Il presidente, secondo fonti del Quirinale citate dalle agenzie di stampa, ha promulgato la riforma senza porre note o osservazioni. Il capo dello Stato quindi non ha rilevato difetti sotto il profilo costituzionale nel testo uscito dal Parlamento e il suo giudizio vale doppio anche sotto il profilo tecnico, visto che da un lato Mattarella era giudice della Corte costituzionale quando questa bocciò il Porcellum e dall’altro è l’autore della legge elettorale con la quale si è votato dal 1994 al 2001, il Mattarellum, sistema che aveva tentato di semplificare il sistema politico italiano.
Il dubbio di alcuni giuristi riguardavano alcuni aspetti dell’Italicum che – si sosteneva – potevano ricordare la precedente legge elettorale, poi “svuotata” proprio dalla sentenza della Consulta del dicembre 2013. In particolare il riferimento era al premio di maggioranza e alle liste bloccate. Nel primo caso la sentenza della Consulta aveva sottolineato la necessità di una soglia per il premio di maggioranza (e la soglia nell’Italicum c’è, al 40%). Nel secondo caso denunciava la distorsione del rapporto tra elettori ed eletti, proponendo le alternative di liste più corte o liste bloccate solo per una parte, e la nuova legge elettorale sia liste corte (di 4-6 nomi) con i soli capilista bloccati. In questo senso i dubbi di legittimità costituzionale sarebbero superati.
In mattinata era stato il presidente del Consiglio Matteo Renzi a firmare il testo della legge.
La prima reazione è di Pippo Civati, deputato ed ex candidato alla segreteria del Pd, che proprio oggi, 6 maggio, ha ufficializzato la sua fuoriuscita sia dal gruppo parlamentare che dal Partito democratico. Secondo Civati – che ha votato no sia alla fiducia sia nello scrutinio finale – la firma del presidente della Repubblica “la davo per scontata, anche se secondo me la Consulta qualcosa da dire ce l’ha”.