giovedì 1 settembre 2016

Brasile. Dilma destituita: ritornano gli anni bui in Brasile. E temo il peggio.



DILMA ROUSSEFFNon ho parole per esprimere la mia indignazione, identica a quella di milioni e milioni di persone che avevano votato per l'erede di Lula. Si stanno riempiendo le vie e le piazze: sono i sostenitori del Pt, che rifiutano, a gran voce, la fine della democrazia, della speranza, dell'uguaglianza. Così il Gigante sudamericano ritorna indietro nel tempo, agli anni bui della dittatura. Ora a guidare il Brasile sarà Michel Temer, non più in carica provvisoriamente. Il tradimento si è, definitivamente, consumato: lui, che era il vice di Dilma. Che aveva giurato fedeltà. Poi, con l'impeachment, ha preso il potere, togliendo, come primo atto, le donne dal governo e cominciando una politica che andava a cancellare, con metodo chirurgico, la maggior parte dei diritti conquistati, soprattutto dai poveri e dagli emarginati, durante le stagioni di Lula e della Rousseff. Ci saranno tagli alla sanità, all'istruzione; la destra peggiore sarà chiamata a guidare la più robusta nazione, da un punto di vista economico, del Sud America. Una storia che, purtroppo, abbiamo già conosciuto. Si riaprono le vene dell'America Latina.
La colpa di Dilma? Accuse di presunte irregolarità fiscali. Presunte. Soltanto presunte. I leader di grandi paesi democratici, scrittori, filosofi, attori e registi hanno espresso il loro sdegno per questo processo tragico e ridicolo. Ha ragione "Le Monde": "Se non è un golpe, è una farsa". La verità è che il partito dei lavoratori ha sempre dato fastidio alle classi egemoni.
La lunga lotta per la libertà, cominciata fin dall'inizio della vergognosa dittatura (1964) e che ha, infine, portato una donna, che quella dittatura aveva subito sulla propria pelle, con il carcere e le torture, alla presidenza, è terminata con questo processo alla verità e alla storia. Ora si voterà sull'ineleggibilità della Rousseff. Ma non ha più importanza: hanno vinto, proprio come accadeva un tempo, i poteri forti, chi voleva riportare il Brasile alle stagioni dell'intolleranza e della paura. Per fare il "golpe", questa volta, non sono serviti i militari e le armi. È bastato mettere in piedi accuse, sempre nebulose, per colpire prima Lula, con l'indagine "lava jato" (autolavaggio), su una presunta ragnatela di tangenti e corruzioni, con in mezzo l'azienda petrolifera Petrobras, per poi arrivare a metter fuori causa Dilma. Che si è sempre dichiarata innocente, e che ha chiesto di mostrare le prove. Ma le prove erano balbettanti collane di "blablabla", teoremi confusi formulati da indegni saltimbanchi del nulla, professionisti della codardia; con l'unica volontà di mettere fine a un'esperienza di Bellezza. La bellezza della lotta alla fame, con una scuola per tutti e il recupero della dignità per molti.
Amo il Brasile, dove sono nato, e ho sempre visto nel partito dei lavoratori una speranza non solo per i senza tetto e per i senza terra, per i senza lavoro e per i senza pane, ma per il Sudamerica intero. Adesso, si ritorna al passato. E mi vengono i brividi. E il peggio, purtroppo, deve ancora arrivare...

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