Inquinatori e inquinati. I
movimenti ambientalisti si sono appiattiti su valori e «leggi»
dell’economia globalizzata. Molti sono diventati collaboratori dei
governi nelle imprese apparentemente verdi… Poi Trump con le sue
politiche ci ha ricordato che i problemi ambientali sono un nuovo volto
della lotta di classe fra ricchi/inquinatori e poveri/inquinati.
rifondazione.it Giorgio Nebbia
Col suo brutale discorso del 1° giugno di
quest’anno il presidente Trump ha dichiarato che gli Stati uniti non
intendono più aderire agli impegni presi dal suo predecessore a Parigi
nel dicembre 2015 sulle azioni per attenuare le cause dei cambiamenti
climatici.
Tali
azioni, secondo Trump, limiterebbero certe attività importanti per
l’economia e i lavoratori del suo paese (l’uso del carbone come
combustibile), faciliterebbero le importazioni di autoveicoli meno
inquinanti con danno per l’industria automobilistica americana e
imporrebbero ai consumatori americani maggiori costi per merci
alternative e maggiori tasse per risarcimenti finanziari ai paesi
danneggiati.
Come è
ben noto, i cambiamenti climatici sono dovuti a varie cause, tutte di
carattere economico e merceologico, distribuite diversamente fra i vari
paesi, come sono distribuiti diversamente i danni e i relativi costi.
La principale causa è costituita dalla modificazione della composizione chimica dell’atmosfera per la crescente immissione di «gas serra»: anidride carbonica proveniente dalla combustione dei combustibili fossili (in ordine decrescente di danno, carbone, prodotti petroliferi, gas naturale), metano proveniente dall’estrazione e trasporto del gas naturale e dalla zootecnia intensiva, e alcuni altri.
La principale causa è costituita dalla modificazione della composizione chimica dell’atmosfera per la crescente immissione di «gas serra»: anidride carbonica proveniente dalla combustione dei combustibili fossili (in ordine decrescente di danno, carbone, prodotti petroliferi, gas naturale), metano proveniente dall’estrazione e trasporto del gas naturale e dalla zootecnia intensiva, e alcuni altri.
In
secondo luogo i cambiamenti climatici sono dovuti al taglio delle
foreste praticato per «liberare» nuovi spazi da dedicare all’agricoltura
e all’estrazione di minerali, soprattutto per ricavarne merci destinate
all’esportazione, e alle modificazioni della struttura del suolo a
causa delle coltivazioni intensive che assicurano maggiori profitti agli
agricoltori e per l’espansione degli spazi urbanizzati.
I
soggetti coinvolti sono approssimativamente due: gli inquinatori,
soprattutto i paesi industriali tradizionali o di nuova
industrializzazione (diciamo i ricchi), e gli inquinati, diciamo i
poveri, quelli che sono esposti alla siccità, alla desertificazione, e,
d’altra parte, ad alluvioni e allagamenti. Con varie contraddizioni:
sono danneggiati anche i paesi inquinatori (le alluvioni e la siccità
colpiscono anche Europa, Stati uniti e Cina, importanti inquinatori) e
d’altra parte anche i paesi poveri, che subiscono maggiormente le
conseguenze dei mutamenti climatici, ne sono anch’essi responsabili in
parte, soprattutto per la distruzione delle foreste o le attività
minerarie.
Gli
accordi di Parigi, come è noto, vincolano i paesi inquinatori a limitare
le attività responsabili dei mutamenti climatici (usare meno
combustibili fossili, soprattutto carbone, ricorrere a energie
rinnovabili, produrre merci, soprattutto autoveicoli, che inquinano meno
a parità di servizio, per esempio di chilometri percorsi), e a
risarcire i paesi poveri che subiscono maggiormente i danni dei
mutamenti climatici.
Il più
comune strumento è una imposta, pagata dagli inquinatori in proporzione
alla quantità di gas serra emessi, destinata ad azioni di
rimboschimento, ad aiuti ai popoli alluvionati o resi sterili dalla
siccità.
Meccanismi
da regolare con accordi commerciali – si tratta di un vero e proprio
commercio del diritto di inquinare, una specie di commercio delle
indulgenze – abbastanza complicati.
Per
farla breve, si tratta di soldi che gli inquinatori devono tirare fuori,
con tasse e perdita di posti di lavoro e modificazioni dei consumi —
cose sgradevolissime per la società globalizzata basata sulla legge
fondamentale del capitalismo: la crescita del prodotto interno lordo,
alla quale devono ubbidire i governanti per compiacere gli elettori che
pensano ai soldi e agli affari.
Si capisce bene, quindi, perché il presidente Trump, con la sua abituale brutalità, ha detto che
lui «deve» pensare agli interessi dei lavoratori, dei cittadini e dei
finanzieri americani e non al futuro del pianeta Terra e alla sorte dei
paesi desertificati o alluvionati.
A dire
la verità, probabilmente tutti i paesi industriali inquinatori pensano
la stessa cosa pur dichiarando a gran voce la fedeltà agli accordi di
Parigi.
In un
certo senso coloro a cui stesse a cuore davvero il futuro del pianeta
dovrebbero essere riconoscenti a Trump per aver ricordato con chiarezza i
veri caratteri dei rapporti fra natura, società ed economia.
Ai tempi dei primi movimenti di contestazione «ecologica», all’inizio degli anni settanta, nel nome dell’ecologia sembrava possibile fermare lo sfruttamento della natura, rallentare i consumi superflui e i relativi sprechi e rifiuti, attenuare le disuguaglianze fra ricchi e poveri. Poi, col passare degli anni, i movimenti ambientalisti si sono appiattiti sui valori e le «leggi» dell’economia globalizzata. Molti sono diventati collaboratori dei governi nelle imprese apparentemente verdi, sostenibili, sono diventati sostenitori delle merci biocompatibili, delle fonti di energia rinnovabili (solare e eolico), in realtà occasioni di nuovi affari e commerci.
Ai tempi dei primi movimenti di contestazione «ecologica», all’inizio degli anni settanta, nel nome dell’ecologia sembrava possibile fermare lo sfruttamento della natura, rallentare i consumi superflui e i relativi sprechi e rifiuti, attenuare le disuguaglianze fra ricchi e poveri. Poi, col passare degli anni, i movimenti ambientalisti si sono appiattiti sui valori e le «leggi» dell’economia globalizzata. Molti sono diventati collaboratori dei governi nelle imprese apparentemente verdi, sostenibili, sono diventati sostenitori delle merci biocompatibili, delle fonti di energia rinnovabili (solare e eolico), in realtà occasioni di nuovi affari e commerci.
Trump
ci ha ricordato che i problemi ambientali sono un nuovo volto della
lotta di classe fra ricchi/inquinatori e poveri/inquinati e la loro
soluzione – e la salvezza del pianeta – sono ottenibili soltanto
recuperando la voglia di lottare per superare il capitalismo, per una
maggiore giustizia sociale, premessa anche per la liberazione dalla
violenza fra le persone, i paesi, le generazioni – oltre che verso la
natura.
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