Non siamo andati a Roma al Teatro Italia alla presentazione del movimento di
De Magistris. Siccome in molti ci hanno chiesto il perché, e siccome
avevamo scritto qualche giorno fa che ci saremmo stati, ci sembra giusto
scrivere queste righe per spiegare cos’è cambiato.
La
settimana scorsa avevamo ricevuto, sulla mail personale della nostra
portavoce Viola Carofalo, un invito a intervenire, e con piacere avevamo
accettato. Innanzitutto perché siamo aperti al confronto con tutti
quelli che davvero vogliono cambiare le cose, poi perché abbiamo tante
idee e pratiche da condividere e infine perché stimiamo il Sindaco di
Napoli che ha dimostrato in più occasioni onestà e coraggio.
Purtroppo
abbiamo saputo due giorni fa dagli organizzatori dell’evento che
l’incontro si sarebbe svolto nel seguente modo: 23 interventi già
fissati di 5 minuti, nessun intervento “politico” ma solo di “esperienze
sociali”. Noi avremmo potuto intervenire una volta, ma non
presentandoci come Potere al Popolo!, non facendo parlare un napoletano
(!), e non parlando come realtà politica, ma solo raccontando qualche
lotta in cui siamo impegnati come singoli militanti. I soli soggetti
politici titolati a parlare sarebbero stati il coordinatore di DEMA
all’inizio e De Magistris alla fine.
Morale
della favola: Viola, anche se ha militato per 20 anni nei centri
sociali, non poteva parlare in quanto Ka$taaaaa; anzi proprio Potere al
Popolo! non poteva parlare. Anche se non è un partito, ma un movimento
esattamente come DEMA. Anche se siamo nati da solo un anno proprio come
movimento sociale imperniato intorno alle Case del Popolo. Siamo stati
considerati, da un soggetto politico che peraltro è al governo di una
grande città, identici a chi è stato nel centrosinistra e solo fino
pochi mesi fa era candidato con D’Alema e soci…
Ma
c’è di più. Visto che ai precedenti incontri organizzati da De
Magistris erano intervenuti tutti i partiti da Sinistra Italiana a
Rifondazione, passando per formazioni minori, visto che Sinistra
Italiana risultava persino organizzatrice dell’iniziativa su FB, non
potevamo non chiederci: ma che fine hanno fatto questi?
Dopo
poco si è svelato l’arcano: i partiti c’erano. Non sarebbero
intervenuti i leader, che fanno tanto “sfigati della sinistra”, ma
membri significativi di quei partiti nella veste di attivisti sociali.
Di modo che il racconto della giornata avrebbe potuto essere: “ci siamo
raccolti dal basso, siamo una coalizione civica, i cattivi partiti non
ci sono, questa non è Rivoluzione Civile o l’Altra Europa 2”…
Ora,
a sinistra negli ultimi anni si son viste tante cose strane, eh. Ma una
cosa così non l’avevamo ancora sentita. Certo, sarebbe stato divertente
giocare a “trova l’intruso” e passare la mattinata in teatro a scoprire
chi dei relatori ha una o più tessere in tasca, ma il tempo della vita è
breve e preferiamo declinare. Capiamo che i vecchi partiti della
sinistra si aggrappino a tutto perché per esistere devono eleggere e
oggi De Magistris sembra un buon cavallo, ma a tutto c’è un limite…
Com’è possibile che migliaia di militanti di quei partiti si trovino
trascinati ancora una volta in un nuovo cartello senza che nessuno li
interpelli?
Da
un anno noi stiamo provando a “fare tutto al contrario”: partire non da
appelli vaghi, leaderismi, candidature, ma dalle assemblee
territoriali, dal lavoro a contatto con il blocco sociale, da processi
democratici, da un programma chiaro e radicale. L’unità è certo un valore, ma non si fa cucendo un vestito da Arlecchino, dove sta insieme tutto e il contrario di tutto.
L’unità si deve fare innanzitutto con il nostro blocco sociale, su
questioni concrete, su contenuti chiari: deve servire alle persone per
essere più forti, non a residuali gruppi dirigenti per sopravvivere.
