di Rossella Marchini e Antonello Sotgia
Il Governo Letta aiuta i palazzinari ma nega le case a chi non ne ce l'ha. Non rispetta l’ambiente, perpetua pratiche di biocidio.
1. Quanto è avvenuto in questi giorni in Sardegna - quello che sta avvenendo in Calabria - ci parla dell’esistenza di una questione territoriale. Il balletto degli emendamenti che rispetto la legge di stabilità che si stanno predisponendo in merito alla [..] “costruzione di nuovi stadi”, dopo che la prima versione era stata sommersa da critiche pressoché unanimi, dimostra che il Governo Letta non vuole riconoscere l’esistenza di questa questione. Il Governo Letta intende nascondere che il nostro territorio sta sprofondando .2. Nell’emendamento si scrive stadio, ma si legge: tutto quello (moltissimo) che intorno a quei catini s’intende realizzare. Una storia che va avanti da tempo (2007) per far nascere dal terreno ancora sciagurati individui di cemento per cui si vuole rendere inutile ogni procedura valutativa e procedurale. La questione degli stadi, così come è stata posta con il contestatissimo emendamento, svela, qualora ce ne fosse ulteriore bisogno, di come la questione territoriale non possa essere affrontata dalla disciplina urbanistica. Come, sia un problema di democrazia. Il Governo Letta, dopo aver varato il decreto “del fare”, pensando a questo emendamento, lo declina con “faccio io”.
3. Dove saranno questi nuovi stadi? A guardare le cartine dei giornali, eccoli lì in fila uno dopo l’altro (o a coppie come nel caso romano con entrambi localizzati in aree classificate a rischio esondazione o, in quello genovese, dove all’ampliamento dello stadio Ferraris si associa un’astronave sampdoriana localizzata fronte-mare) tutti pronti ad atterrare, con il loro pesante contorno edilizio, sul suolo agricolo. Non solo nelle grandi città. Ma che importa di consumare ancora suolo ad un governo che sembra pronto a cedere al miglior offerente arenili e spiagge? Il governo Letta conosce bene la storia del nostro territorio: come le città sono state costruite, come si stanno trasformando, come questo avvenga su terreni che hanno sempre un proprietario: pubblico o, sempre più spesso, privato. Sa che, oggi, i due interessi: il privato e il pubblico hanno finito con il coincidere. Entrambi indirizzati, come sono, a costruire rendita per mezzo dello sfruttamento dei suoli. Il Governo Letta sembra un Ligresti qualunque, parla di valorizzazione assicurando al capitalismo finanziario, che usa le società calcistiche, di scegliere come meglio gli conviene come e dove produrre, per sé, rendita.
4. Circondare campi e tribune con case, cinema, supermercati, questo pretendono i Presidenti delle società, in parti delicate del nostro territorio, è una dichiarazione di guerra a chi quei territori abita, alle comunità locali. Le sole che possono, autorganizzandosi, ripensare a quelle singole scelte che trasformino l’attuale condizione di emergenza territoriale in un percorso virtuoso capace di sanarne le ferite. Le sole che possono riscrivere le modalità di gestire i luoghi. Chiamando gli attori che li “abiteranno", producendo valore, recuperando saperi, praticando la riappropriazione democratica rappresentata dalla progettualità del comune. Il Governo Letta usa gli stadi e le loro facilitazioni autorizzative per introdurre a pioggia il modello della TAV: farla finita con la cultura di un luogo, con quella capacità straordinaria di insediarsi che ha costruito la storia del territorio.
5. Di questo emendamento si è discusso molto in merito ad una comma che permetteva di realizzare immobili residenziali “anche in aree non contigue all’impianto”. Ora, stando alle agenzie di stampa, questo passaggio sembra essere stato cassato. Direttamente il Governo o i relatori? Cosa cambia però se le case non potranno essere delocalizzate in altra parte della città, se resterà immutato lo schema che vede gli stadi porsi come altro dalla città? Se Marino farà decollare il nuovo stadio della Roma così come lo vuole Pallotta e per cui sembra interessarsi anche una cordata di imprenditori cinesi, si potrà ancora parlare di una struttura di servizio? Unicredit e La proprietà americana scegliendo di localizzare il loro stadio in un’area che il Piano regolatore indica come inadatta, dimostrano di fatto il significato di tutta quest’attività emendativa. Indicano al Governo come dovrebbe fare. Un esempio di come superare l’urbanistica e di quale tipologia proporre lo stadio non più una struttura di servizio, ma una grande espressione in cemento di riciclo di un nuovo immaginario. A trasformare lo spettacolo sportivo in una forma di abitare che, a seconda delle possibilità economiche, possa essere venduta ad ore, a giornata, fino a farla coincidere, per chi se lo potrà permettere, con il quotidiano. Da “vivere” direttamente accanto alla squadra (forme di controllo incluse). Il Governo Letta lancia, quasi un’operazione gestaltica, un abitare dove il “tutto” è molto di più della somma delle singole parti.
6. Questi stadi cancellano la stessa città che vorrebbero replicare in forma specialistica. La devono, la vogliono tenere fuori dai propri perimetri. Per questo devono e pretendono vedersi assicurate anche macroscopiche forzature. Devono avere la licenza di intervenire come meglio credono. Vedersi riconoscere a norma di legge quello che è avvenuto di fatto. Quello che l’edilizia ha prodotto. Solo per ricordarsi: a Genova un paio di anni fa, e, prima, a Sarno, ad Agrigento. Oggi in Sardegna, oggi in Calabria. Dove i reticoli idrogeologici sono stati tombati, dove, quando si è voluto risparmiare anche su questo lavoro, come abbiamo visto accadere ad Olbia, si sono costruiti quartieri sui bordi in aderenza alle sponde dell’acqua. La proposta dei padroni dei nuovi stadi non ci dice nulla di nuovo: il territorio deve essere un bene da sfruttare a loro vantaggio Qualcuno ricorda che finanziaria, dopo finanziaria, spariscono anche quei pochi fondi destinati alla prevenzione idrogeologica? Il Governo Letta, nega le case a chi ne è privo, dimostra di non avere nessun rispetto per l’ambiente, perpetua pratiche di biocidio.
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