Favola che fa comprendere il mistero del denaro
1. Salvati dal naufragio
Un'esplosione
ha distrutto la loro nave. Ognuno si aggrappava ai primi pezzi
flottanti che gli capitano sotto le mani. Cinque sono riusciti a
trovarsi riuniti sullo stesso relitto che le onde spinge a loro volontà.
Degli altri compagni del naufragio alcuna notizia.
Da ore, lunghe ore, scrutano l'orizonte:
qualche nave in viaggio li vedrà? La loro zattera di fortuna approderà
su qualche riva ospitale?
Ad un tratto, un grido si sente: Terra! Terra laggiù! Guardate! Proprio nella direzione che le onde ci spingono!
Ed a misura che si disegna, in effetto, la linea d'una riva, i visi si rallegrano.
Essi sono cinque: Francesco, il grande e forte carpentiere, che per prima ha gridato: Terra!
Paolo, coltivatore, è quello che voi
vedete avanti a sinistra, inginocchiato, una mano a terra e con l'altra
si tiene aggrappato al palo del relitto.
Giacomo, specialista per l'allevamento
di animali; è l'uomo con i pantaloni a righe, il quale, inginocchiato
guarda verso la direzione indicata.
Enrico, dottore in agraria, un pò grassotto, seduto su una valigia salvata dal naufragio.
Tommaso, ingegnere mineralogista, è il pezzo d'uomo in piede, indietro, con la mano sulla spalla del carpentiere.
2. Un'isola provvidenziale
Rimettere i piedi su una terra ferma, per i nostri uomini è un ritorno alla vita.
Una volta asciugati e riscaldati, il
loro primo pensiero è di fare conoscenza con questa isola dove sono
stati spinti lontani dalla civilizzazione. Questa isola la battezzano
col nome: L'Isola dei Naufraghi.
Un rapido giro sull'isola colma le loro
speranze. L'isola non è un deserto arido. Essi sono bene i soli uomini
ad abitarla attualmente. Ma altri hanno dovuto. viverci prima di loro
dal fatto che hanno incontrato quà e là sull'isola greggi semi selvaggi.
Giacomo, l'allevatore, afferma che potrà migliorarli e trarne un buon
rendimento.
In quando al suolo dell'Isola, Paolo lo trova in gran parte assai propizio alla cultura.
Enrico ha scoperto alberi fruttiferi e spera poter ottenerne grande profitto.
Francesco vi ha notato sopratutto le
belle distese forestali, ricche in legno di ogni specie: sarà molto
facile abbattere alberi e costruire ricoveri per la piccola colonia.
In quanto a Tommaso, l'ingegnere, ciò
che lo ha interressato è la parte la più rocciosa dell'Isola. Egli vi ha
notato molti segni indicando un sottosuolo molto ricco di minerali.
Nonostante la macanza di attrezzi perfezionati, Tommaso crede avere
abbastanza iniziativa e scaltrezza per trasformare il minerale in
metalli utili.
Ognuno potrà dunque occuparsi alle sue
opere favorite per il bene di tutti. Tutti sono unanimi a lodare la
Provvidenza per lo scioglimento relativamente felice d'una grande
tragedia.
3. Le vere ricchezze
Ecco i nostri uomini al lavoro.
Le case ed i mobili sono costruiti dal
falegname. Nei primi tempi, ci siamo accontentati di alimenti primitivi.
Ma ben presto i campi coltivati danno buone raccolte.
Stagioni dopo stagioni, il patrimonio
dell'Isola si arricchisce. Egli si arricchisce non d'oro o di denaro
stampato, ma di vere ricchezze: cose che nutriscono, che abbigliano, che
ricoverano, che rispondono ai veri bisogni.
La vita non è sempre facile come la
deciderebbero. Ad essi mancano tante cose alle quali erano abituati
nella civiltà. Ma la loro sorte potrebbe essere molto più triste.
D'altronde, essi hanno già conosciuto
tempi di crise in Canadà. Essi ricordono le privazioni a cui sono stati
sottoposti, mentre che i magazzini erano pieni a. dieci passi dalla loro
porta di casa. Almeno, sull'Isola dei Naufraghi, nessuno li condanna a
vedere marcire, sotto i loro occhi, cose di cui hanno bisogno. Poi le
tasse sono sconosciute. Non c'è da temere i sequestri.