Avremmo detto questo se fossimo intervenuti: che bisogna rompere con le modalità della vecchia sinistra,
per la quale per cambiare questa situazione basterebbe mettersi tutti
insieme, avere un “uomo della provvidenza” o un marketing più
allettante. No: per il disastro che è stato prodotto negli ultimi
trent’anni, bisogna ricominciare rendendosi credibili nelle lotte,
coerenti nelle posizioni. Non esistono scorciatoie. Bisogna lavorare
capillarmente, trasformare la mentalità delle persone con gesti
concreti. Bisogna anche iniziare a far apparire un orizzonte diverso dal presente,
mostrare che le singole lotte non possono fare a meno di proporre
un’altra idea di società, in cui un potere popolare controlli mercato e
profitto, riavviando la marcia verso il superamento del capitalismo. In
passato si è riusciti a cambiare il mondo proprio perché non si ha avuto
paura di ribaltarlo. Se invece la sinistra educa alla rassegnazione,
all’adattamento, al meno peggio, si rivela inutile e destinata a
sparire.
Avremmo anche detto che bisogna dire basta alla falsa alternativa tra l’europeismo liberista della sinistra e il nazionalismo liberista della destra.
L’Unione Europea con i suoi trattati e il suo sistema di poteri e
regole è l’inevitabile avversario di ogni progetto di eguaglianza
sociale e di ritorno al controllo democratico sul mercato e sulla
finanza. I trattati europei sono stati costruiti su principi che sono in
totale contrasto con i valori della Costituzione del 1948. Il popolo
italiano non ha mai votato su quei trattati. Ci vogliono imprigionare
nella falsa dicotomia europeisti vs anti-europeisti, ma la verità è che
c’è un’unica Unione Europea che fa le stesse politiche sociali contro i
lavoratori, i migranti, i servizi pubblici, fa le stesse guerre e
speculazioni, e si divide solo su come si spartisce il bottino. Non
esiste alcuna possibilità di costruire un’alternativa popolare stando
dentro i vincoli liberisti dei trattati UE o di quelli guerrafondai
della NATO. Si può e si deve discutere sul come, ma non più se rompere o
meno con i trattati. L’unità dei popoli europei può avvenire solo su basi completamente diverse da quelle che finora ci sono state imposte.
È
di come fare tutto questo che stiamo discutendo nelle nostre assemblee
territoriali. Fra un mese finiremo questa discussione, miglioreremo il
nostro programma, e le proposte emerse nel dibattito saranno messe in
votazione sulla piattaforma su cui tutti gli iscritti potranno votare e
scegliere cosa dovrà fare Potere al Popolo! alle prossime elezioni
europee.
Speriamo
che su questi temi ci sarà modo di parlare anche con chi oggi era al
Teatro Italia sinceramente preoccupato della situazione e motivato a
cambiarla. Noi siamo aperti al confronto con chiunque, perché ci
interessa essere creativi, sperimentare strade nuove, e non chiuderci
nelle vecchie liturgie.
Nel
frattempo invitiamo tutte e tutti sia a partecipare al lavoro di base
nelle nostre Case del Popolo, per mostrare concretamente che c’è un
altro modo di fare politica, sia a scendere in piazza l’8 dicembre,
innanzitutto a Torino, per reagire a quella vergogna, a quel coacervo di
interessi speculativi, mafie, politicume chiamato SI TAV, ma anche in
Salento per dire No alla TAP, in Sicilia per dire No al MUOS, alle opere
inutili e alla devastazione ambientale.
Inoltre,
invitiamo tutte e tutti il 15 dicembre a Roma, per la manifestazione
“Get up, stand up”, che vedrà protagonisti migranti, braccianti,
lavoratori italiani e stranieri insieme. Le elezioni in fondo non fanno
che fotografare rapporti di forza reali. Crediamo che una grande piazza
in cui si tocchi con mano l’unità degli sfruttati sia il miglior viatico
per combattere l’Unione Europea non solo di Orban e Salvini, ma anche
di Merkel, Juncker e Macron.
*****
Qui
di seguito i “cinque punti” su cui Potere al Popolo ha avviato la
discussione tra gli attivisti e su cui, naturalmente, si confronta con
chiunque.
CINQUE PUNTI PER LA DISCUSSIONE SULL’EUROPA E SULLE ELEZIONI EUROPEE
Si
avvicinano le elezioni europee e, come per il cambio d’abito con il
cambiamento di stagione, nei partiti di una sempre più ristretta
sinistra radicale italiana, prima si realizzano le solite scissioni e
poi ci si prepara ad indossare il vestito dell’unità.
