L’Unione europea si schiera contro le politiche del governo d’Israele che giovedì, a pochi giorni dalle elezioni del 2 marzo, ha comunicato di voler portare avanti i progetti per la realizzazione di 1.739 nuove case nei Territori occupati. Di queste, 1.036 hanno avuto un prima via libero, mentre per altre 703 c’è stata l’approvazione finale. Gli insediamenti a Giv’at Hamatos e Har Homa “taglieranno la continuità geografica e territoriale tra Gerusalemme Est e la Cisgiordania“, mentre le costruzioni nell’area E1 “taglieranno la connessione tra Nord e Sud della Cisgiordania. Gli insediamenti sono illegali ai sensi della legge internazionale”, ha scritto l’Alto rappresentante per la Politica Estera di Bruxelles, Josep Borrell.
Per questo, l’Unione ha ribadito “la richiesta a Israele di sospendere i lavori di costruzione, sospendere la pubblicazione delle gare d’appalto e di evitare misure che abbiano come obiettivo l’avanzamento dei piani di costruzione”. Nei giorni scorsi, il primo ministro, Benyamin Netanyahu, ha annunciato l’intenzione di riprendere un vecchio progetto che prevede la costruzione di 3.500 nuove case nell’area E1 della West Bank, una zona sensibile che si trova a ridosso di Gerusalemme.
Questa nuova decisione dell’esecutivo si inserisce in un contesto di tensioni dovute sia al voto imminente che alla presentazione del cosiddetto Piano di Pace tra Israele e Palestina elaborato da Jared Kushner, consigliere capo del presidente americano, Donald Trump.
Come nella precedente tornata, che non ha portato alla formazione di un nuovo governo, anche in vista del voto di lunedì è atteso un testa a testa che difficilmente consegnerà una maggioranza assoluta (61 scranni) nella Knesset, il Parlamento israeliano, a una delle due formazioni, anche in caso di alleanze con altri partiti. Gli ultimi sondaggi raccontano di situazione ancora bloccata, con il Likud di Netanyahu leggermente in vantaggio rispetto a Blu-Bianco del suo principale avversario, Benny Gantz. In distinti sondaggi, il Likud precede con 35 seggi contro 34 Blu-Bianco, oppure è appaiato con il rivale a 33. Come blocchi, quello di destra, comprendendo anche i partiti religiosi, avrebbe 58 seggi contro i 56 del centrosinistra, partiti arabi inclusi. Ago della bilancia, come nelle precedenti consultazioni, sarebbe la formazione di Avigdor Lieberman che otterrebbe tra gli 8 e i 6 seggi. Ma il leader nazionalista ha escluso alleanze sia con la sinistra che con una destra che candida Netanyahu come premier.
L’annuncio sulle colonie, quindi, potrebbe rappresentare l’ultima mossa del primo ministro uscente, sul quale pendono tre inchieste giudiziarie per corruzione, per cercare di raccogliere i consensi della destra ultranazionalista che, anch’essa, aveva criticato i punti contenuti nel Piano di Pace perché prevedevano, tra le altre cose, il riconoscimento dello Stato di Palestina. Allo stesso tempo, però, il via libera alle nuove costruzioni potrebbe alzare ulteriormente la tensione tra palestinesi e israeliani: il complesso della Difesa israeliana ha cominciato i preparativi per una possibile escalation militare se, in base al piano Trump, dovesse essere estesa la sovranità israeliana alla Valle del Giordano e agli insediamenti ebraici in Cisgiordania. L’esercito, la polizia e lo Shin Bet (il servizio di sicurezza interno) hanno istituito un comitato congiunto in modo da “unificare” la risposta in presenza di violenze in Cisgiordania, a Gaza e su altri fronti.
Quello che si teme sono attacchi terroristici in Cisgiordania e dentro Israele, irruzioni dei palestinesi negli insediamenti ebraici nei Territori e brecce nei confini con Gaza e il Libano, oltre al lancio di razzi dalla Striscia, dalla Siria e dal Libano. Focus inoltre su Gerusalemme che potrebbe diventare il terreno di scontro principale.
Nessun commento:
Posta un commento