Se il lavoro è duro tavolta, almeno si ha il diritto di godere i frutti del lavoro.
Insomma. sfruttano l'Isola, benedicendo
Dio, sperando un giorno di poter ritrovare parenti ed amici, con due
grandi beni conservati: la vita e la salute.
4. Il maggiore inconveniente
Il nostri uomini si riuniscono spesso per discutere dei loro affari.
Nel sistema economico molto semplice che
essi praticano, una cosa le ritorna in mente sempre più: essi non hanno
alcuna specie di moneta. Lo scambio, il cambio diretto di prodotti con
prodotti, ha molti inconvenienti. I prodotti a scambiarsi, non sono
sempre l'uno contro l'altro nello stesso tempo. Cosi avviene che la
legna consegnata al coltivatore durante l'inverno, potrà essere
rimborsata in legumi soltanto fra sei mesi.
Molte volte viene consegnato di un colpo
un grosso articolo, da uno degli uomimi, ed in cambio, vorrebbe
differenti piccoli articoli, prodotti da parecchi altri uomini, ed a
epoche differente.
Tutto questo complica gli affari. Se vi
fosse denaro in circolazione, ognuno potrebbe vendere i suoi prodotti
agli altri in cambio di denaro. Con la moneta ricevuta. potrebbe
comprare dagli altri le cose che desidera, quando le desidera e quando
vi sono.
Tutti sono d'accordo a riconoscere la
comodità di possedere un sistema di denaro. Ma nessuno di loro sa come
stabilirne uno. Hanno imparato a produrre la vera ricchezza, le cose. Ma
non sanno fare i segni, il denaro.
Essi ignorano come il denaro comincia e
come farlo incominciare quando non ce n'è e che si decide insieme di
averlo... Senza dubbio molti uomini istruiti sarebbero altrettanto
nell'imbarazzo; tutti i nostri governanti lo sono stato durante dieci
anni prima della guerra. Solo il denaro mancava al paese ed il governo
restava paralizzato difronte a questo problema.
5. Arrivo d'un rifugiato
Una
sera che i nostri uomini, seduti sulla spiaggia, parlano per la
centesima volta di questo problema, tutto di un colpo vedono avvicinarsi
una barca guidata da un solo uomo.
S'affrettano ad aiutare il nuovo
naufrago. Gli offrono le prime cure e discorrono. Apprendono che è un
Europeo, il solo sopravvivente di un naufragio. Il suo nome: Martin,
Golden.
Felice di avere un altro compagno, i cinque uomini lo accolgono con calore e gli fanno visitare la colonia.
— “Malgrado che siamo perduti lontano
dal resto del mondo, gli dicono, non siamo proprio da compiangere. La
terra rende molto bene ed anche la foresta. Una sola cosa ci manca: non
abbiamo denaro per facilitare lo scambio dei nostri prodotti.”
— “Benedite l'azzardo che mi ha portato
qui! risponde Martin. Il denaro non ha misteri per me. Io, sono un
banchiere ed in poco tempo posso installarvi un sistema monetario che vi
darà soddisfazione.”
Un banchiere!... Un banchiere!... Un
angelo venuto direttamente dal cielo non avrebbe inspirato più di
reverenza. In paesi civilizzati non siamo noi abituati ad inclinarsi
davanti ai banchieri che controllano le pulsazioni della finanza?
6. Il dio della civiltà
— “Signor Martin, poiché siete banchiere, voi non lavorerete sull'Isola. Vi occupererete solamente dello nostro denaro.”
— “Io me ne disobbligherò colla soddisfazione, come ogni banchieri, di stimulare la prosperità comune.”
— “Signor Martin, vi costruiremo una
dimora degna di voi. Nel fra tempo, vi possiamo installare nell'edificio
che serve alle nostre riunioni pubbliche?”
— “Molto bene, amici miei. Ma
incominciamo a sbarcare tutto ciò che sono riuscito a salvare dal
naufragio: una piccola pressa, della carta e soprattutto un piccolo
barile che tratterete con molto cura.”