L’unità
nasce da un sacrosanto bisogno di unione degli oppressi contro il
potere, necessità che sta nel nucleo della nostra storia: proletari di
tutto il mondo unitevi. Ogni lotta ha bisogno di unione e cerca di
costruirla, ma questo bisogno vitale di unità nulla ha a che vedere con
l’uso che ne fanno alcuni ceti politici per giustificare sé stessi.
Periodicamente
si annuncia che questo vestito unitario sarà nuovo, di fattura
completamente diversa da quelli dismessi ed abbandonati nelle stagioni
precedenti, che avrà un nuovo nome ed un nuovo sarto. In questo tornante
elettorale il sarto dovrebbe essere Luigi De Magistris, che in effetti
ha delle buone credenziali: è persona onesta e combattiva ed ha una
storia di successi elettorali comunali che potrebbero diventare
risultati utili alle elezioni europee.
Noi
abbiamo sostenuto De Magistris nella sua esperienza e nei suoi duri
conflitti per guidare l’amministrazione di Napoli verso strade
completamente diverse dal passato, soprattutto quando fu momentaneamente
destituito da una manovra simile a quella che oggi colpisce il sindaco
di Riace. Una manovra che egli seppe sconfiggere facendo con
determinazione ed umiltà il sindaco di strada. Se la memoria non ci
tradisce allora non erano in tanti a sostenerlo nei momenti più
difficili e noi siamo stati con il sindaco. Per questo ci sentiamo oggi
in dovere di essere franchi con lui.
Se
Luigi De Magistris farà solo il confezionatore del vestito nuovo della
vecchia sinistra, fallirà come sono falliti i cambi d’abito precedenti.
Vorremmo evitare che ciò avvenisse, perché ad ogni progetto di unità
della sinistra che finisce male la credibilità e la forza di tutto il
nostro mondo si riduce. Ci sentiamo per questo in dovere di affermare
quelli che, secondo noi, dovrebbero essere i fondamenti affinché la
battaglia elettorale delle europee non finisca come tutte le altre che
l’hanno preceduta.
-
Rompere con il tradimento della sinistra.
L’Italia
è stato il paese con la più grande sinistra dell’Europa Occidentale ed
ora è il paese con la sinistra più debole. Milioni di operai,
disoccupati, poveri e sfruttati hanno deciso di abbandonare il campo
politico/elettorale della sinistra per affidare le loro aspettative ai
Cinque Stelle e alla Lega. La ragione é solo una e va affermata in tutta
la sua immediata brutalità: la sinistra ha tradito chi doveva
rappresentare, ha abbandonato la sua storia e cultura, per scegliere le
privatizzazioni, la priorità delle imprese, il profitto. Oggi se in una
fabbrica o in una periferia ci si qualifica come sinistra ci si sente
accusare di essere i colpevoli del Jobs Act, della legge Fornero, delle
privatizzazioni. La vecchia destra reazionaria e fascista, che è una
delle anime profonde del paese, ha sfruttato fino in fondo questo
tradimento sociale della sinistra, trasformandolo in occasione di
rivincita storica. Il ritorno di forze e valori reazionari, oggi
principalmente interpretato dalla Lega di Salvini, non può essere
affrontato da una sinistra che ha abbandonato il campo della eguaglianza
sociale nel nome del libero mercato e della intoccabilità dei vincoli
europei. Se si resta in questo campo la destra continuerà a presentarsi
come forza di popolo contro le élites. Anche quando si accorderà con le
élites per conservare il potere.
Anche
la sinistra cosiddetta radicale, anche quando riscuoteva un certo
consenso, non é stata in grado di contrastare, né tantomeno di costruire
un’alternativa, alla deriva neoliberale del PD e del centrosinistra.
Occorre
quindi una autocritica complessiva e una rottura aperta, pubblica,
dichiarata su ciò che è stata la sinistra in Italia negli ultimi
decenni, autocritica che porti a programmi diverse, a diverse pratiche, a
una diversa sfida e interlocuzione sociale sulla rappresentanza.
2) No alla falsa alternativa tra europeismo neoliberale e euronazionalismo
L’Unione
Europea con i suoi trattati ed il suo sistema di poteri e regole è
l’inevitabile avversario di ogni progetto di eguaglianza sociale e di
ritorno al controllo dei poteri democratici e pubblici sul mercato e
sulla finanza. I trattati europei sono stati costruiti su principi e
vincoli liberisti che sono in totale contrasto con i principi e valori
della Costituzione del 1948, a partire dall’articolo 3. Le forze
reazionarie, razziste non sono affatto una alternativa, seppure barbara,
alla UE liberista ma una sua forma di adattamento alla crisi economica.
