La colpa di Dilma? Accuse di presunte irregolarità fiscali. Presunte. Soltanto presunte. I leader di grandi paesi democratici, scrittori, filosofi, attori e registi hanno espresso il loro sdegno per questo processo tragico e ridicolo. Ha ragione "Le Monde": "Se non è un golpe, è una farsa". La verità è che il partito dei lavoratori ha sempre dato fastidio alle classi egemoni.
La lunga lotta per la libertà, cominciata fin dall'inizio della vergognosa dittatura (1964) e che ha, infine, portato una donna, che quella dittatura aveva subito sulla propria pelle, con il carcere e le torture, alla presidenza, è terminata con questo processo alla verità e alla storia. Ora si voterà sull'ineleggibilità della Rousseff. Ma non ha più importanza: hanno vinto, proprio come accadeva un tempo, i poteri forti, chi voleva riportare il Brasile alle stagioni dell'intolleranza e della paura. Per fare il "golpe", questa volta, non sono serviti i militari e le armi. È bastato mettere in piedi accuse, sempre nebulose, per colpire prima Lula, con l'indagine "lava jato" (autolavaggio), su una presunta ragnatela di tangenti e corruzioni, con in mezzo l'azienda petrolifera Petrobras, per poi arrivare a metter fuori causa Dilma. Che si è sempre dichiarata innocente, e che ha chiesto di mostrare le prove. Ma le prove erano balbettanti collane di "blablabla", teoremi confusi formulati da indegni saltimbanchi del nulla, professionisti della codardia; con l'unica volontà di mettere fine a un'esperienza di Bellezza. La bellezza della lotta alla fame, con una scuola per tutti e il recupero della dignità per molti.
Amo il Brasile, dove sono nato, e ho sempre visto nel partito dei lavoratori una speranza non solo per i senza tetto e per i senza terra, per i senza lavoro e per i senza pane, ma per il Sudamerica intero. Adesso, si ritorna al passato. E mi vengono i brividi. E il peggio, purtroppo, deve ancora arrivare...
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