Si sbarca tutto. Il piccolo barile intriga la curiosità della nostra brava gente.
— “Questo barile, dichiara Martin, è un tesoro senza pari. È pieno d'oro!”
Pieno d'oro! Cinque anime mancarono di
sprigionarsi da cinque corpi. Il dio della civiltà entrato nell'Isola
dei Naufraghi. Il dio gallo, sempre nascoto, ma potente, terribile, di
cui la presenza o l'assenza o i minimi capricci possono decidere della
vita di 100 nazioni!
— “Dell'oro! Signor Martin, vero grande banchiere! Ricevete i nostri omaggi ed i nostri giuramenti di fedeltà.”
—- “Dell'oro per tutto un continente,
miei amici. Ma non è l'oro che deve circolare. Bisogna nascondere l'oro:
l'oro è l'anima di tutto denaro sano. L'anima deve restare invisibile.
Io vi spiegherò tutto cià quando vi darò il denaro.”
7. Un seppellimento senza testimone
Prima di separarsi per la notte, Martin gli rivolge un'ultima domanda:
“Per incominciare, di quanto denaro avreste bisogno sull'Isola, per facilitare i vostri scambi?”
Si guardano. Consultano umilmente lo
stesso Martin. Colle suggestioni del benevolo banchiere si conviene che
$200 per ognuno paiono abbastanza per incominciare. Appuntamento fissato
per domani sera.
Gli uomini si ritirano, scambiano tra di
loro, riflessioni commosse, vanno a dormire tardi, s'addormentano bene
soltanto verso il mattino, dopo avere a lungho sognato d'oro cogli occhi
aperti.
Martin, lui, non perde tempo. Dimentica
la sua stanchezza per non pensare che al suo avvenire di banchiere. Allo
spuntare del giorno scava un fosso e rotola il barile dentro, lo copre
di terra, lo dissimula con dei ciuffi d'erba accuratamente posti, vi
trapianta un piccolo arbusto per nascondere ogni traccia.
Poi egli mette in moto la sua piccola
pressa, per stampare mille biglietti da un dollaro. Vedendo i biglietti
uscire della pressa, tutti nuovi, sogna in se stesso:
— “Come sono facili a fare questi
biglietti! Essi tirano il loro valore dai prodotti che serviranno a
comprare. Senza prodotti, i biglietti non valerebbero nulla. I miei
cinque ingenui clienti non pensano a ciò. Essi credono che è l'oro che
garantisce i dollari. Io li tengo per la loro ignoranza!”
La sera arrivata, i cinque arrivano correndo presso Martin.
8. A chi il denaro fatto di fresco?
Cinque mucchietti di biglietti erano là, sulla tavola.
— “Prima di distribuirvi questo denaro, disse il banchiere, bisogna intendersi.”
“Il denaro è basato sull'oro. L'oro,
collocato nella volta della mia banca, è mio. Dunque il denaro è mio ...
Oh! Non siate tristi. Io vi prestero questo denaro e voi l'userete a
vostro piacere. In attesa, io non vi carico che gli interessi. Visto che
il denaro è raro sull'Isola, essendo che non ce n'è affatto, io credo
di essere ragionevole, domandandovi solo un piccolo interesse dell'otto
per cento.”
— “In effecto, Signor Martin, voi siete molto generoso.”
— “Un'ultimo punto, miei amici. Gli
affari sono gli affari, anche tra grandi amici. Prima di toccare il suo
denaro, ognuno di voi, firmerà questo documento: c'è l'impegno per
ognuno di voi di rimborsare capitale ed interessi, su pena di
confiscazione, da me, delle loro proprietà. Oh! Una semplice garanzia.
Io non tengo per nulla ad avere mai le vostre proprietà, io mi contento
del denaro. Io sono sicuro che voi conserverete i vostri beni e che mi
restituerete il denaro.”
— “È pieno di buon senso, Signor Martin. Noi raddoppieremo d'ardore al lavoro e vi rimborseremo tutto.”
— “Va bene. E rivenite a vedermi ogni
qual volta che avete dei problemi. Il banchiere è il migliore amico di
tutti... Adesso, ecco ad ognuno i suoi 200 dollari.”