L’Europa fortezza, nemica sia dei popoli del sud che della Russia e
della Cina, può tranquillamente continuare le politiche liberiste mentre
affonda le barche dei migranti e finanzia la guerra dei fascisti
Ucraini. Anche i governi più reazionari e xenofobi della UE, quelli di
Austria e Ungheria, sono stati i più rigidi contro i timidi tentativi
del governo gialloverde di allargare le maglie del Fiscal Compact. Ma
anche l’alternativa di un fronte che vada da Macron a Tsipras non
cambierebbe la sostanza di un sistema di potere UE che ha come scopo
fondamentale la distruzione dello stato sociale e dei diritti del
lavoro. Da un lato una UE nemica dei migranti e dei poveri, dall’altro
una UE più amica delle multinazionali e delle guerre NATO, entrambe con
le stesse politiche economiche e sociali. Questa è la finta
contrapposizione che bisogna combattere e rovesciare. Questo è possibile
solo mettendo in campo una alternativa fondata sulla rottura con i
vincoli liberisti dei trattati UE, così come con quelli guerrafondai
della NATO. Non esiste alcuna possibilità di costruire una alternativa
di sinistra sociale e popolare stando dentro questi vincoli. Si può e
si deve discutere sul come, ma non più se rompere o meno con i Trattati europei.
Questa è una discriminante di fondo, averla ignorata sta portando al
suicidio della sinistra. Questa UE non è riformabile se non in peggio,
l’unità dei popoli europei può avvenire solo su basi completamente
diverse da quelle disegnate e imposte dai trattati liberisti della UE e
fuori dalla NATO, dalle sue politiche di riarmo e guerra.
3) Noi agiamo per un’altra società
Non
basta più enunciare i singoli provvedimenti che si rivendicano, le
ingiustizie che si vogliono combattere. La sinistra popolare,
socialista, comunista ha rotto con la sinistra borghese e liberale più
di un secolo e mezzo fa nel nome della critica al capitalismo e della
questione sociale. Gli ultimi trenta e più anni di dominio del
capitalismo hanno invece distrutto in Europa grandi conquiste sociali e
frantumato il mondo del lavoro, restaurando il sistema del più brutale
sfruttamento ed estendendo tale sfruttamento devastante dalle persone
alla natura.
Con
questa restaurazione si è affermata anche l’ideologia liberale come
unico orizzonte possibile della umanità. Per cui anche le persone
sfruttate hanno finito per rassegnarsi, o perfino colpevolizzarsi della,
loro condizione. Non ci sono alternative è il motto autoritario che
oggi distrugge la democrazia riducendola ad una competizione tra elites
che hanno gli stessi programmi economici.
In
questo contesto il “riformismo”, inteso come pura sottomissione ai
vincoli del sistema dominante, è diventato l’ideologia ufficiale della
sinistra europea e della maggioranza delle direzioni sindacali. Eppure
mai come oggi é chiaro come anche i piccoli cambiamenti richiedano
rotture di sistema. Ogni volta che un movimento o una lotta arrivano a
conseguire risultati, il sistema reagisce o isolando quegli stessi
risultati, o travolgendoli con la forza della propria immodificabilità.
Le
singole rivendicazioni e lotte non possono fare meno di proporre
un’altra società, ove un potere pubblico, democratico e sociale
controlli e sottometta mercato e profitto, riavviando la marcia verso il
superamento del capitalismo, verso il socialismo. Bisogna avere il
coraggio di proporre un’alternativa di società alle persone oppresse e
sfruttate, istigate e imbrigliate da un scetticismo secondo cui questo é
il mondo e tu non ci puoi fare niente. La sinistra è stata capace di
cambiare il mondo proprio perché non ha avuto paura di affermare la
propria intenzione di ribaltarlo. Se invece educa alla rassegnazione,
all’adattamento, al meno peggio, la sinistra si rivela inutile e per
questo scompare.
4) Riscostruire l’unità sui contenuti per unire le forze.
