martedì 4 febbraio 2020

Classe Operaia. 3 febbraio, ex Embraco al Mise: la truffa finale?

embraco mise invitalia

E noi sappiamo esattamente cosa succederà in questo incontro, alla presenza di un “consulente” in rappresentanza di Whirlpool Latin America, e di Invitalia.

Succederà questo: verranno sbloccati i soldi per gli stipendi dal fondo ESCROW (1), e in questo clima di ritrovata letizia Invitalia dirà che sta cercando un nuovo investitore, che sostituisca Ventures. 
A quel punto, qualche zelante sottosegretari* tirerà fuori dal cilindro la possibilità, in attesa dei risultati eventuali di questa ricerca, di procedere immediatamente con lo “spezzatino in salsa Sicchiero (2)“. Cioè con l’avvio, previo accordo in tal senso con Ventures, della produzione nei capannoni ex Embraco dei contenitori biomedicali “Traces” (3).
Il sindaco di Chieri, finora, ha attribuito al Mise la volontà di evitare lo “spezzatino”, puntando ancora ad un “investitore unico”. 
Ma noi sappiamo che a quel punto, in questo incontro, si troveranno “improvvisamente” tutt* d’accordo nell’imboccare questa strada, sulla quale già si ritrova infatti a livello locale lo stesso quadro politico (l’allleanza PD-5Stelle) del governo nazionale (4).
Questa “soluzione” riguardetebbe a malapena 50 persone su 410. 
Agli/le altri/e, in accordo con Whirlpool e con la Regione (che, gestita dal centro-destra, tuttavia non è affatto contraria, fa solo il gioco delle parti), verrebbero offerti nuovi miseri incentivi e/o “corsi di riqualificazione”.

Sarebbe “l’inizio della fine”, per questa vertenza la quale, come ha “fatto scuola” con la finta reindustrializzazione, farebbe ora scuola con questo “prototipo definitivo” di gestione delle crisi aziendali (un “capolavoro”, un modello: “accordo bidone” e smantellamento della fabbrica, delocalizzazione, finta reindustrializzazione, “smaltimento” finale degli esuberi).
“Il caso è chiuso”, questa è la soluzione “pragmatica”, perché alla prima azienda ne seguiranno altre (5), dice Sicchiero: chi si oppone fa ideologia sulla pelle delle persone.
MA QUESTO NON È VERO, È VERO INVECE IL CONTRARIO: lo “spezzatino” distrugge l’unica possibilità concreta di una soluzione collettiva, perché distrugge l’unità dei lavoratori e delle lavoratrici ex Embraco, già messa a dura prova nel tempo per il mancato rispetto dei turni di rientro in fabbrica, ma che nonostante tutto ha tenuto insieme per due anni chi non ha accettato gli incentivi (fino a 60.000 Euro, col meccanismo “scalare” (6)) per licenziarsi, perché voleva un posto di lavoro, non un’elemosina.
La vicenda ex Embraco è infatti fortemente caratterizzata da questo aspetto paradossale: con “l’accordo bidone” si puntava, in tutta evidenza, a risolvere il problema con gli incentivi, la storiella della reindustrializzazione con Ventures doveva essere “di contorno”. Ma invece è stata presa fin troppo sul serio, come ci è stato anche raccontato sui giornali (7).
