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– di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano – Ho sempre sparlato di fior
di politici, di imprenditori e di manigoldi, spesso aiutato dal fatto
che le tre categorie coincidevano, e non ho mai avuto paura di loro.
Nemmeno quando mi facevano (e mi fanno ancora) recapitare dal postino
simpatiche buste verdi con citazioni per danni milionari. Confesso
invece di nutrire un sacro terrore per il professor Roberto Burioni,
anche soltanto a nominarlo. Non tanto perché, con tutto quel che avrebbe
da fare, trova sempre il tempo di ritwittare i complimenti che gli
fanno i suoi fan. Ma anche di stanare e insultare chiunque, sull’orbe
terracqueo, polemizzi con lui, o non gli obbedisca, o non gli riservi
gli ossequi dovuti, o semplicemente si permetta di non chiamarsi Roberto
Burioni: sia esso ministro, politico, cattedratico, virologo, passante,
fragolina83, gattino17, novax68. Quanto perché si è (o l’hanno)
convinto che la sua indubbia competenza in materia
biologico-virologico-infettivologica gli conferisca il diritto di
brutalizzare chiunque osi contraddirlo in base all’assioma “la Scienza
non è democratica”. Che potremmo tradurre nel classico “io so’ io e voi
nun siete un cazzo”. Ai tempi del decreto Lorenzin, per esempio,
scoprimmo all’improvviso che ai bambini andavano iniettati 12 vaccini in
una botta sola: e guai se qualcuno osava obiettare che forse erano
troppi. “Vade retro, No Vax!”. Poi lo stesso decreto scese a 10: buon
peso, saldo di fine stagione. Ma era sempre la Scienza, notoriamente non
democratica, a non sentire ragioni: né sui 12 né sui 10.
Lo Scienziato
Unico invocava (e spesso otteneva) l’immediata espulsione dall’Ordine
dei medici e dal consesso civile di chiunque, anche con tanto di
cattedre, lauree e master specialistici, osasse timidamente proporne 9, o
6, a riprova del fatto che la Scienza è una cosa seria, ma non una cosa
sola: esistono financo scienziati che la pensano diversamente fra loro,
anche se l’unico titolato a fregiarsi del titolo è ovviamente Lui. Un
giorno, a corto di No Vax da mettere in riga, decise di mitragliare le
racchie: “Quando in giro vedo una donna brutta la guardo sempre con
attenzione. Nel 99,9% dei casi mi rendo conto che se si curasse, se
dimagrisse e via dicendo non diventerebbe bella, ma certo di aspetto non
sgradevole. Una volta che si è non sgradevoli la partita è aperta.
Fidatevi”. Mancò poco che annunciasse l’undicesimo vaccino obbligatorio
contro la racchiaggine, da prevenire fin dall’infanzia. Il suo congenito
renzismo gli risparmiò l’accusa di sessismo, che per molto meno i
renziani distribuiscono a piene mani per zittire chi osa criticare una
loro suffragetta perché fa o dice scemenze.
In realtà la boria un po’ burina di Burioni è un preoccupante indice
di insicurezza: chi è sicuro di sé dice ciò che sa e pensa
argomentandolo, non imponendolo come Scienza infusa. Soprattutto se
polemizza con altri scienziati che, per quanto possa apparirgli
bizzarro, sono al suo stesso livello: tipo la virologa dell’ospedale
Sacco di Milano, maria Rita Gismondo che, invece di burioneggiare,
invita alla calma contro l’isteria dominante facendo notare che non c’è
nessuna “pandemia”, ma solo una “follia” collettiva, visto che “la
scorsa settimana la mortalità per influenza è stata di 217 decessi al
giorno e per Coronavirus 1”. E subito il borioso Burioni la degrada a
“signora del Sacco”, ma solo per gentilezza: “signora sostituisce un
altro epiteto che mi stava frullando nelle dita”. Che amore. Pare quasi
che la Scienza Unica buriona venga sminuita dallo scarso numero di
vittime da Coronavirus. E che, se defunge così poca gente, lui viva la
cosa come un affronto personale. Ma dovrà farsene una ragione, almeno
finché non troverà centinaia di volontari disposti a defungere per
consentirgli di ripetere i suoi due refrain: “Avevo ragione io” e “Io
l’avevo detto”. Che poi l’avesse detto, è tutto da vedere. Il web,
impietoso, conserva un tweet di Che tempo che fa con una sua
dichiarazione, al solito stentorea e definitiva, del 2 febbraio 2020:
“In Italia il rischio è 0. Il virus non circola. Questo non avviene per
caso: avviene perché si stanno prendendo delle precauzioni”. Ora che il
virus è circolato eccome malgrado le precauzioni, dovrebbe ammettere che
non aveva ragione lui, non l’aveva detto lui e sbaglia anche lui. Per
fortuna la Scienza non è lui (senza offesa), altrimenti la Scienza
diverrebbe democratica, oppure sarebbe addirittura la Scienza a
sbagliare.
Quindi è molto meglio, per il buon nome della Scienza, tenerla ben
distinta da Burioni. Onde evitare di coinvolgerla nelle epiche figuracce
che va spargendo in giro. Tipo domenica a Che tempo che fa, dove il
vero virologo pareva non lui, ma Fazio, costretto a correggere
continuamente gli svarioni dello Scienziato. Si parlava del classico
infettato dal Coronavirus che non sa di averlo, o perché pensa
all’influenza o perché è asintomatico. Un dialogo degno del teatro
dell’assurdo, o di Comma 22. Fazio: “Cosa bisogna fare?”. Burioni:
“Allora noi cosa dobbiamo fare? Prima di tutto, nel momento in cui ci
accorgiamo che questa persona è malata…”. F: “Se ne accorge lui, in
realtà…”. B: “Se ne accorge in realtà il medico che gli fa il tampone”.
F: “Se va dal medico…”. B: “Deve andare dal medico!”. F: “Eh no, non
deve andare dal medico!”. B: “Giusto, dev’essere il medico che va da
lui”. Nemmeno Ionesco avrebbe saputo inventare di meglio. Fino a
domenica si pensava che Burioni fosse uno scienziato in dissenso –
malgrado lo ritenga inconcepibile – con altri scienziati. Ora invece
serpeggia un dubbio inquietante, incrementato dal suo tweet di ieri, in
piena emergenza virus, di tema pallonaro: “Se mi danno pieni poteri,
come prima cosa sciolgo l’As Roma”. Ecco, non sarà che lo Scienziato
Unico è solo uno che ci prende per il culo? Non si chiamerà Burloni?
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