aspettano l'annuncio di nuovi interventi.

IL PIENO IMPIEGO

Come può una banca centrale "creare" lavoro, e per di più in misura così consistente? Quali sono i meccanismi con cui agisce? E perché lo fa? L'ultima di queste tre domande racchiude una differenza costituzionale tra la Fed e la Bce. La banca centrale americana ha l'obbligo di perseguire il pieno impiego, non solo di lottare contro l'inflazione. E si vede: anche dall'attenzione che Bernanke ha dedicato l'altroieri all'analisi della disoccupazione. In un passaggio del suo discorso, ha sottolineato i danni enormi che ne derivano: "L'alto numero di persone senza lavoro è una grave preoccupazione, non solo per le enormi sofferenze e lo spreco di talenti umani che comporta, ma anche perché gli elevati livelli di disoccupazione creano un danno strutturale alla nostra economia che può durare per anni". Questo tipo di analisi è condivisa da coloro che studiano da vicino la disoccupazione, e ancor più da coloro che la vivono. Oltre all'impoverimento materiale ce n'è uno psicologico, conseguente alla perdita di status, di ruolo sociale, di autostima. Quando l'inattività dura a lungo, inoltre, si dilapidano competenze, si degrada l'attitudine al lavoro, alle dinamiche relazionali che vi sono collegate. E' una distruzione di ricchezza, superiore a quella di un impianto industriale che arrugginisce o diventa obsoleto per mancanza di manutenzione. Questi fenomeni sono tristemente noti dai tempi della Grande Depressione, ma non è scontato che catturino l'attenzione di un banchiere centrale e diventino il nucleo portante della sua strategia.
Come si è mossa la Fed, per cercare di ridurre la disoccupazione? I suoi strumenti sono indiretti, ovviamente non è lei ad assumere i senza lavoro, e tuttavia la sua efficacia è indiscutibile. Nessuno dei tanti economisti presenti al simposio di Jackson Hole - anche quelli fortemente critici del suo operato - ha messo in discussione i calcoli di Bernanke: sui quattro milioni di nuovi posti di lavoro creati dal settore privato in America dopo il 2009, la metà sono la conseguenza delle azioni della banca centrale. Queste azioni hanno generato una crescita aggiuntiva dell'ordine del 3% di Pil.

"QUANTITATIVE EASING"Gli interventi della Fed sono "costati" 2.300 miliardi di dollari, ma a differenza del piano per la crescita di Barack Obama (800 miliardi di investimenti pubblici, varati nel gennaio 2009) ciò che ha fatto Bernanke non pesa sul contribuente, non fa aumentare il debito statale. La banca centrale infatti ha il potere di stampare moneta, questa è la sua ragion d'essere originaria. Dal dicembre 2008 ad oggi, questo potere è stato usato da Bernanke con il metodo del "quantitative easing". Letteralmente si traduce in "facilitazione quantitativa". La sostanza è questa: la Fed ha creato 2.300 miliardi di moneta e li ha spesi per comprare buoni del Tesoro americani (o titoli simili, come le obbligazioni emesse dagli istituti di credito immobiliare semi-pubblici). Perché acquistando quei titoli, ha dato luogo a due milioni di posti di lavoro netti in più? La catena di trasmissione degli effetti funziona in tre passaggi semplici.

Se la Fed si presenta sul mercato come acquirente di Treasury Bond, essa aumenta la domanda di questi titoli. Come in ogni mercato, un aumento della domanda fa salire il prezzo. Nel caso dei titoli l'aumento del prezzo ha un effetto particolare: fa scendere il rendimento. Il meccanismo aritmetico è facile da capire. Immaginiamo un Bot che viene emesso dallo Stato per un valore nominale di 100 euro e una cedola d'interesse del 3% cioè un rendimento di 3 euro dopo un anno. Lo stesso Bot viene venduto a un'asta dove la domanda sale così tanto che gli investitori pagano 120 euro per comprarlo. A quel punto il suo rendimento di 3 euro rappresenta un interesse del 2,5% (3 è il 2,5% di 120). Ecco perché si dice che l'interesse si muove "inversamente" al valore di un titolo. Ed ecco come l'intervento della banca centrale con massicci acquisti di bond può spostare verso il basso i tassi d'interesse. Il secondo passaggio avviene perché i tassi d'interesse che ci riguardano da vicino, sono agganciati a quelli dei bond pubblici. Esempio: qui in America i mutui per la casa, a 15 anni o a 30 anni, hanno degli interessi che seguono strettamente quelli dei Treasury bond di lungo termine. Se la Fed riesce ad abbassare i tassi dei bond, automaticamente accade lo stesso per i mutui-casa (ed anche altre forme di credito al consumo).

MUTUI MENO CARITerzo passaggio, esempio concreto. Il calo dei tassi sui mutui c'è davvero, in effetti la mia banca locale di recente mi ha proposto di rinegoziare il mio mutuo pre-esistente, rifinanziandolo in base alle nuove condizioni in modo che io paghi una rata mensile inferiore. Gli effetti sull'economia reale sono molteplici. Per chi è in cerca di prima casa, l'accesso al credito è meno costoso. Infatti il mercato immobiliare Usa - che fu il "buco nero" all'origine dell'implosione finanziaria del 2008 - sta mostrando segni di ripresa. Se io ho già una casa, il rifinanziamento del mutuo pre-esistente mi crea una liquidità aggiuntiva che posso destinare a ridurre i miei debiti o fare altre spese. Anche in questo caso l'effetto è percepibile. Gli Stati Uniti hanno avuto una crescita dell'1,7% nel trimestre scorso, i consumi non sono depressi come in Europa. Il tasso di disoccupazione è all'8,3% in America, all'11% nell'eurozona. 

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