“Consip? E’ un caso grave. Che differenza c’è tra mafia e politica, se chi fa il suo dovere di testimoniare come Luigi Marroni viene fucilato?”. Sono le parole del direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, che, durante Otto e Mezzo (La7), in un dibattito col vicedirettore dell’Espresso, Marco Damilano, e il presidente di Rcs Libri, Paolo Mieli, analizza il caso Consip.
Il vicedirettore dell’Espresso sottolinea, quindi, come sia incredibile che un funzionario che lavora bene come Marroni debba andarsene, senza essere denunciato come calunniatore. Travaglio concorda e replica a Mieli: “Sono stato il primo a dire che non è detto che se ne dovesse andare Lotti. L’importante era che Renzi ci spiegasse quali prove aveva che Marroni fosse un calunniatore di Lotti, di suo padre, dei carabinieri. La motivazione con cui il governo fa fuori Marroni è invece che il suo ruolo di persona coinvolta nel caso Consip turba l’immagine di legalità di un ente pubblico come la Consip. Ma allora come non può essere turbata l’immagine di legalità dell’Arma dei Carabinieri dall’avere un comandante indagato e come fa il governo a non essere turbato nella sua immagine di legalità nell’avere un ministro indagato?”. E precisa, citando anche le dichiarazioni le parole del deputato Pd Emanuele Fiano in un vis-à-vis con il giornalista del Fatto Quotidiano, Marco Lillo, a Omnibus: “A queste domande loro non rispondono. Ma se uno è un calunniatore e mi calunnia, io lo denuncio e invece il signor Marroni non ha ricevuto nessuna denuncia di calunnia, come Ferruccio De Bortoli non ha ricevuto nessuna querela dalla Boschi. Perché questi stanno fermi e zitti e fanno fuori Marroni solo quando non ritratta, ma quando conferma le accuse?”
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