Il Consiglio dei ministri ha
varato gli ultimi decreti attuativi. Quello sul 5 per mille vieta agli
enti di usare le somme ricevute per coprire le spese delle campagne
pubblicitarie fatte per chiedere ai contribuenti la quota dell'Irpef. Le
imprese sociali potranno distribuire ai soci una quota fino al 50%
degli utili, ma la remunerazione dell'investimento non potrà superare
l'interesse e massimo dei buoni postali fruttiferi aumentato di 2,5
punti.
CODICE TERZO SETTORE: PIU’ SCONTI SULLE DONAZIONI – Il nuovo Codice riordina tutta la normativa con l’obiettivo di “sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona e valorizzando il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa”. Presso il ministero del Lavoro vengono istituiti il Registro unico nazionale del Terzo settore, al quale gli enti sono tenuti a iscriversi al fine di poter accedere ai benefici a loro riservati, e il Consiglio nazionale del terzo settore, organo consultivo e rappresentativo degli enti. Entro un anno il ministero dovrà definire le linee guida per l’iscrizione nel registro e creare la piattaforma. Poi Regioni e province autonome metteranno a punto gli iter di iscrizione e cancellazione. Dal 2018 entreranno in vigore le nuove percentuali di detraibilità e verrà eliminato il limite di 70mila euro che ora è la cifra massima deducibile da persone fisiche e enti soggetti all’Ires (per i quali resta il limite del 10% del reddito dichiarato). Il Codice prevede poi una nuova disciplina dei “titoli di solidarietà”, obbligazioni destinate al finanziamento degli enti del terzo settore emesse dagli istituti di credito senza applicare commissioni, e una serie di agevolazioni in materia di tributi locali e imposte indirette (successioni e donazioni, registro, ipotecaria e catastale) con particolare riferimento agli immobili utilizzati dagli enti.
L’IMPRESA SOCIALE POTRA’ DISTRIBUIRE UTILI – Potranno acquisire la qualifica di impresa sociale tutti gli enti privati, inclusi quelli costituiti in forma societaria, che esercitano in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività. L’attività di impresa di interesse generale deve essere svolta “in via principale”, ossia deve generare almeno il 70 per cento dei ricavi complessivi. Lo scopo principale non può essere quello di distribuire ai propri soci, amministratori e dipendenti gli utili, che invece devono essere destinati allo svolgimento dell’attività statutaria o ad aumentare il patrimonio. Tuttavia, dopo un lungo dibattito tra gli addetti ai lavori, per favorire il finanziamento con capitale di rischio il decreto ha introdotto la possibilità di remunerare “in misura limitata” il capitale conferito dai soci: ai dividendi potrà essere destinata una quota inferiore al 50 per cento degli utili e degli avanzi di gestione annuali, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti. In ogni caso la remunerazione del capitale non potrà superare l’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato.
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