Edo Ronchi
Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile
L'Accademia
nazionale delle scienze americana ha pubblicato nel 2016 un vasto
rapporto, curato da un gruppo di scienziati di varie parti del mondo (
Attribution of extreme wheather events in the context of climate change), che lascia pochi dubbi sulla vastità ormai raggiunta dagli eventi atmosferici estremi connessi con la crisi climatica .
L'Istituto Germanwatch di Bonn ha elaborato e pubblicato nel 2016 un "
Global climate risk index"
che fornisce una mappa mondiale del livello di rischio di eventi
atmosferici estremi connessi con il cambiamento climatico. L'Agenzia
europea per l'ambiente ha pubblicato un Rapporto sugli impatti del
cambiamento climatico nel 2016 (
Climate change, impacts and vulnerability). Concludo questo elenco significativo, ma largamente incompleto, con un'ultima citazione:
il Rapporto sui rischi globali
del World Economic Forum di quest'anno, che mette gli eventi
atmosferici estremi connessi con il cambiamento climatico al primo posto
(nei tre anni precedenti erano al secondo).
La
gravità raggiunta dalla crisi climatica è ormai evidente, ampiamente
documentata e studiata. La domanda che ci dovremmo porre è perché siamo
arrivati a questo punto.
Perché un mondo che dispone di conoscenze,
tecnologie, capacità in quantità e qualità tanto elevate - come mai
nella sua storia passata- non sia stato capace di prevenire una crisi
climatica come quella prodotta oggi dall'aumento record di
concentrazione di gas serra in atmosfera?
Come
mai,
pur avendo individuato la gravità del problema e avendo stipulato
nella Conferenza delle Nazioni Unite nel 1992 un Accordo internazionale
per il clima (la Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico)
che aveva come obiettivo la stabilizzazione delle emissioni di gas
serra, per poi arrivare a successivi accordi per la loro riduzione, 25
anni dopo siamo a questo punto?
Senza
dimenticare
il Protocollo di Kyoto, stipulato nel 1997, ma entrato in
vigore solo nel 2005. Una riflessione su questi fallimenti serve per
avere maggiore consapevolezza dei cambiamenti necessari per attuare
efficacemente l'
Accordo di Parigi per il clima.
L'attenzione
dell'opinione pubblica, e dei mezzi di informazione che concorrono in
modo decisivo alla sua formazione è stata episodica, carente del tutto
inadeguata rispetto alla portata e gravità di questa crisi.
La politica
in generale, salvo poche eccezioni, per la gran parte di questi 25 anni
ha trascurato le politiche e le misure per mitigare la crisi climatica,
non ponendole quasi mai fra le priorità, essendo in genere occupata da
questioni di breve termine, percepite sempre come più urgenti.
Il
mondo delle imprese, anche qui con lodevoli eccezioni, ha per molto
tempo visto le politiche e misure per mitigare la crisi climatica con
fastidio: come portatrici di aumento dei costi e di perdita di
competitività.
Il carattere globale della crisi è stato spesso invocato
come alibi per fare il minimo ritenendolo già troppo, in attesa di
altri.
È
vero che oggi la situazione sta cambiando, ma se questo cambiamento
sarà troppo lento, si rischia di arrivare tardi, con una crisi climatica
precipitata in dinamiche drammatiche. L'attenzione dell'opinione
pubblica e dell'informazione devono essere costanti ed elevate; la
politica deve includere - come ha ben detto Macron - la crisi climatica
fra le effettive priorità; le imprese devono puntare sulla green economy
per fare della sfida climatica un'occasione storica di innovazione e di
nuovo sviluppo. Fare di più e meglio per il clima non può più essere
una scelta subordinata, ma deve diventare una sfida.
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