Non
si possono semplicemente mettere assieme i residui della sinistra se si
vuole costruire una unità utile alle lotte e per il cambiamento
sociale. Bisogna avere la consapevolezza che bisogna ricostruire
pratiche sociali e punti di vista, bisogna lottare per emanciparsi ed
emanciparsi per lottare. La manifestazione per il SI al TAV a Torino,
che ha visto un fronte politico che va dal PD all’estrema destra, rivela
un fronte sociale corporativo con sindacati complici e imprese, un
fronte culturale che va da intellettuali democratici ai teorici della
libera impresa e delle Grandi opere. Quel fronte è nostro avversario,
allo stesso modo del fronte fondato su legge ordine e xenofobia che si
raggruppa attorno Salvini.
Sono
i contenuti che determinano gli schieramenti. È tra i contenuti che
bisogna ricostruire l’unità. Oggi una rigorosa piattaforma di
rivendicazioni sociali, popolari, ambientaliste, democratiche è la prima
discriminante in politica. E’ diventata una forma di ipocrisia
sostenere che non va discusso ciò che è “divisivo”. No, é proprio su ciò
che è divisivo che bisogna discutere se si vuole costruire una unità
che serva alle persone e non soltanto agli equilibri tra i gruppi
dirigenti.
5) Le alleanze elettorali non sono un taxi per arrivare al seggio.
Si
possono avere alleanze elettorali tra forze diverse, ma queste non
possono avere come unico scopo quello di essere eletti ad ogni costo. I
(sempre più scarsi) risultati raggiunti in questo modo, hanno dimostrato
di non essere affatto un accumulo delle forze di cui abbiamo necessità
per rovesciare il tavolo. Al contrario alleanze basate su questa logica
hanno ampiamente dimostrato di essere fallimentari e non solo perché
spesso hanno mancato l’obiettivo, ma perché non hanno consolidato nulla
dopo il voto. Devono essere sempre i comportamenti reali e i contenuti
dei programmi a decidere.
Per
quanto riguarda le elezioni europee, una alleanza elettorale di forze e
movimenti che lottano contro il razzismo, il capitalismo, il
patriarcato e la distruzione dell’ambiente dovrebbe rispondere ad alcuni
criteri di fondo. A) Essere in chiara opposizione al governo
gialloverde, ma anche alternativa al PD e al centrosinistra.
b)
Sostenere la posizione sulla Unione Europea del Patto di Lisbona tra
diverse forze, in particolare sulla necessità di rompere con i trattati
UE, contrastare tutti i diktat liberisti della Commissione Europea,
rimettere in campo una alternativa alle istituzioni esistenti come
indica l’approccio del “Piano B”. Fare dunque gruppo con le forze di
quel patto nel parlamento UE. Da questo approccio derivano gli specifici
punti di programma e di conflitto: abolizione del Fiscal Compact e
cancellazione dei piani per le Grandi Opere; abrogazione della legge
Fornero e progetto europeo di riduzione degli orari di lavoro;
reintroduzione dell’articolo 18 e un piano europeo di diritti per il
lavoro; controllo sui movimenti di capitali e divieto per le
delocalizzazioni e il dumping fiscale tra gli Stati; nazionalizzazioni
in Italia e cancellazione del divieto di aiuti di Stato nella UE;
libertà per le politiche di bilancio di ogni Stato e superamento del
divieto per la BCE di sostenere gli stati in difficoltà. Nella sostanza
un programma di rottura con l’austerità e i suoi vincoli UE, da
realizzare comunque.
Infine
ci vorrà una selezione dei candidati con procedure democratiche dal
basso. È necessario che i gruppi dirigenti dei partiti della sinistra
radicale e i candidati “a tutte le elezioni” facciano finalmente tutti
un passo indietro e si ponga fine alla logica delle persone sole al
comando. Ogni eventuale parlamentare dovrà rispondere al vincolo di
mandato delle sue elettrici e dei suoi elettori.
Se
su questi punti sarà possibile un confronto aperto e trasparente con De
Magistris e altre forze, un confronto che alla fine non produca le
solite piattaforme genericamente antiliberiste del tutto inefficaci tra i
settori popolari, Potere al Popolo parteciperà al confronto riservando
comunque ai propri iscritti il giudizio finale sui risultati.
Se
questo non sarà possibile, sarà allora necessario ribadire che Potere
al Popolo ha intrapreso il suo percorso proprio per cercare di
costruire, negli obiettivi, nelle pratiche e anche nelle modalità di
funzionamento dell’organizzazione, qualcosa di diverso dalle esperienze
passate della sinistra radicale italiana. E PaP non metterà in
discussione questa scelta di fondo solo per qualche posto in confusi
aggregati elettorali.
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