Così ora si vuole imporre direttamente, senza più girarci intorno, la scelta politica generale di lasciare mano libera alle multinazionali che delocalizzano, distruggendo, dopo aver acquisito a prezzi stracciati, nell’orgia delle privatizzazioni, marchi aziendali nazionali prestigiosi, l’economia stessa del paese, posti di lavoro e prospettive di vita, deindustrializzando e desertificando i territori.
Questa non è la soluzione “realista” contrapposta alla smania di chi non accetta la realtà, questa è proprio la distruzione pratica della vita e della speranza delle persone.
Potere al popolo Torino denuncia con forza questa falsa soluzione, e rilancia la necessità di una ripresa lavorativa per 410 lavoratori e lavoratrici, non solo per “quasi 50”: per tutt*, non solo per chi china la testa. Si parte e si arriva insieme, chi ha firmato per la reindustrializzazione, rifiutando gli incentivi, ora deve riavere il suo posto di lavoro, altrimenti è una truffa colossale, che svela fino in fondo la trappola infernale della reindustrializzazione stessa.
Che non è una risposta praticabile alle crisi aziendali, è l’esecuzione sistematica dei volerii di multinazionali che pianificano, in questo modo, i licenziamenti, torturando per mesi e mesi i/le malcapitati/e lavoratori e lavoratrici, cui si continua a mentire con la farsa plateale di finte aziende private che dovrebbero “riconvertire” la produzione, ma che in realtà non lo fanno perché sono controfigure inventate delle stesse multinazionali.
E dove si è svolta questa farsa, ad Amiens per Whirpool Francia, a Termini Imerese con Blutec (a Napoli con PRS, per ora, ancora no), a Riva di Chieri (TO) con Ventures, oltre l’oltraggio c’è stata la beffa, perché i falsi imprenditori, attirati dal bottino stanziato all’uopo, si intascano pure i soldi (poi magari c’è pure l’inchiesta giudiziaria, ma intanto il furto si compie, sfacciato e indisturbato, in una grottesca spirale di insulti alla logica: per ex Embraco, ora Whirlpool dice candidamente che non paga gli stipendi perché non si fida di Ventures!).
Ma fuori da questo delirio, la posta in gioco, in realtà, è assolutamente sostanziale e generale, non riguarda solo ex Embraco: se lo “spezzatino” passa qui, potrà passare per Whirlpool Napoli, nonostante il problema esplosivo dell’indotto, e dappertutto.
Se si abbandona la lotta comune, si “sfoglierà il carciofo” alla spicciolata: nel migliore dei casi, arriveranno proposte successive di pseudo posti di lavoro altrove, o il parcheggio a “riqualificarsi”; nel caso di ex Embraco fino a luglio, quando scadrà la CIG: cioè fino ad estenuare le persone, che alla fine dovranno accettare incentivi di circa 20.000 € e/o, quando saranno in numero sufficientemente ridotto, scompariranno semplicemente dai radar.

