L’epidemia
di coronavirus ha tra i suoi effetti collaterali quello di consentirci
alcune valutazioni a caldo sulle politiche in materia di Sanità nel
nostro Paese e sulla sua capacità di fronteggiare un’emergenza.
A
oggi il propagarsi del virus sembra circoscriversi a due consistenti
focolai in Lombardia e Veneto e altri sporadici casi nel resto d’Italia e
questo probabilmente limiterà le problematiche di gestione in caso di
una, speriamo ipotetica, impennata dei contagi.
Nelle strutture sanitarie mancano, come da segnalazioni che arrivano da più regioni, attrezzature quali respiratori e biocontenitori, ma anche semplici Dispositivi di Protezione Individuali quali le mascherine.
Nelle strutture sanitarie mancano, come da segnalazioni che arrivano da più regioni, attrezzature quali respiratori e biocontenitori, ma anche semplici Dispositivi di Protezione Individuali quali le mascherine.
Mancano
i posti letto e quindi vengono cercate soluzioni estemporanee quali
alberghi e strutture militari in via di dismissione. Si fa sentire con
violenza la mancanza di personale. L’unico vero baluardo è rappresentato
da medici, infermieri e tecnici sanitari che, con turni di lavoro
estenuanti, stanno garantendo la tenuta del sistema e la corretta
assistenza alla cittadinanza.
Risulta ogni giorno più chiaro come tutto quello che in dieci anni è stato sottratto al Servizio Sanitario Nazionale in termini di riduzione del finanziamento, riduzione di personale e di servizi, riduzione dei posti letto e conseguente congestione e affollamento dei Pronto soccorso, chiusure di ospedali, abbia ridotto la sanità pubblica in condizioni tali da dubitare della tenuta del sistema.
Risulta ogni giorno più chiaro come tutto quello che in dieci anni è stato sottratto al Servizio Sanitario Nazionale in termini di riduzione del finanziamento, riduzione di personale e di servizi, riduzione dei posti letto e conseguente congestione e affollamento dei Pronto soccorso, chiusure di ospedali, abbia ridotto la sanità pubblica in condizioni tali da dubitare della tenuta del sistema.
Il tutto a favore di una sanità privata che in un contesto come l’attuale, mostra la sua inutilità per la collettività.
Infatti,
giustamente, non è a ai privati che viene chiesto di fronteggiare
l’emergenza, ma è proprio alla bistrattata Sanità Pubblica, quella delle
liste di attesa infinite, quella dei “fannulloni”, quella che “privato è
meglio”. È quando il gioco si fa duro che vengono rivalutate e si
iniziano a reclamare la perfetta funzionalità e la prontezza nella
risposta, sono giustamente richiesti percorsi ospedalieri che
garantiscano il contenimento del virus, si pretendono efficienza ed
efficacia da infermieri, medici e operatori sanitari, stremati da anni
di ritmi di lavoro insostenibili, si reclama che laboratori di analisi e
radiologia ridotti al lumicino, sia in termini di attrezzature che di
personale, effettuino test e esami a tappeto su intere comunità.
Lombardia e Veneto, le regioni più colpite finora, sono l’emblema di come, nonostante la massiccia distrazione di risorse a favore della sanità privata convenzionata, quest’ultima, governata esclusivamente dalla logica del profitto, risulti essere completamente estranea al concetto di tutela collettiva della salute e non vi partecipi in maniera alcuna.
E risulta ogni giorno più chiaro anche il fallimento delle politiche di regionalizzazione della sanità, con le Regioni che finora hanno affrontato in ordine sparso l’emergenza emettendo ordinanze spesso in contrasto fra di loro e, spesso, volte esclusivamente a cercare facile consenso fra la cittadinanza.
Ci
auguriamo che il Paese esca al più presto dall’epidemia, ma auspichiamo
altrettanto che si apra una riflessione seria sullo stato del SSN e
sugli effetti nefasti della regionalizzazione, che rischiano, con il
progetto di autonomia differenziata, del quale proprio Lombardia e
Veneto sono i capofila, di essere amplificati.
È tempo, invece, che il Servizio Sanitario Nazionale torni a essere competenza esclusiva dello Stato, unico in grado di gestire emergenze di carattere nazionale come questa, unico ad avere come riferimento prioritario la salute dei cittadini.
È tempo, invece, che il Servizio Sanitario Nazionale torni a essere competenza esclusiva dello Stato, unico in grado di gestire emergenze di carattere nazionale come questa, unico ad avere come riferimento prioritario la salute dei cittadini.
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