Ed i nostri cinque uomini se ne vanno contenti, la testa e le mani piene di dollari.
9. Un problema d'aritmetica
Il
denaro di Martin ha circolato nell'Isola. Gli scambi si sono
moltiplicati, semplificandosi. Tutti si rallegrano e salutano Martin con
rispetto e gratitudine.
Frattanto, Tommaso, l'ingegnere, è
inquieto. I suoi prodotti sono ancora sotto la terra. Non ha più in
tasca che qualche dollaro. Come potrà rimborsare alla prossima scadenza
il banchiere?
Dopo aver ragionato a lungo sul suo problema individuale, Tommaso considera questo socialmente:
"Considerando la popolazione dell'Isola
tutta intera, pensa, siamo noi in grado di mantenere i nostri impegni ?
Martin ha fatto una somma totale di $1,000. Egli domanda una somma di
$1,080. Persino prenderemmo insieme tutto il denaro dell'Isola per
portarglielo, ciò farebbe $1,000 e non $1,080. Nessuno ha-fatto gli $80
in piò. Noi facciamo prodotti, non dollari. Martin potrà dunque
sequestrare tutta l'Isola, poiché noi tutti insieme, non possiamo
restituire capitale ed interessi.
“Quelli che sono capace rimborsano per
loro stessi, senza preoccuparsi degli altri, molti caderanno subito,
altri sopravviveranno. Ma, il turno degli altri verrà ed il banchiere
prenderà tutto. Dunque meglio vale mettersi insieme immediatamente e
regolare quest'affare socialmente.”
Tommaso non ha difficoltà a convincere gli altri che Martin li ha imbrogliati. Tutti si danno appuntamento presso dal banchiere.
10. Benevolenza del banchiere
Martin indovina il loro stato d'animo, ma fa buona faccia. L'impetuoso Francesco presenta il caso:
— “Come possiamo noi portarvi $1,080 quando non ce n'è che $1,000 in tutta l'Isola?”
— “È l'interesse, miei buoni amici. Non è la vostra produzione aumentata?”
— “Si, ma, il denaro, lui, non è
aumentato. Ora, c'è giustamente dei denaro che voi reclamate e non dei
prodotti. Voi solo potete fare del denaro. Ora voi non avete fatto che
$1,000 e ne domandate $1,080. Questo è impossibile!”
— “Aspettate, miei amici. I banchieri si
adattano sempre alle condizioni per il più gran bene del pubblico... Io
non vi domanderò che l'interesse. Niente che $80. Voi continuerete a
tenere il capitale.”
— “Voi ci abbolite i nostri debiti?”
— “No, mi dispiace, ma un banchiere non
rimette mai un debito. Voi mi dovete ancora tutto il denaro prestato. Ma
voi non mi rimetterete ogni anno che l'interesse. Se voi siete assidui a
pagare l'interesse, io non vi incalzerò per il rimborso del capitale.
Qualcuno di voi possono divenire incapaci di pagare persino il loro
interesse, poiché il denaro va da una persona all'altra. Allora
organizzatevi come una nazione e fondate un sistema di collezione. Ciò
si chiama tassare. Voi tasserete di più quelli che avranno più denaro, e
gli altri meno. Purché che voi mi apportiate collettivamente il totale
dell'interesse, io sarò soddisfatto e la vostra nazione andrà bene.”
I nostri uomini rincasano metà calmati e metà pensierosi.
11. L'estasi di Martin Golden
Martin è solo. Qualche minuto di raccoglimento. Egli conclude:
“Il mio affare è buono. Buoni
lavoratori, questi uomini, ma ignoranti. La loro ignoranza e fiducia
fanno la mia forza. Essi volevano del denaro, io gli ho passato delle
catene. Essi mi hanno coperto di fiori, mentre io gli ingannavo.
“Oh! grande banchiere, io sento il tuo
genio impadronirsi dei mio essere. Tu lo hai ben detto, illustre
maestro: «Che mi sia accordato il controllo del denaro di una nazione ed
io m'infischio di chi fa le sue leggi.» Io sono il padrone dell'Isola
dei Naufraghi, perché ho il controllo del suo sistema monetario.
