Sembrano
trascorsi secoli da quando il fascismo utilizzava le discipline
scolastiche, aritmetica compresa, per veicolare la sua propaganda
bellicista e razzista, finalizzata a modificare la percezione della
realtà da parte degli individui, neutralizzandone lo spirito critico e
trasformandoli in uomini – massa appiattiti sull’ideologia di regime.
Ogni
epoca ha le sue “terziglie”e il tema d’italiano degli esami di Stato
2017 ne è la prova lampante. Non possiamo non soffermarci, infatti,
sulle tracce relative all’ambito socio – economico, tecnico –
scientifico e sul tema di ordine generale.
Le
prove di cui sopra sono tutte incentrate sulla sostituibilità del
lavoro umano con quello digitalizzato e automatizzato. Le fonti che
compaiono nel fascicolo citano imprenditori, agenzie di lavoro
interinale, quadri tecnici al servizio del profitto, agenzie
internazionali. Completamente assente è la voce dei lavoratori e la loro
percezione dei cambiamenti in atto e del futuro che li aspetta. Già
questo la dice lunga sulla natura del progetto pedagogico e ideologico
che traspare da queste prove d’esame.
“Il
campanello d’allarme è stato suonato dall’Onu attraverso un recente
report dell’Unctad, la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo
sviluppo. Che mette in guardia Asia, Africa e America Latina: attenti,
dice il report Robot and Industrialization in Developing Countries,
perché è da voi che l’impatto dell’era dei robot sarà più pesante. […]
Come evitare la desertificazione economica? Il primo consiglio che l’Onu
dà ai Paesi emergenti è banale ma ovviamente validissimo: abbracciate
la rivoluzione digitale, a partire dai banchi scolastici”.
“La
digitalizzazione e l’automazione del lavoro rappresentano
un’opportunità. A rivelarlo è una ricerca di Manpower Group – dal titolo
“Skills Revolution” – presentata al World Economic Forum 2017 di Davos.
L’indagine, condotta tra 18.000 datori di lavoro in 43 Paesi del mondo,
affronta il tema dell’impatto della digitalizzazione sull’occupazione e
dello sviluppo di nuove competenze dei lavoratori…Tra i 43 Paesi
oggetto dell’indagine, è l’Italia ad aspettarsi il maggior incremento di
nuovi posti di lavoro grazie alla quarta rivoluzione industriale al
netto di un “upskilling”, un aggiornamento delle competenze”.
“L’applicazione
della robotica a fini educativi […] è una tendenza in continua crescita
anche nel nostro Paese e sta attirando sempre di più l’attenzione da
parte di docenti e persone attive nel campo della formazione. Attraverso
questo metodo, gli studenti diventano protagonisti dell’apprendimento e
creatori del proprio prodotto e si sentono più coinvolti nel processo
di apprendimento”
Seppure
con diverse sfumature circa le magnifiche sorti e progressive della
rivoluzione industriale 4.0, l’unica vera voce che emerge dai testi è
quella dei top manager e dei gestori di risorse umane e tecnologiche.
Come
si può facilmente evincere da un’analisi dei brani citati, scarsamente
problematici circa il modello di sviluppo e le conseguenze sociali di un
progresso tutto orientato al profitto, alla crescita indefinita, allo
sfruttamento delle risorse e all’ottimismo, la prova non è altro che
un’esercitazione improntata al pensiero unico neoliberista. Il compitino
che viene assegnato allo studente è molto semplice: dati i presupposti,
presentati come incontrovertibili e incontestabili (sviluppo,
automazione, digitalizzazione, competenze), egli deve limitarsi a
riordinare i dati e a trarre le “giuste” conclusioni.
In
modo nemmeno tanto surrettizio, il maturando, preso quasi per mano, è
accompagnato nel tratteggiare la figura dell’”uomo nuovo” del
neoliberismo: flessibile e sempre all’inseguimento di nuove competenze
da inserire nel proprio curriculum; individualista e in competizione per
battere la concorrenza dei propri simili; imprenditore di se stesso che
si vende sul mercato come merce sempre più appetibile; incarnazione,
infine, del “lavoratore liquido” esposto alla contingenza imposta
unilateralmente dal mercato. In sintesi, il principio in base al quale
non si lavora più per vivere, ma si vive inseguendo un lavoro che non
c’è.
A
conforto della struttura sempre più direttiva della prova, quest’anno è
stata addirittura inserita una novità concernente il tema di ordine
generale, nel quale lo studente viene invitato ad attenersi a una
scaletta di svolgimento. Anche quello che è sempre stato il tema
“libero” per antonomasia, viene sussunto in una logica puramente
esecutiva: la metodologia diventa funzionale alla soppressione del
pensiero divergente e all’accettazione passiva del modello dominante.
La
mutazione genetica della scuola si accompagna a un’ideologia
colonialista: da anni l’imprenditoria, le banche e le agenzie
interinali, stanno imponendo al mondo dell’istruzione la sostituzione
delle conoscenze con le competenze. È in atto un processo manipolativo
che induce gli studenti a percepire la realtà e se stessi in modo nuovo:
un immenso e immodificabile mercato liquido che richiede la completa
mercificazione di se stessi e l’accettazione supina della logica del
profitto. Anche la sola possibilità del cambiamento è stata espunta
dall’immaginario.
“Nella
sala d’attesa dell’agenzia interinale sono convocate 24 terziglie di
disoccupati. La paga proposta è di 300 euro al mese per otto ore
giornaliere. Sono disponibili solo 3 posti. Tenuto conto che 8 terziglie
accettano di lavorare per 250 euro mensili, che 2 terziglie tra queste
otto hanno maggiori competenze linguistiche, che in una sola terziglia
di queste ultime non sono presenti donne in età fertile che possano
rimanere incinte e assentarsi dal lavoro, determina da quale terziglia
l’agenzia assumerà”
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