L’alternativa, concreta e praticabile, però esiste, e oggi al MISE sarà plasticamente presente: si chiama Invitalia.

Non il “carrozzone di Arcuri (8)” così com’è, ma quello che potenzialmente rappresenta, e per cui viene costantemente evocato, salvo poi essere messo sempre da parte (tranne quando si tratta di salvare una banca, perché per Popolare di Bari è un attore effettivo, con capitali veri stanziati apposta): esorcizzando in questo modo lo “spettro” dell’intervento pubblico diretto in economia, di una vera politica industriale.
Potere al popolo, su ex Embraco, rilancia con forza la propria posizione: occorre nazionalizzare, rilevare la proprietà degli stabilimenti e, dove ancora possibile, degli impianti, costringere le multinazionali ad accordi commerciali su quei segmenti di mercato, o riconvertire le produzioni. Invitalia, convitato di pietra in questo incontro al Mise, può essere lo strumento di questa operazione, proprio come, in modo apertamente mistificatorio, recitava “l’accordo bidone”.
Nell’accordo bidone su ex Embraco, infatti, ad Invitalia veniva riservato il ruolo di “paracadute”, ma solo entro il 2018. L’implementazione di quell’accordo, allungando i tempi, cancellò così di fatto quella clausola, checché ne dica ancora oggi Calenda: si è trattato di un ruolo del tutto virtuale (9).
Ma rimane il principio pratico, aldilà del balletto indegno sul fondo decretato in quell’occasione da Calenda stesso (10): la partecipazione di capitali pubblici nelle aziende attraverso CdP (Cassa Depositi e Prestiti), supporto finanziario di Invitalia. (11)
Altro che “la ricerca di imprenditori seri e credibili”, non è questo il compito che deve avere Invitalia, non si può più sentire questa litania, non fa nemmeno più ridere. Serve solo a coprire, appunto, l’esecuzione servile degli obbiettivi stabiliti dalle multinazionali, “allungando il brodo”.
Invece, la stessa possibilità del “workers by out (12)” che prende realmente corpo in queste vertenze, magari affiancando la solita improbabile azienda privata (vedi Bekaert), necessita a maggior ragione della nazionalizzazione, a suo sostegno e garanzia.
Ma ex Embraco, soprattutto, vuol dire ancora gruppo Whirlpool, che infatti oggi al Mise ci sarà. Si va quindi alla stretta su ex Embraco mentre ripartono gli scioperi in tutto il gruppo, dove si profilano altri pericoli incombenti su altri siti: allora, bisogna trasformare anche questo incontro in un momento di lotta.
La vicenda Whirlpool Napoli e quella ex Embraco, per le molte implicazioni che le sottendono, possono e devono diventare un fronte comune a partire dal quale, intorno alla vertenza Whirlpool come elemento generale, si rimettono in discussione i rapporti di forza reali nella società, come sta facendo il movimento di lotta contro la “riforma delle pensioni” in Francia.
E non stiamo esagerando, perché si tratta di scegliere tra la subordinazione rassegnata del falso “realismo” e la capacità di andare fino in fondo nella difesa di un punto di tenuta irrinunciabile: ad esempio,su Whirlpool Napoli, in particolare, non basta dire di no alla chiusura, occorre una contro-proposta immediata e fattibile. Che non può che essere la nazionalizzazione, come abbiamo già detto (13), e come riproponiamo con forza ora per ex Embraco.
Noi non siamo, infatti, quelli che dicono sempre di no: noi stiamo facendo una proposta organica per provare a salvare più di 400 posti di lavoro, a Napoli come a Riva di Chieri (ma adesso anche tra Cuneo e Torino per la Mahle (14)), a fronte di quella scandalosa dello “spezzatino” che ne “salverebbe” poche decine. Tra l’altro, selezionate con quale criterio? Con graduatorie arbitrarie, in una bella guerra tra poveri, o col “filtro” della clientela politica (15)?!
Comunque, dall’incontro del 3 febbraio non si esce con l’ennesima “melina”, con l’ennesimo rinvio, ma soprattutto non si esce con la truffa finale. La combatteremo in ogni modo, perché un’alternativa è possibile. Mentre un accordo al ribasso, che crea la guerra tra poveri proprio mentre su Whirlpool riparte la lotta generale, no, quello no, non è possibile.
Lo diciamo con molta chiarezza alle organizzazioni sindacali presenti a questo tavolo: sarebbe un gravissimo gesto di rottura contro la mobilitazione e gli scioperi in tutto il gruppo Whirlpool, proprio a significare, allora, che su Whirlpool Napoli non si sta facendo affatto sul serio.