“Io potrei controllare un universo. Ciò
che faccio qui, io, Martin Golden, lo posso fare nel mondo intero. Che
io esca, un giorno, di questa Isola: so come governare il mondo senza
tenere di scettro.”
E tutta la struttura del sistema bancario sorge nello spirito lietissimo di Martin.
12. Crise di vita cara
Frattanto,
la situazione peggiora sull'Isola dei Naufraghi. La produttività anche
se aumenta, gli scambi diminuiscono. Martin pompa regolarmente i suoi
interessi. Bisogna pensare a mettere denaro da parte per lui. Il denaro
incolla, egli circola male.
Quelli che pagano più tasse gridano
contro gli altri e aumentano i loro prezzi per trovare compenso. I più
poveri, che non pagano tasse, gridano contro la carezza della vita e
comprano meno.
Il morale diminuisce, la gioia di vivere
se ne va. Non si ha più cuore al lavoro. A che vale? I prodotti si
vendono male; e quando si vendono, bisogna dare delle tasse per Martin.
La gente si priva. È la crise. Ed ognuno accusa il suo vicino di mancare
di virtù e di essere la causa della vita sempre più cara.
Un giorno, Enrico, riflettendo nel mezzo
del suo frutteto, conclude che il “progresso” apportato dal sistema
monetario del banchiere, ha rovinato tutto nell'Isola. Certamente, i
cinque uomini hanno i loro diffeti; ma il sistema di Martin nutre tutto
ciò che è di più cattivo nella natura umana.
Enrico decide di convincere e di
raccogliere i suoi compagni. Incomincia da Giacomo. Subito fatto: “Eh!
dice Giacomo, non sono affatto sapiente, io; ma è da molto tempo che io
lo sento: il sistema di quello banchiere è più putrido che il letame
della mia stalla della scorsa primavera!”
Tutti sono guadagnati l'uno dopo l'altro, ed un nuovo abbocamento con Martin è deciso.
13. Presso il fabbro di catene
Ci fu una tempesta presso il banchiere:
— “Il denaro è raro sull'Isola, Signor,
perché voi ce lo togliete. Vi paghiamo, vi paghiamo, e vi dobbiamo
ancora altrettanto che al principio. Lavoriamo, facciamo le terre più
belle, ed ecco che siamo più mal presi di prima che voi arrivevate.
Debito! Debito! Debito per sopra la teste!”
— “Orsù! miei amici, ragioniamo un pò.
Se le vostre terre sono piò belle, è grazie a me. Un buon sistema
bancario è il più bel attivo per un paese. Ma per approfittarne bisogna,
prima di tutto conservare la fiducia al banchiere. Venite a me come ad
un padre... Voi volete altro denaro? Molto bene. Il mio barile d'oro
vale molte volte mille dollari... Tenete, io ipotecherò le vostre nuove
proprietà e vi presterò immediatamente un altro mille dollari.”
— “Due volte più di debiti? Due volte più di interesse da pagare ogni anno, senza mai finire?”
— “Si, ma, io ve ne prestero ancora
altrettanto che voi aumenterete la vostra ricchezza fondiaria; e voi non
mi restituirete che l'interesse. Voi accatasterete i prestiti, li
chiamerete: debito consolidato. Debito che potrà aumentare di anno in
anno. Ma anche il vostro reddito. Grazie ai miei prestiti, voi
svilupperete il vostro paese.”
— “Allora, più il nostro lavoro farà produrre l'Isola, piò il nostro debito totale aumenterà?”
— “Come in tutti i paesi civilizzati, il debito pubblico è un barometro della prosperità.”
14. Il lupo mangia gli agneli
—
“Questo è quello che voi chiamate denaro sano, Signor Martin? Un debito
nazionale divenuto necessario ed impagabile, ciò non è sano, ciò è
malsano.”
— “Signori, ogni denaro sano deve essere
basato sull'oro e deve uscire dalla banca allo stato di debito. Il
debito nazionale è una buona cosa: esso mette i governi sotto la
saggezza incarnata nei banchieri. A titolo di banchiere, io sono una
fiaccola di civiltà nella vostra Isola.”
