ROMA - La sfiducia al Guardasigilli a Montecitorio sarà pure stata respinta. Ma all'indomani di un voto in aula che è riuscito a scongiurare la cacciata del ministro della Giustizia dal governo, nel Pd le polemiche fioccano a tutt'andare. Il 'salvataggio' di Anna Maria Cancellieri, travolta dallo scandalo delle telefonate ai Ligresti, ha scatenato una ridda di accuse e contro accuse che si alimentano in vista delle primarie di partito del prossimo 8 dicembre: a bocciare la mozione presentata dal Movimento 5 Stelle, infatti, sono stati tanto i democratici (renziani e civatiani compresi) quanto Forza Italia e Nuovo centrodestra assieme. Ad aprire le 'danze' di una discussione durissima, però, è stato subito il sindaco di Firenze e candidato alla leadership post Epifani, Matteo Renzi: "Il vecchio Pd l'ha difesa - ha detto - il nuovo non lo farà". Ancora prima, alla 'Gabbia' su La7, aveva tuonato: "Con me segretario avremmo detto sì alla sfiducia".
Parole che secondo il ministro della Difesa, Mario Mauro (ex Sc), "scavano una voragine sotto l'Esecutivo" ma che secondo il collega Graziano Delrio, titolare degli Affari regionali e molto vicino al 'rottamatore', "interpretano un malessere diffuso". E visto che, peraltro, di dimettersi sua sponte la Cancellieri non ne avrebbe alcuna intenzione, a cogliere la palla al balzo e a insistere 'con la lama nella piaga' ci pensano i grillini, che fanno sapere di voler presentare la medesima mozione di sfiducia contro il ministro anche al Senato, dove i numeri e gli equilibri sono assai diversi rispetto alla Camera. E sarebbe pronta anche una data. A fornirla è Paola Taverna, presidente dei senatori M5S: "Certi che il 27 ci sarà il voto dell'aula su Berlusconi, il 28 andrebbe bene per procedere con la mozione sulla Cancellieri".

La replica diretta a Renzi, invece, gliela invia lo sfidante alla segreteria Pd, Pippo Civati: "E' un tantino azzardato dire che, se ci fosse Renzi, il gruppo Pd non salverebbe la Cancellieri. Primo, perché lui c'è, e i deputati che hanno sottoscritto la sua candidatura sono duecento, anche se forse sul caso in questione erano meno compatti di quanto Renzi stesso prevedesse. Secondo,  perché questo diverso avviso potrebbe continuare a manifestarsi anche dopo il congresso. Non ce li vedo i renziani-franceschiniani a mettere in difficoltà il premier Enrico Letta, né ovviamente i lettiani per Renzi mettersi contro Letta. Ieri abbiamo perso un'occasione colossale per far emergere l'autonomia del Pd. E questo vale per chiunque vincerà il congresso del Pd". Di sicuro per Civati c'è che "siamo arrivati non a una tregua ma a un momento di tensione tra di noi, il Pd è andato ad un testa coda che gli elettori non hanno capito. Se la cancellieri avesse fatto un passo indietro al governo non sarebbe successo nulla. La sfiducia è una mozione individuale e il partito dovrebbe avere una propria autonomia".

Ma proprio perché la mozione a Montecitorio è stata respinta e la base - su web - ha mostrato di non capire le scelte compiute ieri dal Pd, Civati ha deciso di aprire su Twitter uno spazio di confronto intitolato #insultacivati e dedicato "agli elettori delusi dal salvataggio del Guardasigilli imposto da Letta al Pd".

Nelle stesse ore, è Debora Serracchiani, presidente del Friuli Venezia Giulia in quota dem, a tentare di fare chiarezza: "Non c'è nessuna intenzione di mettere in difficoltà questo governo, che ha senso se fa le riforme di cui il Paese ha bisogno, dalla riforma elettorale a quella del mercato del lavoro, alle riforme istituzionali con il superamento delle Province. Sulla realizzazione di queste riforme semplicemente chiediamo che venga fatta chiarezza, e questo non significa davvero mettere in difficoltà il governo, ma anzi rafforzarlo".