Il recente accordo sul riscaldamento climatico è sicuramente un passo avanti, ma ha anche molti limiti. Uno fra tutti meriterebbe molta più attenzione e comprensione: la divaricazione – o scisma di realtà – tra la lentezza dei negoziati internazionali e la grande accelerazione dei processi materiali che degradano il clima.
Giovanna Ricoveri CNS - Ecologia Politica
La causa di fondo del riscaldamento climatico è infatti la contraddizione tra crescita illimitata e finitezza delle risorse. Per risolvere questa contraddizione, non basta l’intervento in alcuni settori che, anzi, potrebbe far aumentare la domanda e i consumi, e quindi la Co2. Serve piuttosto una economia diversa, più lenta e più dolce, che abbia le sue radici nel locale, orientata dalla logica qualitativa del prendersi cura di sé e della biosfera, non dalla logica quantitativa della produttività.
Solo un’economia più lenta e più dolce potrebbe ridurre il riscaldamento climatico, riqualificando e riducendo a monte i consumi. Ma risolverebbe anche il problema della disoccupazione, che nell’economia attuale è creato dalla logica della produttività. Produrre in modo pulito, verde e sano, in condizioni di lavoro sicure, richiede infatti più lavoro e più posti di lavoro ricchi di senso: nell’agricoltura agrobiologica, ad esempio, dal 30 al 40 per cento in più rispetto a quella industriale.
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