— “Signor Martin, noi non siamo che
degli ignoranti, ma, noi, non vogliamo affatto di quella civiltà. Noi
non prenderemo piò a prestito un solo soldo da voi. Denaro sano o non
sano, noi non vogliamo più fare affari con voi.”
— “Mi dispiace questa decisione goffa,
Signori. Ma, se rompete il contratto con me, io ho le vostre firme.
Rimborsatemi immediatamente tutto, capitale e interessi.”
— “Ma, questo è impossibile, Signore. Anche restituendovi tutto il denaro dell'isola, non saremmo liberi.”
— “Io non ci posso niente. Avete voi
firmato, si o no? Si! Ebbene, in virtù della santità dei contratti, io
sequestro tutte le vostre proprietà ipotecate, come convenuto tra noi,
al tempo in cui eravate cosi contenti di avermi. Voi non volete servire
con beneplacito la potenza del denaro, voi la servirete con la forza.
Voi continuerete a sfruttare l'Isola, ma per me e alle mie condizioni.
Andate. Io vi darò i miei ordini domani.”
15. Il controllo del giornali
Martin
sa che colui che controlla il sistema 'monetario di una. nazione,
controlla questa nazione. Ma lui sa anche, che, per mantenere questo
controllo bisogna intrattenere il popolo nell!ignoranza e divertirlo con
altre cose.
Martin ha notato che, tra i cinque
uomini, due sono conservatori et tre sono liberali. Lo ha notato dalle
conversazioni dei cinque, la sera, soprattutto dacché sono diventati
suoi schiavi. Si litigano tra rossi e blù.
Di quando in quando, Enrico, meno
partigiano, suggerisce un'Unione dei Elettori, per meglio risolvere
insieme, una situazione penosa a tutti... Unione pericolosa per tutta
dittatura.
Martin si applicherà dunque ad inasprire le loro discordie politiche il più possibile.
Si serve della sua piccola pressa per pubblicare due foglietti settimanali: “Il Sole” per i rossi; “La Stella” per i blu.
“Il Sole”, in sostanza dice: Se voi non
siete più padroni nel vostro paese, è a causa di questi arretrati di
blu, sempre attaccati ai grossi interessi.
“La Stella” dice in sostanza: Il vostro
debito nazionale è l'opera dei maledetti rossi, sempre pronti a
qualsiasi avventura politica.
E i nostri due gruppi politici si litigano sempre più, dimenticando il vero fabbro di catene, il controllore del denaro, Martin.
16. Un relitto prezioso
Un
giorno, Tommaso, l'ingegnere, scopre, incagliata nel fondo di un ansa,
alla fine dell'Isola', e velata da alte erbe, una barca da salvataggio,
senza remi, senza altra traccia di servizio che una cassa ben
conservata.
Egli apre la cassa: oltre a panno e
qualche piccoli articoli, la sua attenzione si ferma si un libro-album
ancora ben conservato intitolato: “Primo Anno di Verso Domani”
Curioso, il nostro uomo si siede e apre
questo libro. Egli legge. Egli divora. S'illumina: “Ma, s'esclama egli
ecco ciò che avremmo dovuto sapere da molto tempo.”
Il denaro non tira affatto il suo valore dall'oro, ma dai prodotti che il denaro compra.
“Il denaro può essere una semplice
contabilità i crediti passando da un conto all'altro secondo le compre e
le vendite. Il totale del denaro in rapporto con il totale della
produzione.
“Ad ogni aumento della produzione, deve
corrispondere un aumento equivalente del denaro... Mai interesse da
pagare sul denaro nascendo... Il progessso rappresentato, non da un
debito pubblico, bensi da un dividendo uguale a ciascuno... I prezzi,
aggiustati al, potere di acquisto per un coefficiente dei prezzi... Il
Credito Sociale...”
Tommaso non si tiene più. Si alza e corre, con il suo libro, fare parte della sua splendida scoperta ai suoi quattro compagni.
17. Il denaro, semplice contabilità
E Tommaso si installa professore:
“Ecco, dice egli, quello che avremmo potuto fare, senza il banchiere, senza oro, senza firmare alcuno debito.
