La Gran Bretagna ha scelto il governo del non governo: non eisste più una solida maggioranza in Parlamento. E il vincitore morale è il leader Labour Corbyn. Che ora può rivendicare uno status di leader della politica britannica che fino ad oggi gli era stato negato ugualmente da colleghi e stampa.
L'Espresso Federica Bianchi
Dopo aver indetto le elezioni anticipate, la leader dei Tories Theresa May ha mancato l'occasione con la Storia. Ed è probabile che perda il suo posto di leader del Paese. Dopo una campagna elettorale contraddittoria, basata sul suo mantra “leadership forte e stabile”, l'aspirante novella Lady di ferro ha fallito la sfida che aveva lei stessa lanciato nel tentativo di assumere il controllo pieno del suo partito e delle imminenti negoziazioni sulla Brexit.
Non solo non ha ottenuto una maggioranza più solida ma con queste elezioni lampo ha causato ai Tories, pur sempre il primo partito del Paese, una perdita di 12 seggi e consentito al Labour la vittoria di ulteriori 29. Dimostrando di non avere capito affatto l'umore dei suoi concittadini, soprattutto i più giovani, e sottovalutando i modi e le ragioni del suo primo avversario, Jeremy Corbyn.
«La Brexit dura è appena finita nel cestino della spazzatura», ha commentato il conservatore George Osborne, «e Theresa May probabilmente finirà per essere uno dei primi ministri britannici in carica per meno tempo». Potrebbe essere questione di ore.
Si sono realizzate le attese dei sondaggisti che, una volta tanto, ci hanno preso. Per una netta maggioranza in Parlamento occorrono 326 seggi. I Tories ne hanno ora 316 seggi, contro i 343 di prima delle elezioni. Il Labour 261. Il Partito nazionale scozzese, l'altro grande perdente (-21 seggi), è sceso a 35. Gli europeisti LibDem, leggermente in ripresa, si fermano a 12. Un solo seggio per i Verdi.
La Gran Bretagna ha scelto il governo del non governo: “il Caos”, titola oggi The Telegraph; il “parlamento appeso”, annuncia la BBC. Con i Tories non esiste più una solida maggioranza in Parlamento: avranno bisogno, se governeranno, dei voto dell'Irlanda del Nord e dovranno ascoltarne le ragioni in merito alla Brexit. Ma anche formare un governo di minoranza in coalizione con tutte le forze politiche alternative ai conservatori non sarà facile, considerati i numeri.
Il primo, immediato effetto di questa situazione inedita per la politica britannica (molto meno per la nostra, nemmeno stessimo esportando un modello di governo!) sarà lo slittamento dell'inizio delle negoziazioni per la Brexit previste il prossimo 19 giugno.
Il Paese non è decisamente pronto, nonostante il count down dei due anni di tempo limite sia già partito e a Bruxelles siano già inginocchiati ai blocchi di partenza. Il secondo risultato evidente è il requiem dell'indipendenza scozzese. Il partito della leader nazionalista Nicola Sturgeon è stato infatti lacerato dai conservatori che gli hanno sfilato una trentina di seggi: ha perso il suo seggio in parlamento perfino Angus Robertson, il leader del partito nazionalista scozzese a Westminster. E dunque gli scozzesi rimarranno nell'Unione e ne seguiranno il destino. Qualunque esso sia.
Entrambe le due grandi protagoniste donne della politica inglese degli ultimi mesi, May e Sturgeon, sono state sconfitte al di là di ogni previsione. Tra loro avversarie, combattenti a muso duro, sono state unite dall'incapacità di trasmettere entusiasmo e passione per la propria visione del futuro. Come se la loro lotta politica fosse stata più una sfida personale che un percorso collettivo.
Il grande infiammatore di anime è stato invece Jeremy Corbyn, con la sua promessa di eliminare le tasse scolastiche, di non tagliare lo stato sociale anche a costo di alzare le tasse, con quella sua insistenza che il futuro appartiene ai giovani e non può essere in opposizione all'Europa.
Con la sua barba bianca, diventata dall'americano Bernie Sanders in poi, in quest'epoca di terremoto costante, immagine di approdo sicuro. È stato lui ad accettare ogni dibattito televisivo offerto, a differenza di May che nelle interviste non è mai stata un fulmine di guerra. Lui ad attirare folle oceaniche, incantando in ugual misura vecchi scettici e giovani sconsolati. Non abbastanza da vincere. Ma a sufficienza per rivendicare lo status di leader della politica britannica che fino ad oggi gli era stato negato ugualmente da colleghi e stampa.
Nessun commento:
Posta un commento