domenica 24 gennaio 2016

Rifiuti zero nel cimitero delle discariche.

A Castel Volturno un imprenditore balneare lancia un progetto che azzera i costi con la differenziata, a due passi dalla Terra del fuochi e delle ecoballe. “Chi non inquina, non paga”. Tutti d’accordo. Tranne il Comune. E i clan.

Rifiuti zero nel cimitero delle discariche L'Espresso di Ferruccio Fabrizio
 

"Se questo progetto arrivasse dall’Olanda, non se lo filerebbe nessuno”. L’architetto Antonio Cècoro l’ha concepito a Castel Volturno, sulla strada del più grande cimitero di rifiuti d’Europa. E qui se lo filano tutti, anche quelli che non lo vogliono.

Il Comune, per esempio. “Garda” il suo nome, gestione autonoma rifiuti derivati dagli assimilati. In due parole, “rifiuti zero”. Un’idea nata nel 2011 da un principio comunitario: chi non inquina, non paga, introdotto nel sistema normativo nazionale con la legge Ronchi del ’97. Trent’anni fa Cècoro era solo un ragazzino che si arrampicava tra leggendarie viti maritate e filiere di pioppi. Fino in cielo, per acciuffare l’uva.

Oggi ha 42 anni, fa l’imprenditore balneare e gestisce un lido storico a Castel Volturno, a due passi dalla montagna di spazzatura che ha sepolto la campagna felice di un tempo e bruciato il futuro a nord di Napoli. Poco distante dalla Terra dei fuochi e da tonnellate di ecoballe, ha piantato un progetto di raccolta differenziata che prevede il recupero del 98 per cento dei rifiuti e un risparmio sulle tasse di 20 mila euro, grazie a un accordo con una ditta privata.


Ma sta volando troppo alto, secondo l’amministrazione comunale. Che gli ha intimato di fermarsi, “minacciandolo” di revocargli la concessione. “Noi abbiamo attivato un processo, non ci siamo inventati nulla – spiega Cècoro. Abbiamo fatto sì che non si producesse più il rifiuto, plastica, carta, vetro vengono riportati nelle singole filiere, l’umido lo trattiamo con una composteria, la prima la comprammo in Inghilterra nel 2010, costava 10 mila euro. I rifiuti sono un servizio non un bene di lucro, industriali, albergatori, condomini di città, tutti possono risparmiare una enormità di tasse e ottenere il risultato "rifiuti zero".

Una parola, nella terra dell’emergenza. E quanta fatica. E non solo in Campania. La vicenda è stata portata alla ribalta dalla giornalista Eleonora Puntillo e ora l’imprenditore promette di cavalcarla “per il bene del Paese”. La novità, non piace a molti pubblici amministratori. E l’ignoranza della legge rischia di cementarsi con gli appetiti dei clan e la voracità dei carrozzoni politici. Sul mulino di Cècoro soffiano venti contrari. E l’architetto che ha realizzato l’idea grazie alla consulenza del professor Stefano Tonziello, ha avuto bisogno presto anche di un avvocato. Si è ribellato al Comune e ha fatto ricorso al Tar. E l’ha spuntata.

“Nonostante il Tar ci abbia dato ragione e abbia annullato il regolamento del Comune – spiega Luigi Roma, il legale che difende l’imprenditore, il Comune ha approvato un nuovo regolamento imponendoci lo stesso limite precedente allo smaltimento, sfidando il Tar e il buon senso. Inutile dire che abbiamo fatto un nuovo ricorso...”. Oltre la legge, dalla parte del progetto “Rifiuti zero” ci sono imprenditori e cittadini. “Ma per la svolta serve una rivoluzione culturale – avverte Cècoro. Quando si capirà che una corretta applicazione della normativa consentirebbe a grossi complessi turistici e industriali, e anche agli agglomerati abitativi urbani, di risparmiare milioni di euro di imposte, il problema rifiuti sarà cancellato”.

Che l’idea non piaccia ai Comuni se ne è accorto anche il consorzio di imprese balneari Coba, in Abruzzo, che ha seguito l’iniziativa campana. Ha dovuto fare i conti con l’ostruzionismo del Comune di Giulianova. E così l’ha scavalcato. “Cècoro ha fatto da caposcuola in Italia e noi abbiamo radunato 40 imprese e 5 alberghi, firmato un accordo con un’azienda privata – sottolinea Attilio Morgan Di Concetto, presidente Assobalneari Abruzzo. Oggi smaltiamo il 98 per cento dei rifiuti. Il costo del servizio è di appena mille euro a impresa, il risparmio del 50 per cento rispetto a quello che avremmo pagato in appalto con il Comune. Chi vuole si faccia pure avanti”.

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