martedì 27 giugno 2017

Libro. I voucher producono un'uguaglianza diseguale, incrementando le differenze di potere.

Marco Marrone e Gianluca De Angelis sono due giovani ricercatori di Sociologia del Lavoro dell'Università di Bologna. Mercoledì scorso, presso il circolo Ritmo lento di Bologna, davanti a una platea formata prevalentemente da giovani e giovanissimi, hanno presentato un libro dal titolo: Voucherizzati, il lavoro al di là del contratto.


Il libro è il frutto di un lavoro durato oltre due anni in cui i due ricercatori hanno provato a comprendere il fenomeno dei voucher anche al di là degli aspetti statistici: quale uso ne hanno fatto le aziende; in che modo i voucher incidono sulle vite delle persone e persino quali strategie lessicali e linguistiche sono state messe in atto per promuovere questa ennesima forma di precarizzazione. Certo, perché per rendere digeribile l'indigeribile anche la forma, il linguaggio, ha la sua importanza.
"Si è fatta quindi un' operazione molto precisa", dice Marco: "Se da un lato si è rimosso dal linguaggio ogni riferimento all'esercizio del potere (spariscono termini quali datori di lavoro e committenti), dall'altro, si sono utilizzate espressioni neutre come beneficiari, prestatori, etc. che non riflettono la reale asimmetria dei rapporti di forza. Dietro una terminologia così soft si nasconde infatti l'inganno di un vuoto normativo che non pone alcun limite al potere del capo."

La ricerca evidenzia un secondo aspetto interessante. I voucher, stando alle dichiarazioni di chi si è fatto promotore della norma, nascono con lo scopo dichiarato di fare emergere il lavoro nero. In realtà, scorrendo i dati, emerge che le regioni d'Italia che più si sono avvalse dei voucher non sono Sicilia e Calabria, ovvero laddove la piaga del lavoro nero è più diffusa, bensì Trentino Alto Adige, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, regioni ad alta concentrazione industriale.
Voucher come dumping contrattuale, quindi? Non solo. Marco Marrone e Gianluca De Angelis sottolineano come l'utilizzo smodato dei voucher abbia consentito ad alcune aziende di raddoppiare o triplicare in breve tempo il fatturato, dimezzando contestualmente il personale. Nello specifico, un'azienda che si occupa di vigilanza non armata e un'altra che opera nel settore delle scommesse, hanno progressivamente sostituito co.co.pro, contratti stabili, etc., con personale assunto a voucher, lasciando a tempo indeterminato solo qualche figura amministrativa e poco altro.
Crudeli appaiono poi le modalità con cui i voucherizzati vengono a volte reclutati. Alcune delle aziende creano dei gruppi su watsapp appositamente per comunicare ai candidati le proprie condizioni (luogo di lavoro, turni, orari). Quindi, col vecchio ma sempre attuale sistema del bastone e della carota, premiano o puniscono i vari membri del gruppo.
In che modo? Se ci si rende disponibili a raggiungere il luogo di lavoro anche solo con un preavviso di pochi minuti si sale nella graduatoria, altrimenti si scende repentinamente. Porre qualche problema o qualche obiezione significa essere esclusi dal gruppo e quindi, di fatto, licenziati... E se non è caporalato questo...
Tra gli stessi voucherizzati si instaurano dinamiche fortemente conflittuali. Il collega di lavoro non è più una persona con cui ci si confronta, si dialoga e si condividono esperienze, bensì un potenziale concorrente, e quindi un nemico. E non potrebbe essere altrimenti se si pensa che lo strumento del voucher è stato utilizzato anche per controllare i lavoratori stessi. Assistiamo così a delle vere e proprie distorsioni in virtù delle quali alcuni voucherizzati sono reclutati per sorvegliare il lavoro di altri voucherizzati, in un clima di intimidazione e paura facilmente immaginabile.
Dice un intervistato: "Poi sai cosa è, si innesca pure questo meccanismo di competizione: perché tu hai chiamato a quello? Perché non hai chiamato a me? e vedi allora il tuo collega come un tuo nemico. Poi vedi questa è una cosa risaputa, ma con questa cosa qua dei voucher tu la vedi plasticizzata, capisci perché il tuo collega è un nemico e quindi in automatico il pensiero che ti nasce in testa è: perché mi devo prendere un caffè con un nemico?"
Tuttavia, i "voucherizzati" sono un popolo molto eterogeneo, composto da studenti in cerca di arrotondare la borsa di studio, giovani che aspirano a realizzare le proprie ambizioni e che nell'attesa racimolano qualche ora di lavoro, ma anche disoccupati e inoccupati intrappolati in un susseguirsi di voucher.
Grazie al voucher queste differenze vengono importate nel luogo di lavoro, dove c'è chi riesce a sottrarsi ai ricatti sul luogo di lavoro, in particolare quando si ha accesso a un'altra forma di reddito, e chi no. Il voucher sembra così produrre un'uguaglianza diseguale, dove la stessa regolamentazione per soggetti diversi finisce con l'incrementare le differenze di potere tra lavoratori e nei confronti dei loro datori di lavoro.
L'indagine dei due ricercatori dell'Università di Bologna in definitiva mette in guardia dalla cosiddetta informalizzazione del lavoro, dove per lavoro informale si intende un lavoro senza regole, senza contratti, senza diritti, esposto a una subordinazione "nuda", con tutta la fragilità che questa metafora richiama.
"Non è infatti vero che negli anni della crisi non si sia prodotto lavoro, il problema – rileva Marco Marrone - è che si è prodotto soltanto lavoro di scarsissima qualità, un lavoro in cui la dimensione stessa della cittadinanza (una cittadinanza che si esprime solo se si è in grado di esercitare i propri diritti sindacali) viene ormai sistematicamente tenuta ai margini".
Il risultato di queste normative assume il contorno della beffa. Paradossalmente, il lavoro nero, paragonato a questi lavoretti spazzatura, potrebbe apparire addirittura meno disgustoso; infatti, mentre il lavoro nero può comunque essere denunciato e regolarizzato sia in termini di retribuzione che in termini di contributi, il lavoro a voucher no, in quanto perfettamente legale: "Il solito pezzo di carta che serve a tutelare lui dai controlli", racconta una ragazza.
In definitiva, come ha scritto Maurizio Landini:
"La vicenda dei voucher illustra alla perfezione il pessimo stato del lavoro dipendente in Italia e la scarsa considerazione che ne ha la nostra classe dirigente, in particolare il governo; anzi, i governi, vista la continuità con cui si sono mossi gli ultimi esecutivi in materia di relazioni sociali e lavorative."

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