contropiano
L’assemblea
che abbiamo tenuta a Roma mercoledì 5 dicembre al Cinema Palazzo ci
spinge a sviluppare una riflessione al fine di poter continuare il
ragionamento avviato e alimentare la costruzione di un movimento
antipenale in grado di mettere in discussione le politiche sicuritarie e
repressive messe in campo in Italia negli ultimi 20 anni e rivendicare
il diritto al dissenso e resistenza e la legittimità delle lotte e del
conflitto sociale.
Le
condanne, come le migliaia di denunce e misure a carico degli attivisti
sociali, ci dicono che sempre più spesso i magistrati dalle aule dei
tribunali italiani motivano le loro accuse sulla base della pericolosità
sociale dell’individuo che protesta, che a questo punto non è più tanto
giudicato per ciò che ha commesso, ma per quello che rappresenta nei
confronti della società: un margianle, un diverso, un disadattato, un
ribelle per vocazione e dunque necessariamente un nemico a cui di volta
in volta si applicano misure giuridiche straordinarie, o accentuando nei
suoi confronti la funzione repressiva-preventiva. E’ quello che alcuni
giuristi denunciano come uno spostamento sul piano del diritto penale da
un sistema giuridico basato sui diritti della persona ad un sistema
basato prevalentemente sulla ragion di Stato.
La
recente approvazione della legge Salvini su immigrazione e sicurezza è
solo la punta di un piano più generale e complessivo di attacco alle
lotte sociali: incarcerazione dei militanti più combattivi, montature
contro i riferimenti di percorsi politici e sindacali, accuse di
pericolosità sociale che si uniscono ai tanti procedimenti giudiziari,
di condanne penali e pecuniarie accumulate in questi anni nei Tribunali
di tutto il paese. Una legge fortemente lesiva dei diritti, che chiude confini e apre a nuove forme di “confino”, un provvedimento costellato di incostituzionalità.
I
diritti inviolabili, il diritto di asilo, l’eguaglianza sostanziale, la
dignità, la libertà di manifestare il proprio dissenso, sono valori
(ancora) tutelati dalla Costituzione: occorre farli vivere mettendo in
campo fronti comuni permanenti contro la repressione, organizzare
iniziative che rompano i meccanismi di isolamento e di esclusione dei
singoli militanti colpiti da procedimenti cautelari e punitivi,
inserendo questo percorso in una più ampia lotta alla legge Salvini
A
fronte di tutto ciò pensiamo che non possiamo più permetterci che il
tutto si limiti al lamento o al silenzio, perché di fatto questo
significa l’accettazione della propria marginalità politica e sociale,
l’accontentarsi di gestire la propria riproduzione in piccoli spazi
urbani compatibili, accettando la logica che oggi è impossibile
invertire la rotta. Chi piange sulla repressione dipinge una controparte
invincibile e infallibile, mentre al contrario riteniamo che è molto
meno potente e compatto di quello che noi pensiamo. Allora, se non
vogliamo essere stritolati nella dialettica tra l’inutile lamento e il
timorato silenzio, dobbiamo trasformare questi dispositivi aprendo un
dibattito al fine di disarticolare l’impianto penalista.
Per
questo e per costruire al meglio i prossimi appuntamenti vogliamo
proporvi di aprire una riflessione collettiva e non settaria sulla
questione delle politiche di sicurezza e sulla spirale repressiva e
disciplinare alla quale siamo oggi sottoposti. A fronte di un’offensiva
condotta non solo contro gli spazi sociali e i movimenti, ma contro ogni
forma di socialità che provi ad uscire dall’ottica di mercato o che
comporti anche solo una minima forma di opposizione, la costruzione di
una risposta trasversale e massiva è oggi un punto prioritario.
Per
opporsi agli sbocchi repressivi di questo scenario riteniamo necessario
investire politicamente il terreno abbozzato all’assemblea del 5
dicembre.
A tal fine abbiamo pensato di aprire una sezione specifica di dibattito sul sito dell’osservatorio repressione (www.osservatoriorepressione)
invitando chiunque sia interessata/o a una discussione collettiva su
come costruire una dinamica contro-egemonica rispetto alla tendenza
sicuritaria in corso, partendo dalle nostre vite e dalle nostre città.
“Uscire dal ghetto, distruggere la gabbia, creare e organizzare la nostra rabbia.”
Inviare il proprio testo per la pubblicazione a:
info@osservatoriorepressione
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