Per questo, come dicevamo, Potere al Popolo rilancia la propria proposta, che vale per Whirlpool Napoli come per ex Embraco. E che va ben oltre la solidarietà, come quella manifestata in queste ore dalle “Sardine Piemonte” (16), che parlano genericamente di “giustizia sociale” e di libertà: non vorremmo che questo richiamo valesse anche per la famiglia Benetton, che potrebbe subire “l’ingiustizia” della revoca delle concessioni in materia di Autostrade, e per la libertà di accumulare profitti miliardari con la gestione di monopoli naturali e di beni comuni.
Cioè proprio quei “valori” contro i quali i/le lavoratori e lavoratrici ex Embraco, “sull’orlo della povertà e che manifestano intenzioni lesive nei loro (stessi) confronti”, continuano invece a combattere a testa alta, perché devono difendersi proprio innanzitutto da chi, proponendosi di aiutarli e di “non lasciarli soli”, cerca invece di cancellarne la dignità.
Note
1 Acconto (o deposito) di garanzia, nell’accordo “bidone” per le transazioni tra Whirlpool e Ventures. kfkf
2 Alessandro Sicchiero, neo-sindaco PD di Chieri (TO).
3 “Traces, di Daniele Tartaro, start-up chierese.
4 Vedi iniziativa per un “tavolo regionale di confrontosu ex Embraco.
5 Venerdì scorso, titolo di apertura del “Corriere di Chieri”: “Ex Cartotecnica: 44 licenziati – Annuncio choc”; si tratta praticamente di una delle ultime aziende “storiche” del Chierese. Ma di quali posti di lavoro (e dove?) si blatera, in questa situazione? Ah, già: sempre di situazioni collegate alla “Traces” e quindi a Sicchiero, come la “Armo” di Ardissone, socio di “Traces”: produzione di “montacarichi, rampe, pedane e portoni per capannoni e garage”, con sede in Inghilterra e stabilimento a None (TO). Dice Ardissone: “ci stiamo ingrandendo, potremmo prendere…c4 o 5 persone da Embraco”!! (Fonte: il “Corriere di Chieri” del 31 gennaio, che ci ricorda come anche la ricollocazione, oggetto di un’operazione immobiliare gestita da Regione e Confindustria, degli stessi capannoni del complesso Embraco costituisca un ulteriore problema. Aria di speculazione sulle aree industriali dismesse, forse?).
6 L’accordo “bidone” prevedeva entro il 2018 incentivi “a scalare”, cioè maggiori all’inizio e minori alla fine, per “incoraggiare” ad andarsene subito e poter gestire quindi il minor numero possibile di “irriducibili”.
7 Si veda: “L’operaio: io da un anno davanti a una fabbrica vuota; rimane qualcosa di eccessivo e di opaco, in questa dichiarazione di un delegato FIOM: ma davvero la FIOM non sapeva di Amiens in Francia?! E, visto l’elogio del “sogno” di una soluzione collettiva nel resto dell’intervista, che ne è oggi di questo sogno se si accetta lo “spezzatino”?
8 Invitalia (a.d. riconfermato Domenico Arcuri) compare in quasi tutti i disastri della “reindustrializzazione”, da Porto Vesme a Termini Imerese e, appunto, a Riva di Chieri: gestita in questo modo, più un attrezzo da palcoscenico, insomma, che una struttura di intervento reale nell’economia.
9 Era previsto che Invitalia rilevasse i/le dipendenti Embraco in caso di fallimento della reindustrializzazione, diventandone il datore di lavoro, ma questo ruolo diretto, appunto per i tempi stessi previsti nell’accordo, incompatibili con una verifica del piano industriale, non è mai esistito veramente: era solo “fuffa”.
10 Una storia indecente: il fondo “anti delocalizzazioni” da 200 milioni di euro, ancora evocato da Calenda nel calderone degli emendamenti alla legge di bilancio (ma già non più in quelli per il “milleproroghe”) e difeso contro il resoconto de “il Manifesto, perché cancellato dai suoi successori al Mise; i quali ora comunque negano che si potrebbe usare proprio quando, invece, con la progressiva ’uscita di scena” di Ventures, ne sussisterebbero le condizioni! In realtà, quel fondo è stato fin dall’inizio posto per essere negato, senza mai nessuna volontà politica di renderlo effettivo.
11 Principio appena negato da Patuanelli, che dopo aver pontificato di nuova IRI, nega alla radice la possibilità di nazionalizzare (“Le parole del ministro Patuanelli, ultimo paragrafo dell’articolo), come se il problema fosse quello degli strumenti, e non quello della volontà politica.
14 Mahle, stesso copione, la “solita storia. E questa volta segnata anche dal problema enorme del “climate change”, perché si tratta di fabbriche di componenti per motori diesel.
15 Nei gruppi sui social di ex Embraco, inevitabilmente, c’è già chi reagisce dicendo ”va bene, facciamola finita…tutto purché finisca sta storia, che non se ne può più, basta!”. Evidentemente, chi parla così si mette già in concorrenza, in competizione per “un posto al sole”, magari in base alla propria appartenenza sindacale.
16 Sardine Piemonte, “COMUNICATO02/02/2020

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