“Io apro un conto al nome di ciascuno di
voi. A destra, i crediti, che fà aumentare il vostro conto; a sinistra,
i debiti, che lo fà diminuire.
“Noi volevamo ciascuno $200 per
cominciare. Di comune accordo, decidiamo d'iscrivere per ognuno un
credito di 200. Ciascuno ha immediatamente $200.
“Francesco compra da Paolo dei prodotti per $10. Io tolgo a Francesco 10, gli resta 190. Aggiungo 10 a Paolo, ha adesso 210.
“Giacomo compra da Paolo per $8. Tolgo 8 a Giacomo, gli resta 192, mentre Paolo, lui sale a 218.
“Paolo compra legna da Francesco $15. Io tolgo 15 a Paolo, resta con 203; aggiungo15 a Francesco che risale a 205.
“E cosi di seguito; da un conto all'altro, tutto come i dollari di carta vanno da una tasca all'altra.
“Se qualcuno di noi ha bisogno di denaro
per aumentare la sua produzione, si apre il credito necessario per lui,
senza interesse. Egli rimborsa il credito una volta venduta la
produzione. La stessa cosa per i lavori pubblici.
“Si aumenta anche periodicamente, i
conti di ciascuno di una somma addizionale, senza togliere niente a
nessuno, in corrispondenza al progresso sociale. Questo è il dividendo
nazionale. Il denaro è cosi uno strumento di servizio.”
18. Disperazione del banchiere
Tutti
hanno compreso. La piccola nazione è diventata creditista. L'indomani,
il banchiere Martin riceve una lettera firmata dai cinque:
“Signore, voi ci avete indebitati e
sfruttati senza alcuna necessità. Noi non abbiamo più bisogno di voi per
reggere il nostro sistema monetario. Noi avremo ormai tutto il denaro
che ci bisogna, senza oro, senza debito, senza ladro. Noi stabiliamo
immediatamente nell'Isola dei Naufraghi, il sistema del Credito Sociale.
Il dividendo nazionale sostituirà il debito nazionale.
“Se voi tenete al vostro rimborso, noi
possiamo rimettervi tutto il denaro che avete fatto per noi, non di più.
Voi non potete reclamare quello che non avete fatto.”
Martin è in disperazione. È il suo
impero che crolla. I cinque diventati creditisti, il mistero del denaro o
del credito non esiste più per loro.
“Cosa fare? pensa egli. Chiedere loro
perdono, diventare come essi? Io, banchere, fare cio?.. No. Io cercerò
piutosto di non aver bisogno di loro e di vivere in disparte.”
19. Soperchieria scoperta
Per
proteggersi contro ogni reclamazione futura possibile, i nostri uomini
hanno deciso di far firmare dal banchiere un documento attestando che
egli possiede ancora tutto quello che aveva arrivando nell'Isola.
Da dove l'inventario generale: la barca,
la piccola pressa e... il famoso barile d'oro. Bisognò che Martin
indica il luogo, e si dissotterra il barile. I nostri uomini lo tirano
fuori dal buco con molto meno rispetto questa volta. Il Credito Sociale
ha imparato a loro a disprezzare il feticcio oro.
L'ingegnere, alzando il barile, trova
che per dell'oro, non pesa molto: “Io ho molto dubbio che questo barile
sia pieno d'oro.” L'irruente Francesco non esita più. Un colpo d'accetta
ed- il barile spiega il suo contenuto: d'oro, non una oncia! Roccie
niente che volgari roccie senza valore!...
I nostri uomini hanno pena a ci credere:
— “Dire che egli ci ha mistificati a
questo punto, il miserabile! Quanto creduli bisognò che noi siamo,
anche, per cadere in estasi difronte alla solo parola: ORO!”
— “Dire che noi li abbiamo ipotecato
tutte le nostre proprietà per dei pezzi di carta basati su quattro
palate di roccia! Ladro e bugiardo.”
— “Dire che noi ci siamo litigati ed odiati gli uni e gli altri per mesi e mesi per una tale soperchieria! Il demonio!”
Appena Francesco aveva azalto l'accetta che il banchiere partiva verso la foresta a tutta velocità.
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