La depenalizzazione della coltivazione di cannabis terapeutica non cambia nulla nella normativa vigente nel nostro paese. Serve una norma che permetta l'utilizzo in tutti i settori - quello ricreativo è solo una minima parte - e tolga la sostanza dal mercato nero gestito dalla criminalità organizzata.
In un momento storico contraddistinto da una crisi di modelli produttivi, la canapa in Italia può tornare ad essere un’importante risorsa economica, la stessa che fino agli anni ’30 ci aveva reso secondo produttore al mondo per quantità, dietro la Russia, e primi per la qualità della fibra. Il nostro Paese ha alle spalle una grande tradizione di coltivazione di canapa e, quando ancora non esisteva il concetto di made in Italy, la canapa era già un’eccellenza agroindustriale italiana, grazie al sole, alla terra e alle particolari condizioni climatiche della nostra penisola.
Una legge per la filiera moderna della canapa industriale – Una spinta verso un’economia più sostenibile può arrivare sicuramente dalla canapa industriale e cioè varietà di canapa con un contenuto di THC inferiore allo 0,2%, del tutto legali dal coltivare. Attualmente in Italia il problema principale è la mancanza di centri di prima trasformazione – ce ne sono solo due – ed il fatto che, con il diminuire delle coltivazioni, la lavorazione, a esempio delle fibre tessili, non sia mai stata meccanizzata. Dopo l’approvazione alla Camera in dicembre è ora al vaglio del Senato una legge per spingere il settore e dare certezze a produttori e consumatori. La canapa in agricoltura si utilizza in tutte le sue parti per ottenere centinaia di prodotti differenti, dai cibi ai tessuti, passando per cosmetici, bio-edilizia, bio-plastiche ed altro ancora. La filiera più attiva in Italia è sicuramente quella agroalimentare: dai semi della canapa, un alimento nutraceutico ricco di proteine, acidi grassi polinsaturi come Omega 6 e Omega 3 e antiossidanti, si ricavano infatti olio e farina, dai quali si possono ottenere prodotti come pasta, pizza, dolci dalle ottime capacità nutritive e che si iniziano a trovare anche i supermercati e grandi distribuzioni. In Italia cominciano ad esserci diverse aziende che fanno della canapa made in Italy la loro forza e iniziano a sperimentare in ricette di alta cucina così come nello street food.
La canapa per un’economia verde – “Perché esaurire le foreste che sono nate attraverso i secoli e le miniere che necessitano di molti anni per formarsi, se possiamo ottenere l’equivalente di una foresta e dei prodotti minerari attraverso la coltivazione annua dei campi di canapa?”. E’ la domanda posta da Henry Ford quando più di 70 anni fa creò la Hemp body car, automobile con la scocca interamente realizzata in bio-plastica di canapa, biodegradabile e oltretutto alimentata ad etanolo di canapa, un combustibile a basso impatto ambientale. La canapa potrebbe infatti sostituire tutti prodotti ottenuti da energie fossili, plastica e combustibili compresi, con prodotti eco-compatibili. In Sicilia la start-up Kanèsis ha creato un filamento in canapa per la stampa 3D con la quale è stato ad esempio creato uno dei 5 droni cosiddetti inoffensivi riconosciuti di recente dall’Enac.
Bio-ediliza, carta e benefici ambientali – Parlando di bioedilizia si potrebbe ricordare come l’edilizia tradizionale incida per il 30/40% sulle emissioni totali di CO2 e come con canapa e calce si possano creare materiali per l’edilizia che vanno dai mattoni agli intonaci che sono biodegradabili, fanno respirare la casa contribuendo a mantenerla calda in inverno e fresca d’estate, aumentano la vivibilità degli ambienti e facendo abbassare consumi energetici e bollette. Si stima che una tonnellata di canapa secca possa sequestrare 325 kg di CO2. Tutta la filiera di produzione di calce e canapa è carbon negative, cioè toglie più CO2 dall’ambiente di quanta ne verrebbe immessa lavorandola. A Bisceglie, in Puglia, lo studio di architetti Pedone Working, grazie ai bio-mattoni in canapa e calce prodotti dall’azienda Equilibrium, sta ultimando il più grande complesso abitativo in canapa e calce in Europa che sarà autosufficiente dal punto di vista energetico. Un altro dei mille utilizzi possibili è la carta, anche se è stato calcolato che attualmente solo il 5% della carta prodotta in tutto il mondo proviene da piante annuali come la canapa o il lino. Ma agli albori della stampa la carta di canapa ebbe un ruolo preminente: le prime copie della Bibbia stampata da Gutenberg furono prodotte con questo tipo di carta o ad esempio la dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti fu ratificata su carta di canapa, così come i più grandi pittori, ad esempio Van Gogh, hanno usato tele in canapa per le loro opere. La canapa è una pianta annuale ricca di cellulosa e potrebbe contribuire a risolvere i problemi legati alla deforestazione; un altro vantaggio ambientale della sua coltivazione è il fatto che assorbe mediamente 4 volte la CO2 rispetto agli alberi, ha una forte azione di purificazione dei terreni dove cresce estraendo metalli pesanti e sostanze inquinanti come la diossina e stoccandole nel fusto. Può essere coltivata a rotazione e le sue radici, penetrando in profondità, migliorano i raccolti successivi. Non ci sono stime precise ma dai circa 400 ettari coltivati a canapa in Italia nel 2013 si è passati a circa 1000 nel 2014 per arrivare a circa 5mila nel 2015. Sicuramente siamo lontani dai 90mila ettari delle coltivazioni ad inizio secolo, ma siamo sulla buona strada.
