sabato 2 novembre 2013

Il ministro non vuole lasciare "Sono a posto con la mia coscienza"

La difesa del Colle e di Palazzo Chigi. Il colloquio con il premier Enrico Letta.


ROMA — Dimissioni? Anna Maria Cancellieri, quasi la storia non riguardasse lei, quando sono le nove di sera, all’ennesima telefonata tra solidarietà e voglia di sapere che succede, al suo interlocutore replica: «Sì, ho sentito che i Tg ne parlano, ma io sono tranquilla». In che senso «tranquilla »? «Io sono in pace con la mia coscienza, e questo mi basta ». Secondi di riflessione, poi, inesorabile, salta fuori il suo vero stato d’animo: «Certo che vedersi offendere nel proprio onore fa veramente rabbia...». E quindi si dimette? «Io vado avanti, ho fatto solo il mio dovere, non c'è stata nessuna interferenza».

Non si sbaglia di certo se, nel fotografare l’umore del ministro della Giustizia, e soprattutto nell’interpretare il suo comportamento, si afferma che Cancellieri non ha alcuna intenzione di dimettersi. Per la semplice ragione che è del tutto convinta di non essersi macchiata di alcun comportamento lesivo nei confronti delle istituzioni. All’opposto, la sua intenzione è quella di fornire al governo e al Parlamento, non appena andrà in aula, tutti gli elementi utili per dimostrare che non esiste un caso Cancellieri.

Questo il Guardasigilli ha detto a Napolitano, quando è salita sul Colle per presentargli in assoluta anteprima il piano carceri che oggi anticiperà al congresso dei Radicali a Chianciano e che tra domani e martedì porterà al Strasburgo per bloccare la definitiva condanna della Ue per via del sovraffollamento. Napolitano è dalla sua parte. E dal tenore delle telefonate avute tra giovedì e ieri con Enrico Letta si deduce che anche palazzo Chigi “copre” politicamente Cancellieri. Basta una battuta per capirlo: «Abbiamo difeso Alfano nel caso Shalabayeva... ». Sicuramente, proseguono le stesse fonti, la situazione del ministro della Giustizia e i fatti di cui è protagonista presentano profili che non sono assolutamente paragonabili con quel-l'altro clamoroso affare.

Tutto risolto dunque? Niente affatto. Perché sicuramente proprio a palazzo Chigi c’è anche imbarazzo per un nuovo episodio che può destabilizzare ulteriormente un equilibrio già precario giusto nei giorni di scontro sulla decadenza di Berlusconi. È soprattutto la telefonata di Cancellieri con la compagna di Ligresti che preoccupa. Quella in cui dice il ministro dice «qualsiasi cosa possa fare, conta su di me». Di cui il ministro, con chiunque ha parlato in queste ore, ha ribadito l’assoluta «innocenza » perché «è stata solo una conversazione tra due vecchie amiche». Ma proprio su questo, a Cancellieri, è stato chiesto di fare piena luce, così come sui suoi rapporti con la famiglia Ligresti. «Amicizia antichissima» dice lei. Ma quando un rapporto, seppur antico e notorio, interferisce con un delicato ruolo di governo come quello di ministro della Giustizia «il chiarimento è doveroso e non deve lasciare ombre».

Ma di «ombre» Cancellieri non ritiene proprio di averne alle spalle. Basta sentirla per capirlo. Perché si coglie quella che lei definisce con una battuta «decisa amarezza». Ha letto i giornali, e la frase che più le brucia è quella in cui la si accusa di aver aiutato una detenuta eccellente, mentre ce ne sono altri 67mila in attesa, tra cui migliaia di poveri cristi. «Una roba da matti...» si lascia scappare con chiunque la chiami. «Proprio a me dicono questo? A me che sin dal primo giorno in cui sono entrata in questo ufficio non ho fatto altro che occuparmi di carcere? A me che mi sto battendo per salvare l’Italia dalla condanna europea? A me che mi sono espressa anche a favore dell’amnistia ben sapendo quanto un provvedimento del genere sia impopolare tant’è che per questo sono stata criticata? ».

Un torrente che ribolle. Con interlocutori che le danno ragione. Come il ministro degli Esteri Emma Bonino, che la chiama per avere conferma della sua presenza a Chianciano, per dirle che lei ci sarà, che aspetta il suo discorso. Discorso a cui Cancellieri ha lavorato tutto il giorno, pronta com’è a spiegare davanti a tutti che «il carcere è la priorità del mio ministero» e soprattutto che via Arenula ha prestato attenzione «a ogni detenuto che ha segnalato un’anomalia». Tant’è che i suoi uffici stanno raccogliendo tutti i casi in cui sono intervenuti per dimostrare che la vicenda di Giulia Ligresti non è un isolato favoritismo, ma la regola. Se un recluso scrive al ministro e mette in evidenza il suo caso, questo non finisce nel cassetto ma viene istruito e approfondito. Si comporta così anche il direttore delle carceri Giovanni Tamburino che in proposito ha impartito precise direttive alla sua segreteria.

Un agente della sua scorta, mentre lei sale in auto, le dice: «Ministro, ma questi lo sanno quante volte lei si ferma in mezzo alla gente e raccoglie segnalazioni? ». Già, ma se chi chiede si chiama Ligresti la faccenda cambia. Cancellieri sa che su questo deve dimostrare la sua trasparenza. Ma non pare affatto preoccupata per la sfida. È convinta di avere le carte a posto.

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