Cannabis terapeutica, cosa sta accadendo – In questi giorni ha fatto parecchio discutere la notizia della depenalizzazione della coltivazione di cannabis terapeutica per i soggetti autorizzati: in realtà per i cittadini non cambia niente, neanche per i malati che utilizzano la cannabis a scopi terapeutici, i quali continueranno ad essere perseguiti anche per la coltivazione di una sola pianta. Ad ogni modo in Italia è legale ottenere farmaci a base di cannabis dal 2007, quando l’allora ministro Livia Turco ha riconosciuto con un decreto l’uso in terapia del cannabinoide delta-9-THC e dei suoi omologhi. Il problema di fondo è che, nonostante il fatto che la cannabis e i suoi derivati siano reperibili in molte farmacie galeniche ed ospedaliere dietro prescrizione, i pazienti che riescono ad avere accesso al farmaco sono ancora molto pochi. Sia per la difficoltà di trovare un medico che le prescriva loro, sia per l’alto costo di questo tipo di farmaco.
Importazione, produzione e nuovo decreto – Noi attualmente importiamo, come il resto d’Europa, le infiorescenze di cannabis dall’Olanda dove vengono prodotte dall’azienda Bedrocan. Nonostante il prezzo di partenza sia circa 3 euro al grammo, tra importazione, trasporto, tasse e l’obbligo legislativo per le farmacie galeniche di raddoppiare il prezzo al cliente, il risultato è che il costo finale si aggira tra i 30 e i 40 euro al grammo, con pazienti che arriverebbero a spendere più di 1000 euro al mese per il proprio piano terapeutico. Negli ultimi anni sono state introdotte anche delle leggi regionali che, pur nella diversità delle loro disposizioni, convergono nel riconoscere l’erogazione dei medicinali cannabinoidi a carico dei servizi sanitari regionali, anche se poi non tutte le Regioni che hanno legiferato in materia hanno pubblicato il regolamento attuativo, rendendo in diversi casi la legge inefficace. Ad ogni modo il governo ha avviato l’anno scorso un progetto di pilota di coltivazione sperimentale di cannabis presso lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze – unico soggetto interessato dalla depenalizzazione insieme al Crea-Cin di Rovigo – che dovrebbe portare quest’anno alla produzione di circa 100 chili di infiorescenze. Secondo quanto previsto dalla Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, in quanto produttori di cannabis ci siamo dovuti dotare di un organismo di controllo che è stato individuato nel ministero della Salute.
A questo proposito è stato da poco approvato un decreto che regola prescrizioni, produzione e che ha scatenato diverse polemiche perché diventa estremamente difficile per le farmacie galeniche produrre estratti, molto utilizzati anche per la comodità nel dosaggio, perché le si obbliga ad esaminare ogni singolo preparato con costi molto alti, esclude diverse patologie per le quali ci sono studi scientifici accreditati e vieta di mettersi alla guida per almeno 24 ore dopo l’ultima assunzione quando nemmeno per la morfina è previsto una tale divieto scritto nero su bianco. Secondo i Radicali, che hanno annunciato di voler impugnare il decreto, l’allegato tecnico del decreto prevede una sorta di “monopolio fiorentino”, individuando lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze quale unico luogo in Italia di coltivazione e produzione della “sostanza attiva”. E se la Coldiretti in un rapporto del 2014 spiegava che con una produzione italiana di cannabis terapeutica “si potrebbe creare in poco tempo un giro d’affari del valore di 1,4 miliardi di euro e garantire almeno 10mila posti di lavoro”, erano stati diversi i soggetti istituzionali come la Regione Friuli e la Regione Piemonte, che avevano manifestato la volontà di attivare dei progetti di coltivazione.
Le possibilità della cannabis ricreativa – In America la “war on drugs” ha avuto un sensibile arresto dopo il successo della legalizzazione della cannabis in Colorado. Il monte affari complessivo mosso dalla legalizzazione nello Stato è di 700 milioni di dollari per il 2014, dei quali circa 60 milioni di tasse. Grazie ad una legge del dello Stato che impone una quota limite sui soldi che può ricevere dalle tasse e superata la quale deve ridistribuire il denaro ai contribuenti, il Colorado ha rimborsato i 30 milioni di dollari in eccedenza ricevuti in progetti sociali e per la scuola. E’ la prima volta che succede nella storia del Paese ed è stato ampiamente sottolineato come i soldi che prima finivano nelle mani dei narcos messicani, ora siano a disposizione dello Stato e dei cittadini. In Italia si è svolta da poco la seconda seduta per la proposta di legge per la legalizzazione che è stata sottoscritta da oltre 200 parlamentari. Intanto, anticipando i possibili concorrenti, un’azienda si è già proposta come franchising per la produzione e la vendita di cannabis, quando sarà legale. Si chiama Nativa e, puntando molto sul valore delle nostre eccellenze agroalimentari e paragonando la cannabis al vino o all’olio d’oliva, propone già una pre-affiliazione con tanto di cifre messe nero su bianco.
In America, il fallimento della “guerra alla droga” è stato reso ancor più evidente dal successo economico della legalizzazione. Dove non erano arrivate le ragioni degli antiproibizionisti – come la regolamentazione del mercato, la fruizione di un prodotto controllato e lo sfuggire alle dinamiche criminali – i soldi sono stati più convincenti. Chissà se in Italia succederà lo stesso e se i consumatori di cannabis, stimati in circa il 15% della popolazione in Italia, avranno accesso ad un mercato sicuro e regolamentato o dovranno continuare a rifornirsi presso il mercato nero gestito da mafia e criminalità.
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